Ed ecco che il popolo cristiano si ritrova attorno al suo nuovo Pastore. Dopo i giorni di lutto e suffragio per la morte dell’indimenticabile Papa Francesco, la gioia è riesplosa. Ci si augura sia una gioia autentica, svincolata dalla semplice curiosità di chi si accontenta della simpatia del viso o del notare il modo di vestire o parlare. Elementi certamente umani che per i credenti devono essere superati per giungere all’Essenziale.
Vorrei proporre perciò questa mia riflessione, cercando di analizzare brevemente alcuni aspetti.
L’attesa
Fin dalla malattia di Papa Francesco si è assistito a un crescendo di “analisi”, di salotti televisivi, di commenti conditi delle banalità più inutili. Si è equiparato il sacro alle tendenze mondane, con la “sapiente” regia dei soliti giornalisti e conduttori di regime. Un accanimento dal sapore quasi maniacale con quel tipico approccio da “società dell’informazione”, ma con una visione secolarizzata della vita ecclesiale e una ristretta lettura storiografica. Oso dire che ho provato sicuramente imbarazzo e anche un pizzico di vergogna nel vedere o ascoltare i diversi preti, suore, vescovi, ecc. che non hanno perso occasione per apparire, assecondando una visione miope e mondana dell’attualità invece che evidenziare la dimensione spirituale degli eventi…
Ora, a giochi fatti, si comprende bene quindi l’inutilità dei pronostici e delle milioni di parole consumante nei salotti borghesi nazionalpopolari, è invece il tempo di scorgere la bellezza della certa speranza manifestata in un uomo che rappresenta altro e Oltre. È tempo di comprende che l’elezione del Papa rappresenta qualcosa di completamente diverso ed è fuorviante l’adozione dei soli parametri umani, perché la Chiesa non può essere assimilata alle istituzioni statali in quanto la sua attività segue in qualche modo la logica politica propria della società umana, ma è ontologicamente “comunità di credenti”, affidata alla guida di Pietro, di cui il vescovo di Roma è diretto successore. Impegniamoci ad evitare banali commenti da Bar, vuoti e svuotanti dell’autentico senso trascendentale che invece deve connotare questo evento… Andiamo oltre al “ha un bel viso”, “ha gli occhi buoni”, “sta bene vestito di bianco”, “si è commosso”. Lasciamo queste inezie superflue ai tanti e troppi cultori dell’inutile.
La scelta del nome
Pare essere proprio della vita della Chiesa, nella sua millenaria storia, la capacità di stupire. È stato recentemente cosi con il Pontificato di Papa Francesco – un autentico terremoto – ed è stato cosi già alla proclamazione del nome scelto dal nuovo Papa. Sarebbe bello fare un analisi storica sui predecessori che hanno scelto questo nome, partendo da San Leone Magno. Un Papa che in un contesto storico e teologico altamente confuso riuscì a bloccare l’avanzata di Attila, Re degli Unni, verso Roma.
Comprendiamo bene quali siano gli attuali “Attila” da “fermare” nel contesto globale: leader politici magari manifestamente cristiani, ma lontanissimi nel tradurre con scelte politiche ed economiche quei valori evangelici a cui dicono di credere. Ecco perché il ripetere la parola Pace tante volte, nel suo primo saluto, non è un qualcosa di banale, ma una pressante e manifesta richiesta non più rinviabile. Quindi direi che è stata una scelta coraggiosa oltre che per nulla scontata.
Mi piace pensare però anche ad un’altra felice “coincidenza”. Uno dei primi discepoli di San Francesco d’Assisi fu frate Leone che gli stette vicino nei momenti più importanti e fino alla morte. Li univa un forte legame umano e spirituale, tanto che il Santo poverello per una crisi interiore che attraversava frate Leone gli consegnò uno dei testi più belli ed espressione di questa divina amicizia:
Frate Leone, il tuo frate Francesco ti augura salute e pace.
