Piscina Sant’Elia: Evi Galiano scrive al sindaco Rossi

Marimisti Santelia

Caro Riccardo, mi permetto il tu perché odio gli ipocriti quasi quanto odio gli indifferenti e sarebbe estremamente ipocrita rivolgermi a te con altri appellativi. Siccome su FB si apre sempre un dibattito fuori le righe e anche, consentimi, fuori dal vaso ho pensato di articolare meglio la mia posizione e quanto ho espresso ieri e lo faccio per evitare qualsivoglia fraintendimento da parte di “nemici” ma anche amici comuni. Non sono entrata e non entro nel ragionamento ragionieristico/affaristico, non voglio entrare nel merito “economico”, non so fare i conti in tasca a me stessa figurarsi agli altri, e neanche prendere le difese d’ufficio di alcuno, voglio restare sul terreno politico provando a spiegarmi meglio, ovviamente con tutti i limiti che ho. Io c’ero quando insieme a tante campagne e tanti compagni rivendicavamo in piazza e nelle sedi istituzionali la costruzione di impianti sportivi a Sant’Elia. Io pensavo e penso che avere una piscina, una palestra, un campo di calcio o di basket, un parco, un presidio di lettura o altri “contenitori sociali”, specie se ubicati in quartieri periferici e a “rischio” sia un dovere morale per una amministrazione che sta davvero dalla parte dei cittadini e vuole evitare che tanti siano lasciati ai margini. Hai ragione quando dici che bisogna dare concretezza e gestire al meglio l’investimento pubblico iniziale, ma il valore pubblico e l’interesse della città e dei cittadini si sarebbero potuti sostanziare, ora come allora, facendo un bando, ma anche un affidamento diretto vista la cifra ampiamente sottosoglia anche in epoca preCovid, in cui si tenesse conto del ruolo “sociale” di queste infrastrutture, …a proposito nel nostro ordinamento esiste addirittura un articolo del codice degli appalti pubblici in cui si dice che “…Il principio di economicità può essere subordinato… ai criteri ispirati a esigenze sociali…”. Si sarebbe potuto non dare peso esclusivamente ad un fattore economico ma, ad esempio, “imporre” di considerare il “valore sociale” che può sostanziarsi in vari modi, ti faccio qualche esempio non esaustivo: assicurare un tetto economico agli abbonamenti, o un certo numero di gratuità per ogni fascia d’età, e/o ticket graduati in base all’ISEE e/o iniziative capaci di “includere” quelle famiglie che scontano un gap sociale e “culturale” anche nei confronti dello sport giovanile e non professionistico. Tu davvero pensi che vendendo definitivamente a un privato tali impianti queste accorgimenti e garanzie sociali e diritti dei cittadini possano essere tutelate? L’imprenditore privato, ovviamente e lecitamente, farà esclusivamente il proprio tornaconto e vorrà, nel più breve tempo possibile, ammortizzare i costi sostenuti per l’acquisto e monetizzare l’investimento e allora ciao per sempre al valore sociale ed allo spirito per cui si spesero soldi pubblici per assicurare alla comunità un servizio che potrà permettersi solo un ceto sociale “medio”. Non sarebbe stato più opportuno rivendicare con l’attuale o con il prossimo gestore (che se ancora riesco a leggere tra le righe, credo stia già aspettando dietro la porta) in una interlocuzione alla luce del sole, queste o altre, spero che la fantasia non manchi ai nostri amministratori, tutele del valore pubblico e sociale dell’impianto anziché fare una semplicistica e quanto mai inopportuna valutazione ragionieristica in tasca a chicchessia? Sono sicura che fare i “conti della serva” non giovi alla crescita della città specie quando si parla di servizi rivolti ad una fascia d’età che va dall’infanzia all’adolescenza visto che questo è il principale target degli utenti? Parliamone.

Con l’affetto e la stima di sempre

Evi Galiano

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