Allora com’è andata? Benino, suppongo. Il Natale ai tempi del covid, continentale ed inglese (quello con la variante, come certe bretelle stradali), in fondo è stato più o meno come i precedenti. La forte riproduzione di trigliceridi da pasta al forno & C. ha permesso a questi preziosi mostriciattoli di fare un solo boccone degli infidi e stronzeidi microvirus. Non so cosa ne pensa a riguardo il dondolante prof. Galli, ma io voglio illudermi che sia così. Sulle tavole inbandite degli italiani era presente il solito ben di Dio, alla faccia della frugalità richiamata dal Papa argentino, quello che parla come la buonanima di Diego. Ingozzamento selvaggio, prolungato e con impegno di replica santostefaniana, per la felicità delle troike di mamme-nonne-zie che hanno lavorato in cucina come schiave negre per almeno 14 ore di fila. Il 26 è stato anche il “D day della cancellatura”, operazione fastidiosa ma necessaria per liberare la memoria dei cellulari dalle cataste di video zeppi di alberi, presepi, Babbi Natali, jingle inflazionati e sciroppose amenità similari. Purtroppo dopo S. Stefano è caduta la domenica ed oggi, sotto la minaccia del forchettone muliebre, saremo costretti a trangugiare come oche all’ingrasso tutti gli avanzi preesistenti. Da lunedì, lo giuro su Santa Klaus, cicoria, pesce lesso e una mela, ogni giorno per un mese! A proposito del gran vecchio, detto anche Niklas Kristmas, Nonno Gelo, Nonno Scalfari e Babbo Natale, che da un pezzo non riceve più letterine a mano ma solo mail all’indirizzo babbonatalepanzone@cieloartico.com, pare che, proprio la sera del 24, sia stato fermato in cielo da una pattuglia di Carabinieri spaziali per un controllo. Il poveretto, data l’età da RSA (è così che oggi si chiamano gli ospizi), aveva dimenticato al Polo Nord l’autocertificazione ma i bravi ragazzi della benemerita lo hanno subito rassicurato e gliel’hanno compilato al momento. Ha perso però un po’ di tempo nel cercare il documento di identità (gli era scivolata nei mutandoni di lana), e così è arrivato con un po’ di ritardo, proprio come i pacchi consegnati dai corrieri di Amazon. Questa coincidenza ha insospettito i bambini più smaliziati che hanno cominciato a mettere in serio dubbio l’esistenza di questo grasso vecchietto barbuto, proprio come avevano già fatto con la cicogna. Comunque sia, sotto l’albero od il presepe di tutte le case, il 24 sera, c’erano montagne di pacchetti colorati. Alla faccia della crisi da virus! Dopo una cena iniziata precocemente ad un’ora da convento, condotta a ritmo serrato per le frignanti pressioni dei bambini che sollecitavano l’ingozzamento per poi aprire i regali, finalmente è giunta l’ora X. Tutti quei bei pacchetti colorati e infiocchettati sono stati orrendamente sbranati da mani febbrili, mentre già si alternavano gli “Oh” di ipocrita gradimento agli urli belluini di eccitati pargoli in fregola di giocattoli vari. Ai nonni, è toccato il solito corredo di pantofole, calze e dopo barba, ed anche se sulle confezioni c’era scritto “Balm after shave” e “Soin Idratant”, la sostanza non cambiava … Per le nonne scialli, cuscini elettrici, guanti. Alle mamme Agende di Suor Germana, prodotti di cosmesi e sciarpe. Papà gratificati con libri, cravatte e orrendi maglioni di lana pesantissimi rossi con mandrie di renne bianche, Figli con regali costosissimi ammazza tredicesime genitoriali: I Pod, tablet, cuffie stereo, tv ultima generazione. Ai bimbi sontuosi giocattoli costosissimi, più l’immancabile playstation 5. Insomma, il fuoco del consumismo è come quello delle vestali: va tenuto sempre vivo… E così è passato anche questo Natale a scartamento ridotto. Da domani, liti, improperi, offese, il solito tran tran. Tranquilli, tra 365 giorni verrà un altro natale, si spera più felice, e, come al solito, ci renderà tutti più buoni…
Bastiancontrio