Così dico a te, figlio mio, come una madre: che tutte le parole, che ci siamo scambiate lungo la via, le riassumo brevemente in questa sola frase e consiglio anche se dopo ti sarà necessario tornare da me per consigliarti – poiché così ti consiglio: in qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedizione del Signore Dio e con la mia obbedienza. E se ti è necessario per il bene della tua anima, per averne altra consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni.
Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone.
Ecco la felice coincidenza che “unisce” Papa Francesco e Papa Leone. In questo nome, che apparentemente rischia di apparire pomposo, c’è paradossalmente la docilità e la fermezza del buon Pastore. Così come San Francesco giocando con i contrasti del nome del suo confratello Leone, definendolo agnello del Signore.
Papa Leone è un frate agostiniano e per questo sarà sicuramente forte la connotazione spirituale con cui ci guiderà, ispirandosi appunto a uno dei Padri della Chiesa che più ha influenzato la teologia e la spiritualità, come Agostino d’Ippona, invocato come “inquieto” ricercatore della Verità. Lo stresso Lutero, che successivamente si separò dalla Chiesa di Roma, fu un osservante e profondo maestro di spirito. In questa luminosa scia si innesta la presenza nel mondo del nuovo Papa che è sopratutto e principalmente la guida religiosa dei cattolici. Tutto il resto viene dopo e con minore importanza.
Un’altra felice coincidenza che mi piace ricordare la si trova nello stemma pontificio di un altro grande predecessore del nuovo Papa. Papa Benedetto XVI infatti nel suo scudo aveva impressa una conchiglia, rimando chiaro a un episodio della vita di Sant’Agostino che è bello rileggere:
Si racconta che il grande teologo si trovasse a passeggiare lungo la riva del mare, intento a riflettere e a indagare intorno al mistero della Trinità: un solo Dio in tre persone. Ma la sua intelligenza non riusciva a penetrare questa immensa realtà, e lui rimaneva a tormentarsi, triste e angosciato. Ad un tratto, si imbatté in un bambino tutto occupato a fare la spola con una conchiglia tra il mare e la spiaggia, dove in una buca versava le poche gocce d’acqua che dal mare riusciva a raccogliere di volta in volta nella conchiglia. Agostino gli domanda: “Cosa stai facendo?”, e quello a rispondergli: “Voglio mettere tutto il mare in questa buca”. Al che Agostino gli risponde: “Ma è impossibile riversare tutta l’immensità del mare in questa piccola buca!”. E il bambino con prontezza gli risponde: “È vero. Ma ricorda: allo stesso modo è impossibile che tutta l’immensità del mistero di Dio Trinità sia racchiuso nella tua piccola mente”.
Un invito nel restituirci le nostre reali dimensioni di esseri finiti, e tuttavia infaticabili esploratori dell’Oltre. Intrecci invisibili di comunione e continuità provvidenziale.
Il futuro
Nella ridicola corsa ad accaparrarsi l’appartenenza geografica, politica o di corrente di Papa Leone, va ribadita la necessaria libertà che ha e deve avere il Papa. Sono fortunatamente lontani i tempi in cui le grandi potenze (Europee) intervenivano con le loro ingerenze nella scelta non solo del Pontefice, ma anche delle sue scelte. Su questo mi pare sia stato immediatamente chiaro scegliendo di parlare in lingua spagnola e non in americano… di per se il cristiano stesso appartiene al mondo, senza barriere, senza bandiere e senza confini quindi figuriamoci il Papa. Pontefice vuol dire appunto costruttore di ponti. Questo è il Papa sempre, questo deve essere il cristiano, sempre. E Papa Leone lo ha voluto ripetere con evidente determinazione.
Le sfide che lo attendono sono certamente grandi e per quanto l’espressione democratica della Chiesa termini con il Conclave, il Papa dalla Loggia centrale ha usato il termine sinodalità cioè la volontà e la capacità di ascolto verso tutti (!) che il Capo deve usare per arrivare a una decisione. Si mettano perciò l’anima in pace dunque quelli che invocavano chissà quale forma di “restaurazione”, dimenticando invece che l’anima stessa della Chiesa che è la comunione.
