BMS, falciata la Legge Madia: emergenza interminabile o clientelismi inestirpabili? E c’è chi esulta…

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BRINDISI – La legge Madia viene falciata dalla Consulta in quanto, per la sua approvazione, era necessaria la previa intesa con le Regioni. Chi ha sollevato il conflitto di attribuzione? Il Governatore leghista Zaia, non proprio un fulgido esempio di lungimiranza ed onestà intellettuale applicati alla politica.

A Brindisi, la reazione alla notizia è stata improntata ad una moderata soddisfazione, mentre da un’altra parte politica è stata addirittura accolta con entusiasmo. I motivi? Manco a dirlo legati alla  Brindisi Multiservizi, in quanto la Legge Madia, finalmente, prevedeva una cristallizzazione normativa di alcune situazioni legate alle partecipate, sino ad ora disciplinate in maniera “fumosa”. Nel Testo si stabiliva che una società partecipata che abbia fatto registrare 4 bilanci in rosso in 5 anni debba essere sciolta di diritto, oppure che una partecipata il cui bilancio non superi il milione di euro debba essere incorporata ad un’altra. Insomma, ratio della riforma era quella di ridurre e razionalizzare il numero delle partecipate in modo tale da non gravare sui bilanci degli enti locali, formalizzando legislativamente la possibilità che anche le società a partecipazione interamente pubblica possano essere assoggettate alla disciplina del fallimento, di matrice sino ad ora privatistica.

Ebbene, la disfatta che ha riguardato queste norme di buona condotta e di senso comune, a Brindisi è stata accolta quasi con favore, perché ciò allontana lo spettro del fallimento della BMS e permette di procrastinare il progetto di fusione per incorporazione tra la Energeko e la BMS stessa, in questi giorni al vaglio dell’Anci per ottenere un parere nel merito. Parere che, a questo punto, allontanati gli spettri, non si sa quanto interessi all’attuale Giunta.

Se è vero che la BMS non sarà più costretta a legare la sua sopravvivenza alle risultanze del bilancio del 2015 (Consales e Trane hanno sempre assicurato che sarebbe stato chiuso in positivo, ma il frenetico progetto di fusione presentato all’Anci in questi giorni per scongiurare la scure della Legge Madia fa pensare che al Comune non fossero così sicuri di questo), e che la stessa non è assoggettata al piano Cottarelli in quanto svolgente, per contratto pubblico, servizi di interesse pubblico (il piano prevede che non si possa provvedere all’aumento di capitale di una società con tre bilanci in rosso, ma la fattispecie non riguarda le società prima elencate, quali ad esempio la BMS), è vero pure che non si può continuare a trattare la società come una vacca grassa dalla quale mungere situazioni disparate di chiaro stampo clientelare.

Per capire il potenziale di affarismi e clientelismi che si cela dietro la società partecipata, basti pensare agli scandali che l’hanno riguardata negli ultimi anni. Non si capisce, allora, come possa esultare il cittadino medio per la bocciatura della legge suddetta, quando a breve avrà luogo il processo riguardante la vicenda delle multe elevate a politici, militari, giornalisti, le quali sarebbero state pagate dalla BMS, su input dell’allora amministratore unico Contardi. Oppure quando  torna alla mente lo sforamento del patto di stabilità da parte del Comune, causato dallo stanziamento di oltre un milione di euro per coprire le perdite del bilancio del 2013 della BMS, che seguivano quelle astronomiche registrate nel bilancio precedente (pari ad oltre 3 milioni di euro). Il motivo di tutto ciò è riconducibile al fatto che, per anni, la BMS è stata il luogo dove tutto era possibile. Parco macchinari spropositato, pass gratuiti, premialità e straordinari “aleatori”, consulenze “allegre”, scarsa efficienza dei lavoratori, spese telefoniche esorbitanti. A tutto ciò si è cercato di porre rimedio dall’estate del 2013, quando a Contardi subentrò l’avv. Arigliano, espressione dei centristi. Oltre a tali misure, l’avvocato procedette ad una verifica stringente su quel 30% di lavoratori dichiaratisi inabili a svolgere alcune attività lavorative, formalizzando anche rapporti di collaborazione con le forze dell’ordine, in modo tale da monitorare il lavoro di tutti e renderlo il più efficiente possibile. Dopo solo un anno, però, l’avv. Arigliano venne sollevato dall’incarico e sostituito dall’avv. Trane, dirigente dell’Ufficio Legale del Comune. La motivazione addotta da Consales fu “la cessazione del rapporto fiduciario”, scaturita, secondo l’ex primo cittadino, da un contenzioso che Arigliano aveva intrapreso contro il Comune per il riconoscimento di alcuni crediti, e dal mancato taglio dei privilegi di alcuni dipendenti. In realtà, l’allora amministratore della BMS avrebbe voluto mettere mani ad un’altra situazione particolare: la società pagava un affitto di 1.200 euro al mese per la sede distaccata sita a Corso Roma. Il locale, secondo quanto pubblicato su una testata giornalistica nei mesi scorsi, apparteneva ed appartiene alla famiglia di Luperti, ed Arigliano, per economizzare, aveva espresso l’intenzione di rescindere il contratto di affitto e trasferire la sede in un locale comunale. Oggi, il caso ha voluto che spetti proprio a Luperti la scelta del nuovo amministratore unico della BMS, ed a tal proposito sarebbe spuntato nuovamente il nome di un finanziere adesso in pensione. Tutto questo, in un contesto esplosivo in cui si attende di conoscere l’esito delle indagini della Procura sulle vicissitudini pregresse della società, ed in cui vengono lanciate su facebook (e subito dopo rimosse) ombre su tale ventilata nomina da parte di un ex primo cittadino.

Ad oggi, in attesa di conoscere ufficialmente i bilanci del 2014 e del 2015 della partecipata, il carico debitorio della BMS si dovrebbe aggirare attorno ai 5 milioni di euro.

Ammesso che la notizia della incostituzionalità della riforma Madia possa essere interpretata ed accolta positivamente, vi è da fare fronte a questo ingente debito, e le soluzioni “lacrime e sangue” prospettate dal vice sindaco Silvestre non lasciano dormire sogni tranquilli. Internalizzare i servizi è l’unico modo per razionalizzare le spese (vedi caso Leonardo), ma farlo a discapito dei lavoratori del servizio mensa, del canile, del cimitero, pare un rimedio peggiore del male.

Quanto saremo ancora costretti a dover pagare, come comunità, per mantenere un carrozzone che, se è vero che ha dato lavoro a 190 famiglie, è vero pure che, nell’ultimo decennio, ha sottratto risorse inestimabili che sarebbero potute essere investite in settori certamente più redditizi a livello sociale ed economico. Ma si sa, Brindisi è la città delle emergenze interminabili, che fanno rima con clientelismi inestirpabili. Nel mentre, la Brindisi sana continua ad osservare, impotente, al sacco dei propri sogni.

 

Andrea Pezzuto
Redazione

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