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World Press Photo è un’organizzazione internazionale no-profit, fondata nel 1955 con sede ad Amsterdam, che ogni anno si fa promotrice del più importante concorso di fotogiornalismo mondiale. Le fotografie dei vincitori dell’ultima edizione sono raccolte nel volume World Press Photo 2017 (24Ore Cultura): l’eccellenza del fotogiornalismo è tutta qui e attraversa le sezioni tematiche (Storie d’attualità, Notizie generali, Volti, Spot news, Vita quotidiana, Sport, Natura, Progetti a lungo termine) che compongono il libro. Scorrerne le pagine equivale a esporsi senza filtri alle storture del mondo e del potere, alla violenza e alla crudeltà, alla bellezza e all’umanità del presente. Il libro ci pone al centro delle storie più o meno note dell’attualità, dei conflitti dimenticati che perdurano, delle piccole e grandi vittorie che il coraggio di alcuni ha consentito di segnare sull’arroganza e sul pregiudizio.

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In copertina, lo scatto ormai celebre di Burhan Ozbilici, vincitore del premio World Press Photo dell’Anno: Mevlut Mert Altintas, poliziotto turco fuori servizio, ha appena ucciso l’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, mentre teneva un discorso in una galleria d’arte ad Ankara. La tensione e l’orrore sono cristallizzate in una sequenza di immagini che consegnano il fatto alla storia, mentre emerge il senso di responsabilità di chi scatta, l’accettazione del rischio e l’aderenza all’idea che l’immagine, quando catturata appellandosi a un forte senso di eticità e correttezza, può smuovere dal torpore, indignare e soprattutto essere fonte di conoscenza («avere visto» non corrispondeva forse, nel greco dei filosofi, a «sapere»?). I discendenti degli antichi indovini e aruspici, a citare Walter Benjamin e la sua Piccola storia della fotografia, sono loro: i fotografi. Perché con la loro opera forniscono un’interpretazione dei segni impressi sulla pellicola in centesimi di secondo, e superano così il tempo e lo spazio.

Diana A. Politano

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