Polemica sul Museo Ribezzo: risponde l’ex direttrice Angela Marinazzo

Museo Ribezzo

BRINDISI – La vicenda che ha riguardato il trasferimento dal Museo provinciale di Brindisi di alcuni reperti del periodo messapico rinvenuti a Francavilla e l’esposizione nel nuovo museo comunale della città degli Imperiali del Bacco di Giancola hanno generato polemiche in città. Per avere maggiore contezza della situazione abbiamo contattato la precedente direttrice del Museo, la dottoressa Angela Marinazzo, Ispettore Onorario per i Beni Archeologici Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turistiche, che ha affidato a questa nota la sua versione dei fatti.

La scrivente archeologa, già direttrice del Museo di Brindisi, è (come facilmente accertabile e come dovrebbe essere noto, in primis, all’attuale direttrice) in pensione dal 2009 e, quindi, risulta del tutto falso ed erroneo quanto affermato (su un’altra testata, ndr) e, cioè, che nel 2012 la stessa abbia potuto permettere l’assegnazione dei reperti esposti nelle sale del Museo di Brindisi ”… in favore di chiunque avesse i requisiti…”. Risponde al vero solo che, nella data citata del 2012, nel corso di uno dei periodici riscontri dei reperti di proprietà statale affidati al Museo di Brindisi, disposti dalla Soprintendenza, erano presenti il dirigente del settore cultura della Provincia (che assumeva ad interim anche la gestione del Museo) e la scrivente, su designazione della Provincia, quale archeologa Soprintendente onorario della stessa struttura, nominata nel 2010 all’unanimità da parte del Consiglio provinciale, su proposta dell’allora Presidente, Massimo Ferrarese. In quella occasione fu redatto dalla Soprintendenza, legittima proprietaria di quei reperti, quel documento citato dall’arch. Mannozzi, la quale, avendo assunto l’onore e l’onere di direttore del Museo, dovrebbe sapere che lo stesso non è detentore di tutti i reperti ivi esposti. Gli stessi appartengono per il 10% alla Biblioteca Arcivescovile A. De Leo ed al Comune di Brindisi, per
l’80% allo Stato, tramite la Soprintendenza Archeologica e, solo per l’ultimo 10%, al Museo provinciale. Il Museo di Brindisi, pertanto, è solo un affidatario di tali beni, i quali, su richiesta dei rispettivi proprietari, possono essere assegnati, sia pure temporaneamente, in occasione per esempio di mostre, patrocinate dallo Stato, o ad altre strutture museali senza obbligo di rendiconto. Tale prestito temporaneo, nell’ambito della mostra “Viaggio nella terra del Vino”, è stato valido anche per il Museo di Brindisi che, nel 2003, ottenne l’esposizione della scultura raffigurante Dioniso-Bacco, ritrovata a Giancola e, nel 2008, i reperti ceramici della 1° tomba della necropoli di San Lorenzo a Francavilla Fontana. Il Ministro Franceschini ha avuto modo di sottolineare come tali operazioni costituiscono un ottimo biglietto da visita per veicolare l’immagine del patrimonio culturale delle nostre città. Di ciò Brindisi ne ha avuto testimonianza allorchè, per esempio, nel 2005, partecipò, per conto della Regione Puglia, all’Expo Universale dell’Arte organizzata in Giappone. Numerosi furono i turisti che visitarono successivamente il nostro Museo, muniti delle guide in lingua giapponese, da noi redatte per l’occasione dell’Expo. Pertanto, invece di attribuire la colpa della spoliazione e dell’impoverimento del Museo di Brindisi, in questi ultimi anni, a persona di riconosciuta professionalità che, nel 2013, il Commissario Straordinario, con nota prot. n. 30769 in data 09.05.2013, pur in presenza di una nuova Direttrice del Museo, nominata a seguito di un bando di mobilità interno agli uffici tecnici della Provincia, richiedesse la consulenza tecnico-scientifica (fornita a titolo gratuito) della sottoscritta per tutte le attività del Museo. E’ sotto gli occhi di tutti il contributo fornito alla modernizzazione del Museo ed alla sua visibilità scientifica e culturale. L’arch. Mannozzi farebbe bene a scoprire gli altri reperti archeologici presenti nei depositi dello stesso Museo, già inventariati, che potrebbero facilmente coprire, ove adeguatamente musealizzati, quel vuoto lasciato dai reperti ceramici di Francavilla Fontana, che la Soprintendenza, proprietaria degli stessi, ha ritenuto di spostare nel nuovo museo di Francavilla Fontana, costituito con decreto del Mibact.
Non mi sento, però, di condividere la scelta, operata dalla stessa Soprintendenza, di esporre nel Maff la piccola scultura del DionisoBacco, rinvenuta a Giancola nel 1998 e da me studiata in occasione della citata mostra “Viaggio nella Terra del Vino”, allestita nel nostro Museo nel 2003. I materiali rinvenuti a Giancola non sono mai stati nella disponibilità, sia pure affidataria, del Museo Ribezzo. Del resto la rinnovata ristrutturazione del Museo, inaugurato nel 2009, a cura della sottoscritta, con il sostegno del personale interno, della Soprintendenza e di contributi cattedratici dell’Università del Salento, ha solo “responsabilmente” preso in esame i reperti già affidati. La legge dà la facoltà alla direttrice Mannozzi di richiedere ulteriori affidamenti di materiali di proprietà dello Stato che andrebbero ad aggiungersi a quelli già inseriti nella convenzione quinquennale, che avrebbe dovuto essere stata rinnovata fra Soprintendenza e Museo Archeologico. Non entro nel merito della possibilità paventata dalla Mannozzi secondo cui “molti musei o sale espositive nascono per accedere a finanziamenti e poco dopo muoiono”. Trovo sterile questa polemica, che, in ogni caso, lede ingiustamente l’immagine della seria gestione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turistiche e della Regione Puglia, oggi titolare del Museo F. Ribezzo. Apprendo e condivido le perplessità in merito alla richiesta avanzata dal Museo di Trieste di avere in prestito, sia pure per alcuni mesi, ben 22 reperti bronzei di Punta del Serrone, non solo perché “potrebbero sguarnire una sala espositiva del Ribezzo”, ma quanto e soprattutto perché, come dovrebbe essere noto agli addetti al settore, trattasi di reperti assai fragili, il cui trasferimento potrebbe compromettere la loro integrità. Non basta lamentarsi (in specie da parte di chi ha compiti e deve onorare l’impegno di direzione) delle “vetrine impolverate e delle sale buie”, ma aggiungerei anche delle infiltrazioni d’acqua della Sala dei Bronzi. Tutto ciò nuoce, oltre che all’immagine del Museo e della nostra Città, ad una buona conservazione dei reperti- buona conservazione che costituisce il primo elemento per la tenuta in affidamento dei materiali esposti, per i quali in tempi passati si è battuta con successo la comunità brindisina.
In un momento come quello attuale, nel quale assistiamo ad una progressiva spoliazione di sedi locali di istituzioni, non dovremmo farci sottrarre anche il nostro patrimonio culturale.