LATIANO – Riceviamo e pubblichiamo nota del Movimento 5 Stelle di Latiano.

“«Pasionarnost» è un termine russo che evoca la passione di Cristo sulla croce e rappresenta una qualità del popolo russo: la sua capacità di sopportare, soffrire e sacrificarsi. Pasionarnost è un espressione cara a Putin, alla quale il Presidente russo dà una accezione positiva, una sorta di «energia interiore», propria del suo popolo. Ma tralasciamo le convinzioni di Vladimir Putin e spostiamoci a latitudini (geografiche) alla nostra portata. Pasionarnost è un termine spendibile per definire lo spirito che anima da qualche decennio il popolo latianese, che con uno straordinario (diremmo sovrumano) spirito di sopportazione ha accettato, e continua tutt’oggi a tollerare, amministrazioni comunali che hanno mandato in fumo non solo il passato e il presente della nostra piccola comunità ma, per qualche decennio, anche il futuro. Ad elencare le storture amministrative sinora perpetrate dalle varie giunte comunali e relative maggioranze di Consiglio, non crediamo possa bastare un post, per questo rimandiamo i meno attenti alle vicende della res publica latianese alle diverse pagine di questo blog dove, seppur parziale, se ne può recuperare un sostanzioso elenco.

Detta così la Pasionarnost in salsa latianese potrebbe essere fuorviante per un lettore estraneo alle cose di casa nostra e magari indurlo in errore nel figurarsi i latianesi come un –cosiddetto – “popolo bue”. Non è così! La gente latianese – un po’ come cantava tempo fa De Gregori – «quando si tratta di scegliere e di andare te la ritrovi con gli occhi aperti che sanno benissimo cosa fare»; infatti le ultime quattro amministrazioni municipali (che poi sarebbero le responsabili del declino dell’ultimo ventennio latianese) sono state scelte dalla maggior parte della cittadinanza con una certa convinzione e partecipazione; per poi, nella forma che più aggrada i latianesi, cioè in silenzio, continuare a sostenerle. E risulta un esercizio inutile tirare in ballo concetti idonei per macrosistemi sulla crisi della democrazia, come la distanza tra “demo” e “Kratia”, poiché lo spazio ristretto del territorio latianese, le strette e fitte maglie della rete di legami sociali non lasciano spazio a ipotesi di ignoranza palesate da affermazioni di ripensamento come «non me l’aspettavo che il sindaco o l’assessore fossero così», «poveri noi in mano a chi siamo», o il più terra terra «la prossima volta ecco (accompagnato da un gestaccio) cosa avranno». È chiaro che ci sono le eccezioni che comunque, considerato l’esiguo numero, subiscono la volontà della maggioranza.

Ma se la Pasionarnost originaria trova la sua ragione nella convinzione del popolo russo di sacrificarsi e di andare avanti accettando il cambiamento per un futuro migliore, quella latianese è assai più pragmatica ma anche più miope; poiché il latianese, se da un lato fa il sacrificio di accettare la sottrazione della ricchezza del bene comune che appartiene sia alla comunità attuale che a quella futura, dall’altro ne chiede e riceve un tornaconto diretto e individuale che migliora gli interessi personali del momento. Una sorta di uovo oggi invece della gallina domani, direte? No, reputiamo che sia più azzeccato il nostrano piriddu, piriddu ognunu pensa pi iddu! Altrimenti non si spiegherebbe l’esistenza di varie aree degradate e abbandonate che vanno dalla zona 167 alla più centrale ex biblioteca, altrimenti non si spiegherebbe l’esistenza di una classe dirigente priva di qualsiasi progetto organico al tessuto socio economico del paese, altrimenti – e con questo comprendiamo il perché dei primi due altrimenti – non si spiegherebbe per cui ogni amministrazione in crisi, per salvarsi, dispensa puntualmente e generosamente lottizzazioni e riscrive, a favore della cementificazione, le regole del Piano di fabbricazione; ed intanto il PUG (Piano Urbanistico Generale) diventa un faldone impolverato, da spolverare in campagna elettorale o per dispensare soldi a qualche professionista vicino alle amministrazioni. Proprio su questo genere di accordi si fonda un tacito e condiviso do ut des tra gli amministratori e i latianesi, che permette ai primi di disattendere gli impegni elettorali e modificare la compagine maggioritaria utile ad interessi particolari, mentre i cittadini, tenendosi stretto il pezzo di cemento ottenuto, possono lasciarsi andare ad un ghigno di autocompiacimento. In questo modo la pasionarnost nostrana si fa più leggera e i discorsi (da bar) di ribellione e imprecazioni contro il sindaco o assessore di turno diventano un ulteriore esercizio di alleggerimento circa la responsabilità di ognuno sulla disastrosa situazione in cui versa il paese. Esiste comunque una parte minoritaria di latianesi – etichettata dalla maggioranza come “quelli che non hanno capito niente”- che vorrebbe opporsi, (e qualche volta si organizza per farlo) al cieco e deleterio compromesso a cui aderisce la maggior parte. A questi fessi “che non hanno capito niente” non rimane che mettersi da parte o, se si è giovani, lasciare il paese; succede sempre più spesso però che, assieme a quelli “che non hanno capito niente”, sono costretti a lasciare il paese anche i figli di coloro che, invece, hanno capito tutto”.

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