Marinazzo (Legambiente): “La Guerra in Ucraina e la guerra del gas”

Legambiente ha partecipato a Brindisi, come in tante città d’Italia, ai presidi per la pace in Ucraina e contro la follia della guerra alimentata da Putin perché l’ecopacifismo è nel patrimonio genetico dell’associazione ed anche perché il sostegno alla popolazione ucraina sia non di facciata e non giustifichi le speculazioni che si stanno facendo sulla questione energetica.

La crisi, che sta interessando il costo e le forniture di combustibili fossili e, in primo luogo, del gas ha motivazioni nella debolezza strutturale di un sistema energetico fondato sui combustibili fossili, aggravato quando, poco più di 10 anni fa, si è fortemente accresciuta la dipendenza dalla Russia.

Oggi c’è chi specula, in qualche caso con il rischio di cadere nello sciacallaggio, sul problema oggettivo delle forniture di combustibili fossili e soprattutto di gas e indica come soluzioni, per nulla incidenti nel breve periodo, nuove trivellazioni in mare per avere una disponibilità autonoma di gas e la realizzazione di nuovi rigassificatori, soluzioni che, al di là della loro intrinseca valenza negativa, avrebbero tempi lunghi di attuazione. Nel mentre abbiamo sottoutilizzati i rigassificatori in esercizio.

La stessa riapertura di pozzi di estrazione può oggi produrre circa 1,5 miliardi di metri cubi di gas in una nazione, quale l’Italia, che consuma annualmente circa 75 miliardi di m3 di metano all’anno, per circa il 41% dipendendo dalla fornitura della Russia. L’intera disponibilità di gas corrisponde a 111,588 pari ad un anno e mezzo di consumo attuale, ciò che fa pensare quanto assurdo sia pensare a nuove trivellazioni.

L’errore non è il non aver realizzato nuovi rigassificatori o il non aver aumentato la produzione nazionale di gas, ma il non aver voluto investire nelle fonti rinnovabili, addirittura tagliando i contributi a loro destinati ed incredibilmente salvaguardando quelli concessi, sotto varia forma, ai combustibili fossili.

L’Italia, per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea di uscita dai combustibili fossili e di raggiungimento del 30% di riduzione delle emissioni entro il 2030 e della neutralità climatica entro il 2050, avrebbe dovuto realizzare impianti da fonti rinnovabili per circa 8 GW ogni anno, ma oggi è ad un misero 0,8 GW all’anno.

Recentemente Elettricità Futura, organizzazione di Confindustria i cui associati rappresentano il 50% di potenza installata rinnovabile in Italia, ha sottolineato “le aziende associate sono pronte a realizzare 60 GW in 3 anni di fonti rinnovabili, con un risparmio di 15 miliardi di m3 di gas all’anno, ovvero il 20% di gas importato”.

I drammatici eventi ucraini hanno ovviamente fatto passare in second’ordine l’esito dell’asta del Capacity Market del 21 febbraio, in seguito al quale, grazie al mancato finanziamento di nuovi impianti a turbogas, non saranno più realizzati progetti di nuove centrali fra cui quella di Brindisi, ragione p per cui Enel ha deciso di realizzare nuovi poli energetici rinnovabili.

Tutto ciò  dovrebbe stimolare un confronto serio e costruttivo sugli investimenti che anche il PNNR può destinare agli impianti da fonti rinnovabili ed ai riflessi significativi economici ed occupazionali correlati, ma, purtroppo, c’è chi ripropone battaglie di retroguardia e visioni industrialistiche datate nel tempo, addirittura speculando sulla drammatica guerra in Ucraina e provando grottescamente a rovesciare causa ed effetto di una politica energetica che, oltre al danno ambientale, oggi ci pone sotto il ricatto di Putin (domani forse sotto quello dell’oligarchico e non

democratico governo dell’Arzebajan ) e ci rende schiavi di chi controlla il mercato dei combustibili fossili e può in modo scellerato alimentarne il costo. Legambiente riconferma il pieno sostegno alla popolazione ucraina, evidenziando che i paesi dell’occidente non hanno saputo cogliere i chiari segnali offerti sin dal 2014 dalle invasioni della Crimea e del Donbass, popolazione sacrificata al cospetto di logiche ed interessi industriali ed economici il cui costo oggi viene fatto pagare drammaticamente all’Ucraina e indirettamente a tutti noi.

E’ stato prospettato un incremento della produzione di centrali a carbone per affrontare l’emergenza, e ciò ha fatto partire una serie di interventi che vorrebbero far partire un ritorno al passato. Ma la strumentalizzazione dell’emergenza è palese!  E ciò vale anche per i piccoli prelievi di metano aggiuntivi in Italia. La decarbonizzazione va garantita nei tempi fissati ed è eticamente inaccettabile che si possa pensare di cancellarla speculando sul dramma ucraino per nascondere le colpe di chi tale decarbonizzazione non l’ha garantita nel tempo.

Doretto Marinazzo

Consigliere nazionale di Legambiente

 

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