La vera “Vertenza Brindisi” esige un progetto economico innovativo

C’è stato negli ultimi tempi un gran parlare della  riconversione a turbogas della centrale elettrica Federico II il cui progetto deve ancora essere presentato per la valutazione di impatto ambientale.

Si è svolto  giorni addietro un incontro  nella locale sede della Confindustria fra esponenti del mondo imprenditoriale e rappresentanti sindacali alla presenza del Sindaco di Brindisi per discutere di tale progetto ed anche di un analogo disegno riguardante la centrale di Brindisi Nord per la quale è già stata presentata istanza di VIA.

Iniziative queste che rientrerebbero in una non meglio precisata  “vertenza Brindisi” che dovrebbe  evocare una controversia i cui connotati sono però evanescenti dal momento che  non è dato comprendere  quale  sia l’oggetto della contesa e quali siano le parti contendenti . E ciò  perché  Governo,  Regione  Puglia, Amministrazioni locali e   parti sociali avrebbero espresso un consenso di massima nei confronti di tale iniziativa  che dovrebbe concretizzarsi nell’attivazione di un CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo) per la provincia  destinato ad essere  guidato dal Presidente della Provincia medesima nonché Sindaco di Brindisi.

Il fatto è che, a fronte del superamento della produzione a carbone nel campo energetico,  le grandi aziende interessate hanno “scoperto” la “decarbonizzazione” che, per quanto riguarda la Puglia, si dovrebbe tradurre  nella scelta dell’ENEL di intervenire sulla  centrale di Cerano e nella scelta di Arcelor Mittal (che è succeduta all’ILVA nella titolarità del polo siderurgico) sullo stabilimento di Taranto.

Si sta procedendo perciò alla cosiddetta “strategia-ponte” con l’utilizzazione da parte dell’ENEL, per quanto riguarda  la centrale di  Brindisi, del gas proveniente dal metanodotto TAP. Si tratta di operazioni che vengono portate avanti senza alcun effettivo coinvolgimento delle popolazioni interessate e  con decisioni i cui eventuali effetti positivi sulla riduzione  delle emissioni tossiche si verificherebbero  in tempi assai lontani  (si tratta di anni che vanno da dopo il 2025 al 2050) mentre gli effetti nocivi per la salute e per l’ambiente continueranno a  prodursi  con le conseguenze dannose finora duramente registrate.

Il problema della tutela del diritto alla salute dei cittadini e della salvaguardia dell’ambiente così come quello della mancanza di lavoro, dovuto ad un modello di sviluppo economico sbagliato, continueranno quindi  a pesare come  una cappa di piombo sulla nostra città e sul  nostro territorio. Nubi nere si addensano quindi sul nostro  futuro  e  annunciano il definitivo accantonamento di quelle politiche avviate  qualche tempo addietro  che avevano cercato di chiudere un passato con conseguenze negative sull’economia locale e con sistematiche lesioni a diritti fondamentali dei cittadini. La “città d’acqua” del Comune di Brindisi guidato dal Sindaco  Mennitti, lo “sviluppo sostenibile” dell’Amministrazione provinciale presieduta da Errico e la “Puglia migliore” della Giunta Regionale di Vendola, progetti diversi e  certo non risolutivi ma accomunati dall’intento di avviare la costruzione di un nuovo modello di economia locale, domandato peraltro da migliaia di cittadini  con ripetute  manifestazioni pubbliche, avevano acceso grandi speranze che le più recenti amministrazioni hanno in qualche misura appannato  .

Ed è per questo che l’associazionismo ambientalista e  di cittadinanza attiva sente il bisogno di tornare in campo per dire a gran voce che non è possibile determinare   ancora una volta con  decisioni   vincolanti per decenni il destino  di una comunità e di un territorio che meritano attenzione e rispetto. Soprattutto perché hanno già pagato per simili scelte del passato un prezzo altissimo.

La decarbonizzazione (l’uscita dai combustibili fossili) può essere un passo  in avanti,  ma i cittadini di Brindisi e dei comuni della Provincia  hanno il diritto di partecipare attivamente, con  strumenti promossi dalla amministrazione pubbliche,  esprimendo le loro opinioni e  dando il loro contributo su questioni di rilievo economico e sociale . Devono cioè essere messi  in grado di contribuire alla scelta  fondamentale e prioritaria della  politica locale:  quella di delineare  un’idea di città e un’idea di territorio, con la quale devono fare i conti tutte le iniziative in corso. Un’idea che  va approfondita e precisata .

 In questa situazione  si ricorda che la centrale elettrica di Brindisi Nord (A2A, ex Enel, ex Edipower) avrebbe dovuto  chiudere il 31 dicembre 2004 e  che solo errori politici hanno impedito che ciò avvenisse. Il Documento Programmatico Preliminare  (DPP) (quello approvato a larga maggioranza in Consiglio comunale) prevede per quell’area un uso utile alla retroportualità. Non è dato sapere cosa prevedono le modifiche che si intendono apportare allo stesso  DPP , ci auguriamo che confermino, nel caso specifico, gli stessi indirizzi politici.

Così come la storia economica di questa area dimostra che i grandi gruppi industriali hanno interesse ad operare al Sud solo in condizioni favorevoli al proprio profitto  sotto il profilo fiscale, finanziario, ambientale e dei diritti dei lavoratori. Questa logica, assecondata dalle classi dirigenti meridionali, ha lasciato disoccupazione e depauperamento. Per non dipendere da queste logiche è necessario intanto rompere con le stesse e reclamare una presenza economica dello Stato che attrezzi tutti i territori delle infrastrutture di base (acquedotti, trasporti, energia) e gestisca direttamente i servizi di base per tutti: alloggio, cibo, acqua, energia, vestiario, sanità, educazione, comunicazioni. Tutti settori in cui scontiamo gravi ritardi. Una forte economia pubblica sarebbe il miglior modo per garantire diritti a tutti senza invadere i mercati degli altri e il miglior antidoto contro lo strapotere dei mercati.

FORUM AMBIENTE SALUTE E SVILUPPO

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