Ulivi secolari di Puglia dati alle fiamme…

E per le associazioni di categoria “la colpa è della burocrazia” e non dei criminali!

In questi giorni nel Salento stanno bruciando gli olivi (e hanno continuato a farlo anche sotto la pioggia): centinaia di giganti secolari divorati dalle fiamme!

Non è una casualità, sembra ci sia una intenzionalità precisa dietro questi roghi.

L’autocombustione di piante di olivo secolari non esiste; forse potrebbe trattarsi di un gesto inconsulto di qualche piromane, se non fosse che, nel giro di pochi giorni, gli incendi sono divampati in numerosi comuni, fra cui Torchiarolo, S. Pietro Vernotico, Presicce e lungo la statale Lecce-Maglie.

Lo sviluppo puntiforme e, al contempo, esteso degli incendi è la prova di una mano umana dietro gli inneschi.

Tutto ciò non può non riportarci alla mente quanto successo, solo poche settimane fa, all’oliveto di Francesco Mastroleo: sconosciuti si sono introdotti nella sua azienda ed hanno bruciato diversi olivi secolari. Un atto mafioso e intimidatorio, un segnale violento contro chi si batte per la difesa del territorio, dell’economia locale, della cultura, della storia della nostra Terra.

Quali le motivazioni e quali i responsabili allora di queste azioni criminali?

Apprendiamo da un quotidiano del 10 luglio che secondo il dr. Melcarne gli incendi non sarebbero dolosi: da dove proviene tale certezza? Coldiretti Puglia afferma, però, che da maggio sono arrivate ai Vigili del Fuoco di Lecce “fino a 60 chiamate al giorno” per spegnere questi incendi non dolosi in campi “affetti da Xylella”. Muraglia, presidente Coldiretti Puglia, asserisce che ad “infiammare” la situazione esplosiva sono le difficoltà burocratiche nell’effettuare gli espianti degli olivi ammalati di CoDiRO (Complesso del disseccamento rapido dell’olivo) ed il successivo reimpianto con le due varietà – Leccino e Favolosa –  destinate a sostituire gli oliveti tradizionali con impianti superintensivi a gestione industriale. Se i campi stanno “andando in fumo”, secondo Coldiretti la causa è da ricercarsi nei cavilli della burocrazia lumaca che pretende addirittura di acquisire il parere della Soprintendenza per operazioni di trasformazione radicale del paesaggio all’interno di zone vincolate (sic).

Insomma, non solo una difesa d’ufficio per i piromani, non solo ci si guarda bene dal condannare chi compie tali atti criminali contro il paesaggio, l’economia locale, la bellezza e la vita ma, addirittura, si arriva a giustificare un reato!

Questo non è accettabile!

D’altro canto, non sfugge oramai a nessuno che da molti anni – da ancor prima che esplodesse l’affaire Xylella – alcune organizzazioni di categoria stessero “spingendo” per l’eliminazione degli alberi secolari (ritenuti un ostacolo allo sviluppo di un’olivicoltura competitiva sui mercati globali) e la loro sostituzione con impianti superintensivi costituiti da spalliere produttive con cultivar brevettate. Così, anche le associazioni di categorie citate hanno salutato con grande entusiasmo la Legge “Centinaio” sulle emergenze, che prevede la possibilità di andare in deroga ai vincoli normativi a difesa del paesaggio, dell’ambiente e della salute!

È forse per assecondare tale obiettivo che, né le potenti organizzazioni professionali, né gli istituti di ricerca (che pure hanno ricevuto oltre 30 milioni di euro di soldi pubblici) hanno mai dato ai contadini una sola indicazione su come curare i suoli in oggettivo stato di desertificazione e gli alberi di olivo secolari disseccati, in quasi sei anni di cosiddetta “emergenza”?

Anzi, attaccano e ridicolizzano coloro che ci provano, contando unicamente sulle proprie forze e non su finanziamenti pubblici milionari.

In maniera ancora più grave, alcune associazioni di categoria continuano ad affermare che le due varietà imposte – Leccino e Favolosa – siano resistenti a Xylella, in contrasto con quanto afferma sia la Regione Puglia (Determina Osservatorio Fitosanitario n.591 del 13.07.2018), sia uno studio condotto dall’Università e dal CNR di Bari (pubblicato dall’EFSA il 29 marzo 2016), ove si evidenzia la mancanza di dati scientifici che dimostrino la resistenza di tali varietà sul medio e lungo periodo. Del resto, la realtà dimostra che diverse piante di Leccino sono state gravemente colpite dal disseccamento.

Le associazioni di categoria omettono anche di dire che i costi d’impianto e di gestione degli oliveti intensivi e superintensivi sono talmente elevati da non essere alla portata di piccole e medie imprese. Tali investimenti possono essere sostenuti solo da grandi imprenditori su vaste superfici agricole e ciò comporterebbe la svendita delle terre da parte dei piccoli contadini – che oggi possiedono la stragrande maggioranza dei terreni ad Olivo della provincia di Lecce – e la concentrazione della proprietà fondiaria in poche mani….

In pratica, ritornerebbe il latifondismo.

Ecco il programma di “ricostituzione del patrimonio olivicolo”: né terra né lavoro nel futuro dei salentini – anche grazie alla meccanizzazione totale delle operazioni colturali previste nel superintensivo –, né paesaggio né turismo per i cittadini, ma solo inquinamento, impoverimento ed espropriazione del territorio.

Da tempo diciamo ai contadini e alla popolazione salentina di non credere a chi vuole lucrare sulla nostra terra, di non cadere nella trappola dell’espianto/reimpianto, perché questa non è la soluzione del problema, bensì la causa.

Invitiamo i cittadini tutti,

  • e in primo luogo i contadini, a farsi custodi attivi degli olivi, a segnalare immediatamente casi di incendi o anche di sradicamento degli alberi perché – lo ricordiamo – per eseguirli è necessario avere l’autorizzazione all’espianto; diversamente si commetterebbe un reato molto grave!

Chiediamo alla magistratura

  • di indagare sulle dinamiche di questi incendi e di verificare la non casualità degli stessi;
  • di indagare su chi ha appiccato gli incendi ma anche su chi usa gli uliveti incendiati come motivazione per richiedere l’accelerazione delle procedure di espianto e reimpianto.

Chiediamo alla Regione Puglia e alle autorità competenti

  • di non concedere le necessarie autorizzazioni a costituire nuovi impianti intensivi di olivi nei terreni devastati dalle fiamme;
  • di applicare la norma dei terreni percorsi dal fuoco: nessuna costruzione, nessuna modifica urbanistica, nessuna modifica colturale per almeno 50 anni!

Resistiamo!

In difesa della Terra, dell’umanità, della democrazia, del futuro

 

Popolo degli Ulivi

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO