La bomba vera, quella d’acqua, i sudditi di eolo e il caos. L’insostenibile pesantezza dell’essere incerti – di Gabriele D’Amelj Melodia

Ci stiamo avviando verso l’inizio della stagione delle feste ma, per ora, da festeggiare non c’è proprio nulla, anzi. La fine del 2019 sta riservando ai brindisini un colpo di coda maligno. Due i grattacapi che ci preoccupano e ci fanno stare sulle spine, l’affaire bomba e “lu malitiempu”. Su entrambi questi fronti l’incertezza regna sovrana, perché in Italia non c’è nulla di definitivo e nulla è più definitivo del provvisorio. Il nocciolo della questione sta sempre nella filiera delle responsabilità. Se le strutture sono troppo orizzontali, va a finire che le decisioni importanti vengono diluite tra più soggetti perdendo  il requisito principe dell’urgenza e dell’esaustività.

Cominciamo dalla questione “ Avversità atmosferiche”. La protezione civile dirama un bollettino di stato d’emergenza climatica di fascia arancione per tutte le provincie pugliesi. . Massima allerta, predisposizione di piani idonei all’emergenza, e cerino acceso in mano ai sindaci per decidere in merito alla chiusura delle scuole. Risultato disastroso: alcuni sindaci emettono ordinanza di chiusura, altri no. Confusione, incertezza, disappunto. Sarebbe stato più logico e pertinente che l’ordinanza di chiusura, per tutte le sedi scolastiche di ogni provincia, fosse stata adottata dai relativi prefetti.

 C’è poi una questione di merito: siamo sicuri che è giusto sospendere le attività didattiche in caso di intemperie climatiche di livello medio alto? Con questo metro di giudizio gli studenti di Genova o di Venezia passerebbero mezzo inverno tra le mura domestiche. E quello scolastico non rientra forse tra i servizi di pubblica utilità e il diritto allo studio non contempla una continuità temporale di una certa congruità? Se, infine, le condizione meteo sono davvero così pessime, esse non costituiscono pericolo per tutti i cittadini in egual misura? Perché discriminare i vari luoghi e i lavoratori che operano in detti luoghi? Ravviso dell’incoerenza nel far andare a lavorare col nubifragio in atto l’infermiera, il poliziotto, l’impiegato comunale e non il professore ed il collaboratore scolastico. (ricordo che le ordinanze prevedono la chiusura totale delle scuole e non solo la sospensione dell’attività didattica).

 Io ritengo che chiudere le scuole sia sempre un atto di resa, una sconfitta. Una cosa triste che andrebbe evitata. La scuola è presidio di formazione e di cultura, una comunità che deve restare sempre aperta, proprio come una chiesa, anche d’ estate ( solo i Conservatori di musica lo sono). La scuola deve essere la casa naturale degli studenti, dove gli stessi possano sentirsi a loro agio, in totale sicurezza e con i confort medi che la civiltà,impone. Tutti gli alunni delle scuole primarie abitano nei pressi dei loro rispettivi edifici scolatici: perché impedire loro l’accesso nei giorni di pioggia e di vento? Perché creare disagi e problemi organizzativi alle famiglie? Se i genitori vanno  al lavoro, dove e con chi lasciano i propri figli? Bisogna dare ai genitori la facoltà di poter scegliere se mandare o no i ragazzi a scuola in caso di condizioni proibitive. La scuola, dal canto suo, deve essere sempre pronta all’accoglienza e all’erogazione del servizio., Un professore deve fare lezione anche se si ritrova in classe un solo alunno. In quanto ai pendolari, studenti e personale scolastico, è opportuno rammentare che costoro soffrono gli stessi disagi di tutti  gli altri lavoratori che viaggiano ogni giorno per recarsi sul posto di lavoro . ….Ultimissima chiosa: la Protezione Civile non ha solo il compito di individuare pericoli e di avvertire le autorità sul grado di allarme in atto, ma ha anche il compito di prevenire. I suoi componenti dovrebbero monitorare giornalmente il territorio, segnalando tempestivamente gli interventi urgenti di manutenzione ordinaria e straordinaria. Dovrebbero effettuare un controllo minuzioso sulla pulizia  dei canali di scolo, sulla potatura dei grandi alberi presenti negli insediamenti urbani, sulle condizioni statiche di ponti, viadotti ecc., sulle condizioni delle facciate dei palazzi (persiane, cornicioni). Ma tutto questo viene fatto? Non ce la pigliamo con Eolo che scatena i venti o con Giove Pluvio, la colpa è … umana!

E veniamo al delicato caso della bomba inesplosa. Massimo rispetto per autorità ed esperti che si stanno dedicando a risolvere al meglio il problema, tuttavia qualche perplessità resta. Se la presenza dell’ordigno, come ha sottolineto il signor prefetto,  costituisce un rischio “molto basso”, perché rimuoverlo per farlo brillare? E se, viceversa, il rischio non è poi così basso, perché aspettare la metà di dicembre per entrare in azione? Inoltre, quando c’è un malato in condizioni preoccupanti si chiede subito un consulto di professoroni al suo  capezzale: come mai in questo caso non si è ritenuto di chiedere il parere di altri esperti, ad esempio statunitensi o israeliani? Altra domanda: si vuole dare avvio alle operazioni  entro un mese ma non si è ancora  individuato il sito idoneo in cui portare la maledetta bomba! La gente, molto disorientata e dubbiosa, si chiede anche se davvero sia necessario evacuare 50.000 persone. Secondo molti, me compreso, in tale evenienza andremmo incontro al  caos: impossibile governare con efficienza un esodo di massa di tale portata. Come si fa  a controllare ogni condominio, ogni villetta, ogni abitazione indipendente e nel contempo la viabilità e poi, ancora, come è possibile tenere in funzione, per molte ore, un “cordone di sicurezza” per evitare sciacallaggi o altri atti vandalici o criminosi? Chi verificherà che molti non se ne restino in al calduccio sotto le coltri? Come si fa a lasciare al loro posto degenti e personale sanitario dell’ospedale e della clinica Salus? Gli ospiti della Casa Circondariale saranno invece evacuati … Insomma il pericolo c’è o non c’è? E le operazioni perché mai devono partire alle luci dell’alba al pari dei blitz dell’antimafia, non potrebbero iniziare più comodamente alle 9.00, dando così agio agli sfollati di abbandonare le proprie abitazione la mattina stessa e non la sera precedente al D-day?

 Con questi rovelli, queste incertezze e molte riserve, attendiamo trepidi gli eventi, augurandoci di ricevere dagli organi competenti notizie chiare e precise, al fine di non avviare quel processo vizioso che va sotto il nome di entropia informativa. A questo punto ci vuole chiarezza e anche “ calma e sangue freddo”, come canta il buon Luca Dirisio.

Gabriele D’Amelj Melodia

 

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