Sono tanto curioso e attendo “fiducioso” i commenti e gli atteggiamenti che presto muteranno soprattutto all’interno di alcune fazioni (sic!). In effetti la macchina del fango – sempre magistralmente diretta – è già pronta a mettersi in moto. Del resto è sempre cosi… non dimentichiamo che chi ha crocifisso Gesù (il vero Fondatore della Chiesa) è stato ucciso da chi si credeva e dichiarava amico di dio.
Il vero capo quindi deve sempre poter deludere. Deve condurre i suoi sottoposti quasi a liberarsi dalla sua persona e a portarli alla responsabilità verso gli ordini della vita – nel caso specifico, verso Dio e il Vangelo. Deve rifiutarsi di diventare il seduttore, l’idolo, l’autorità ultima. Il capo responsabile è una guida che conduce verso il valori più alti ad immagine del Battista nei confronti di Cristo: “…è Lui che deve crescere, io invece diminuire…” Gv. 3.30. Nessuna adulazione può corrompere l’importanza del Servizio. Opera che delinea un’altra sostanziale differenza con i dettami del mondo e delle logiche politiche. Una delle definizioni più belle è che il Papa è “Servo dei Servi di Dio”.
L’augurio
Infine, con la profonda consapevolezza e conoscenza dei limiti umani in cui vive la Chiesa, delle profonde ipocrisie e meschinità che la abitano e che sicuramente sono anche le mie personali, eppure custodendo una fede che nonostante questo resiste ed esiste, nutro la profonda convinzione che il futuro è veramente nelle mani di Dio, ma con la nostra proficua e matura collaborazione. Credo che questo voglia dire realmente amare il Papa (il e non quel o quell’altro…) e lasciarsi guidare dal suo magistero e dal suo esempio.
Papa Francesco in questi anni ha subìto attacchi inverosimili e ahimè sento che lo stesso avverrà verso Papa Leone, per la cancrena di cattiveria con cui convive l’umanità e quindi anche i cristiani. Ma ieri quella esortazione “…il male non prevarrà, siamo tutti nelle mani di Dio, quindi senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra noi andiamo avanti, siamo discepoli di Cristo…” ha rinvigorito la speranza di cui tutti abbiamo bisogno. Solo uniti con Dio e tra di noi possiamo intravedere orizzonti luminosi.
A Roma, sulla via Ardeatina, c’è una piccola chiesetta che personalmente ho tanto amato, preferendola alle grandi Basiliche, chiamata del Quo Vadis. Prende il nome dalla testimonianza orale secondo cui l’apostolo Pietro, fuggendo dalla città per evitare il martirio, incontra Gesù al quale rivolge le seguenti parole “Domine, quo vadis? (Signore, dove vai)?” e il Signore rispose “Venio Romam iterum crucifigi (Vengo a Roma a farmi crocifiggere di nuovo)”. Pietro, comprendendo il rimprovero, torna indietro per affrontare la sua sorte e Gesù scompare ma, nello sparire lascia impresse le sue impronte sulla strada.
In questo racconto c’è la “sorte” non solo del nuovo Papa, ma dell’intera Chiesa, quella vera, autentica, matura, libera, coraggiosa, aperta, profetica che è quella che Gesù ha affidato a Simone detto Pietro, primo Papa e prima guida di un gruppo di uomini e donne che credendo nella Risurrezione sono chiamati ad annunciare la gioia del Vangelo, affrontando ingiurie, cattiverie, martirio e la stessa morte, pur di non scendere al compromesso di svendere o addomesticare la potenza (quella si) dello Spirito Santo.
Ti amiamo (già) Papa Leone per quello che sei e per quello che ci ricordi dobbiamo e possiamo essere. Ancora.
Allora aiutaci a disarmaci veramente e fallo con la tua commozione e la dolcezza dei tuoi occhi nuovi, con cui ci guardi e con cui ti guardiamo, per scrutare insieme dietro le nubi del tempo e della storia, la Luce.
Davide Gigliola
Foto: www.calcografica.it