L’assistant coach Alberto Morea parla del ‘suo’ Rush, di Milano e del precampionato: “Il vissuto di queste partite ci aiuterà in futuro. E’ nelle menti che si gioca gran parte delle partite e dei campionati”

BRINDISI – Uno dei volti nuovi del progetto Happy Casa 2020 è Alberto Morea, assistant coach di Frank Vitucci, che si è avvicinato alla sua Taranto per sposare il progetto biennale della società del Presidente Marino. Abbiamo così deciso di chiedere al coach una valutazione sul precampionato, sull’ultimo acquisto Eric Rush e sulla prossima sfida di Milano.

Coach, partiamo dall’ultimo acquisto, ovvero Eric Rush, che lei conosce bene per averlo allenato a Ferrara nella stagione 2016-2017: come mai dall’idea del quarto lungo alla fine avete virato su di lui e cosa vi può garantire?

“L’idea è stata quella di andare su un giocatore che potesse garantire una multifunzionalità ed un utilizzo anche nel ruolo del numero 4”.

Ruolo che ha già ricoperto all’occorrenza in passato…

“Sì, parlando dell’esperienza personale a Ferrara, si è ritrovato praticamente a ricoprire tutti e 4 i ruoli dal numero 1 al numero 4, soprattutto dal punto di vista difensivo. Quando abbiamo visto le risorse della squadra ed i punti di forza sui quali andare a costruire la stagione, abbiamo valutato che Eric potesse implementare le nostre potenzialità e potesse permetterci di spaziare. Inoltre, durante il precampionato ha dimostrato di essersi integrato bene all’interno del gruppo, e quindi abbiamo pensato fosse il caso di preservare quella chimica. Su Wojciechowski siamo tranquilli, però con la sua assenza ci siamo resi conto che effettivamente era necessario avere la possibilità di disporre di un giocatore che all’occorrenza può ricoprire sia il ruolo del numero 3 che del numero 4”.

Anche Chappell si presta all’occorrenza a giocare da numero 4 tattico…

“Per la sua capacità di comprendere il gioco e di fare quello che serve alla squadra, certamente anche lui può spaziare in vari ruoli. La pallacanestro moderna oramai va in una certa direzione ed anche quella che facciamo noi si poggia molto sul movimento di uomini e di palla ed è quindi importante avere giocatori in grado di interscambiarsi”.

Un precampionato da imbattuti quanto conta, quali indicazioni fornisce e quali vantaggi può dare?

“Ci ha fornito la consapevolezza di avere un gruppo di persone e di caratteri che apparentemente sembrano quelli giusti: in ogni partita ci sono stati dei momenti in cui la squadra era obbligata a reagire, vuoi per un infortunio, vuoi per un break, e la squadra si è sempre fatta trovare pronta. E’ stato importante rilevare soprattutto che diversi giocatori si sono dimostrati in grado di portarsi dietro i compagni e questo è un aspetto positivo che ti garantisce una certa copertura nei momenti della stagione di burrasca”.

In qualche modo, tra l’altro, le situazioni positive, come quelle negative, restano nella memoria dei giocatori, è immaginabile quindi che sia stato importante vincere gare nei finali punto a punto…

“Esatto. Anche per noi tecnici, nei momenti difficili, è importante poter dire ai giocatori di pensare a quello che abbiamo fatto in quella determinata partita, e quindi si può andare a rievocare il vissuto, quello che si ha già dentro. In fondo, è nelle menti che si gioca gran parte delle partite e delle stagioni”.

In estate si pensava di dover assistere ad una squadra dipendente dalla difesa e dal contropiede, invece in precampionato si è notata una certa capacità anche di controllare i ritmi e di trovare soluzioni efficaci a difesa schierata…

“Tutti vorrebbero avere la squadra che difende e fa contropiede, ma siccome nella realtà non è sempre possibile farlo, è determinante riuscire ad imbastire un gioco in cui si riesca a muovere molto la palla, in cui si passi in maniera circolare ed equilibrata dalla difesa all’attacco ed in cui si protegga bene l’area nella metà campo difensiva, perché da lì dobbiamo costruire la nostra stagione”.

Come si prepara una sfida contro una squadra con 13 giocatori, 8 stranieri più 2 americani naturalizzati come Burns e Brooks, con una batteria infinita di tiratori, con tanti creatori di vantaggi dal palleggio, con tanti giocatori di stazza e con un centro dominante come Guidatis?

“Pur riconoscendo il fatto che Milano è di un altro livello, la stiamo preparando come tutte le altre, nel senso che stiamo lavorando molto sulle nostre cose, cercando degli adattamenti in funzione di quello che la partita ti pone di fronte. Avere l’elasticità di adeguarti a quello che la partita presenta è più importante di quello che puoi preparare davanti al computer”.

Milano, a differenza degli altri inizi di stagione, sembra già particolarmente in palla tra l’altro…

“Sì, anche perché sono ben assortiti in tutti i ruoli. Ribadisco però che dovremo concentrarci sui nostri punti di forza e cercare di capire se nel loro sistema, nel corso della partita soprattutto, ci possa essere qualche anello un po’ più debole”.

Ma è davvero una partita così ingiocabile?

“No, assolutamente, le partite sono tutte giocabili, ci mancherebbe altro. Bisogna liberarsi un po’, andare sul campo e battagliare fino alla fine”.

Andrea Pezzuto
Redazione
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