“Strumenti urbanistici per una città sostenibile”

legambiente

Esattamente 11 anni fa, è stato approvato in Consiglio comunale il Documento programmatico preliminare al PUG.

Come sanno bene l’allora Vicesindaco D’Attis e l’allora Assessore all’urbanistica Bruno che portarono in Consiglio la proposta di delibera, quello era l’ultimo atto fortemente voluto da Sindaco da Mimmo Mennitti, seriamente ammalato, per offrire una svolta alla pianificazione urbanistica della Città e anche del Porto, in una visione strategica di Brindisi “Città d’Acqua”.

L’impegno era quello di approvare il PUG entro 180 giorni, ciò che evidentemente non è avvenuto, anche per le forti resistenze contro l’impostazione e gli obiettivi del DPP e soprattutto del PUG.

L’intenzione infatti, era quella di fare del PUG, se non formalmente, quantomeno sostanzialmente, lo strumento urbanistico sovraordinato o almeno di indirizzo rispetto a quelli del porto e dell’ASI (tutti ricorderanno la ferma opposizione innanzitutto dell’Autorità Portuale e di Confindustria).

Obiettivo era principalmente il consumo di suolo zero da raggiungere attraverso piani e progetti di rigenerazione, ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio esistente. Il primo riflesso di tale obiettivo era relativo al Piano Comunale Costiero, purché prevedesse la sanatoria del patrimonio edilizio, le valutazioni e le determinazioni tecnico-amministrative dimostrassero la rispondenza ai requisiti di legge, la creazione di strutture ricettive e servizi che portassero innanzitutto al recupero e alla valorizzazione del patrimonio pubblico già acquisito o in via di acquisizione da parte dell’Amministrazione Comunale, e un piano di tutela e valorizzazione del patrimonio naturalistico e ambientale che consentisse interventi urgenti contro il degrado e le aggressioni antropiche e il rispetto delle percentuali di legge nella gestione pubblica e privata del litorale nord.

“Brindisi Città d’Acqua” non poteva non offrire una visione d’insieme e disposizioni concernenti lo stretto connubio fra la città e il suo porto ed anche l’area di sviluppo industriale vista la pesante e intollerabile o incontrollata presenza della movimentazione di materie prime e soprattutto di carbone nel porto.

Sappiamo tutti perché i 180 giorni che dovevano portare all’approvazione del PUG non siano stati rispettati e quale sia stato l’oggetto degli attacchi rivolti all’architetto Goggi, coordinatore dello staff a cui era affidato il compito di progettare il PUG: l’obiettivo di consumo di suolo zero, che l’arch. Goggi legò alla comparazione fra l’occupazione di suolo e di possibili nuovi insediamenti fra Brindisi e Milano enormemente squilibrata verso Brindisi, oltre alla sua traduzione soltanto in piani di rigenerazione, riqualificazione e ristrutturazione dell’esistente. Si è giunti quindi fino al punto di far cadere gli incarichi professionali e di produrre un vuoto pianificatorio di cui la città paga complessivamente gli effetti.

Nel porto si stanno susseguendo progetti di grandi opere invasive sul territorio e sugli equilibri ambientali, invece di aggiornare e riqualificare i servizi e si è arrivati al punto che il nuovo piano regolatore del porto sia stato pensato e gestito per nulla tenendo conto della sostenibilità ambientale e di Brindisi Città d’Acqua, ma soprattutto costruendolo indipendentemente dallo sviluppo urbanistico della città e del ruolo e del dovere di partecipazione da riconoscere all’Amministrazione Comunale, che oggi potrà intervenire ex post dovendo passare il piano all’esame del Consiglio comunale, non avendo potuto far valere la visione d’insieme che soltanto il PUG può offrire.

Il piano ha avuto come primo attore la SOGESIT, società in house del Ministero oggi della transizione ecologica, proprio quando era in itinere il giudizio di compatibilità ambientale sul progetto delle opere portuali.

Soltanto negli ultimi anni è stato ripreso l’iter autorizzativo del PUG, sono stati ripresi i confronti nella fase di costruzione partecipata e si è giunti alla redazione di un nuovo Documento Programmatico Preliminare e di un Piano di rigenerazione della costa.

È fondamentale che resti inalterato l’obiettivo del consumo di suolo zero e dei piani di rigenerazione del patrimonio pubblico e privato esistente, così come è fondamentale trasformare l’ASI in un’area produttiva paesaggisticamente ed ecologicamente attrezzata (vedasi quanto previsto nel Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), che si fermi la corsa alla cementificazione del porto e che le linee guida applicate in tanti porti europei per i Green Port valgano anche per Brindisi all’interno di quella città d’acqua sognata da Mennitti senza mai poterla vedere.

Brindisi ha enormi potenzialità, anche grazie alle risorse del PNRR e di altre fonti di finanziamento quali il CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo), quelle destinate alla ZES e appunto quelle per la rigenerazione urbana.

Abbiamo già detto che va sostenuto il piano di ENEL per costruire un polo energetico delle rinnovabili, che va realizzato un impianto fotovoltaico da 300 MW nell’area SIN, che vanno realizzati rapidamente gli stabilimenti industriali per la realizzazione di pale per aerogeneratori e per la realizzazione di pannelli fotovoltaici (tocca soprattutto ad istituzioni e partiti chiedere una gigafactory e la creazione di filiere a cominciare da quelle dell’accumulo). Abbiamo sempre sostenuto la realizzazione di una Hidrogen Valley,  stiamo portando avanti il progetto della GECO Srl e abbiamo subito detto si a parchi eolici off shore alle condizioni poste nelle nostre osservazioni e presenti nel parere della commissione ministeriale che ha esaminato il progetto Kailia.

Poco più di un anno fa abbiamo presentato il dossier “Un’altra Brindisi è possibile”, ma ciò è realmente realizzabile soltanto coniugando sviluppo sostenibile, tutela e valorizzazione delle risorse della città e cancellando le vecchie logiche che in modo visibile o occulto, hanno portato la città ad essere asservita agli interessi di pochi.

Il circolo Legambiente Brindisi “Tonino Di Giulio”

 

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