“La Costituzione è ‘costata’ troppo per non essere disposti a tutto per salvarla”

A pochi giorni dalla consegna delle liste elettorali niente di buono si prospetta per il futuro dell’Italia. Sotto il ricatto di una legge elettorale figlia della spregiudicatezza di chi l’ha voluta (Renzi dopo il suo trionfo col 40% alle Europee del 2014) che concede la maggioranza in Parlamento anche senza averla numericamente nel Paese, premiando a dismisura le coalizioni.

Da un lato il centrodestra intorno a Meloni-Salvini-Berlusconi sufficientemente compatto per presentarsi unito sulle schede elettorali il 25 settembre (altra storia è governare) e sull’altro fronte invece divisioni sempre più marcate provocate dai diversi orientamenti programmatici, dai veti reciproci, dagli egoismi di gruppo o personali e da tanta approssimazione.

Non servono i sondaggi per capire che cosa potrebbe accadere all’apertura delle urne con la vittoria quasi scontata delle destre mentre sono totalmente sottovalutate, o comunque non al punto da far rivedere le proprie scelte di “parte”, le conseguenze di questa vittoria. Due in particolare sono di un peso enorme e l’indifferenza verso di esse lascia sgomenti e attoniti.

La prima dolorosa conseguenza della vittoria delle destre riguarda la povera gente e le persone che vengono dai diversi Paesi del mondo per cercare rifugio e accoglienza. Un punto forte del programma di Meloni e gli altri è l’annuncio che verrà abolito il Reddito di Cittadinanza (anche se saranno tantissimi, tra chi lo percepisce, a votare per chi lo propone: emblematico del capovolgimento di tutto) e quindi verrà meno un aiuto organico e permanente, così come previsto dall’articolo 38 della nostra Costituzione, a chi è “sprovvisto dei mezzi necessari per vivere”. Quest’ultimi dovranno cavarsela da soli, abbandonati ancor di più ad un destino di emarginazione e imbarbarimento.

Parallelamente verrà intensificata ogni azione tesa ad impedire (come avviene in Italia dalla legge Bossi-Fini del luglio 2002 che inaspriva le pene purtroppo già previste dalla legge Turco-Napolitano del 1998) lo sbarco in Italia dei disperati dei Paesi del Sud del mondo che fuggono da guerre e carestie. Una difesa dei confini italici esaltata ad arte sulla pelle di chi non ha niente per difendersi al solo scopo di distrarre dalle mancate scelte, ben più difficili, per migliorare autenticamente le condizioni di vita dei residenti sul nostro territorio.

Orribile questa assuefazione, nelle società del terzo millennio, a considerare irreversibile la povertà non come una ingiustizia intollerabile, patologia di un sistema che non funziona e produce miserie e disperati ma come una disgrazia o addirittura un reato che va contrastato. Non si può spiegare diversamente come, per la parte benestante del Paese, non ci sia una reazione unanime per impedire che i più poveri siano sempre loro ad averne la peggio.

Ulteriore annunciata conseguenza della vittoria delle destre sarà la modifica profonda della Carta costituzionale. Mirabile mi sembra l’allarmata sintesi di Gianfranco Pagliarulo, Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI): “il presidenzialismo e l’autonomia differenziata, in base a una logica di scambio fra FdI e Lega. Questo programma prevede lo scardinamento della Costituzione, a partire dall’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale e diretto. Vorrebbe dire affidarsi a un “uomo forte”, abolire la funzione del Presidente come custode e garante e trasformarlo nel rappresentante di una parte, eletto dopo un’aspra competizione elettorale. L’autonomia differenziata, oltre a rompere l’unità nazionale, aumenterebbe in modo esponenziale e irreversibile le diseguaglianze azzerando il principio di solidarietà e quello di eguaglianza (art. 2 e 3 della Costituzione)”.

Come può essere con disinvoltura modificata senza colpo ferire una Costituzione costata carissima agli italiani, per il dolore e la morte che abbiamo procurato e per quello che abbiamo subito, solo perché una criminale legge elettorale e uno sgangherato schieramento antifascista consentono, tra l’altro a politicanti di infima specie, di cambiare (pur in linea con altri irresponsabili tentativi, alcuni stoppati da un sussulto popolare inatteso) quello che è il fondamento del nostro vivere civile? Perché se la vittoria delle destre sarà tale da poter avere i 2\3 dei voti parlamentari, godendo dello sciagurato taglio voluto da una demagogia miope, non ci sarà bisogno di far passare dal referendum popolare la sua approvazione.

Davvero uno “scacco matto” imprevedibile fino a ieri e che forze politiche e cittadini antifascisti neanche provano di impedire per ragioni meschine e che ci mettono in condizioni di vergognarci rispetto a chi ha dato la vita per l’Italia repubblica e democratica.

Non sono pochi quelli, tra le forze politiche non di destra, che gioiscono per questa deriva presidenzialista e per la rottura della Unità del Paese: volevano solo far fare il lavoro “sporco” ad altri. D’altronde non si può spiegare diversamente come non ci si spenda fino alla fine per trovare ogni sistema per impedire questo stravolgimento. Ma non meno grave, per livello di irresponsabilità, è il comportamento di chi dice (tra leader e attivisti dei movimenti progressisti): “che c’entriamo noi sono gli altri che non vogliono” … senza aver speso una dichiarazione, un gesto, un qualsiasi segno che dica in maniera incontrovertibile che più importante delle carriere personali, dei propri gruppi è difendere la Costituzione.

Ne è conferma la tiepidezza con cui è stata accolta l’argomentata proposta proveniente dalla società civile che ha scovato proprio in questa legge elettorale truffaldina la possibilità di depotenziarla con alleanze elettorali, quindi tecniche e non politiche, che lasciano tutti liberi nel proporzionale di difendere i legittimi interessi di parte e consente di presentare in ogni collegio, in opposizione al candidato di destra, un solo nome. Una scelta di generosità e di altissimo valore ideale con a fondamento la difesa della Costituzione che chiede un sacrificio minore di quello costato ai martiri della Resistenza: sedersi al tavolo con chi si detesta.

Tutti insieme da Letta a De Magistris, passando dai Conte, Calenda, Renzi e altri ancora, perché solo così può essere chiamato “fronte repubblicano” e non scimmiottando il termine escludendo tanti, come è accaduto in queste ore.

Ci sono poi due ragioni di “buon senso” che dovrebbero spingere verso questo gesto di generosità. Il primo è rappresentato dalla umiltà di chi si accorge che rischia non solo di perdere ma anche di essere travolto e allora sceglie di “pareggiare”, usando un gergo sportivo, come la scelta meno dannosa. Il secondo buon senso è ancora più arduo dall’applicarlo ma così palese dal rendersi indispensabile. Tutte le forze politiche del cosiddetto “fronte repubblicano” sono in difficoltà, chi più chi meno. Dagli sbandamenti di Letta alle arroganze di Calenda e Renzi, dalle ambizioni di Fratoianni/Bonelli alla necessità di farsi conoscere di Unione Popolare\De Magistris, fino al povero Conte che deve contrastare non solo il fuoco di fila dei poteri forti ma del più grande alleato di questi che è Grillo stesso.

Tutti ne uscirebbero a testa alta in nome di un Bene Prezioso come la Costituzione. Voglio sperare che accada ma questa è la stagione delle “parole” e non dei “gesti”, delle ambizioni personali e non dei sacrifici collettivi e se le cose andranno male ci sarà sempre il conforto di affermare che sarà stata colpa di qualcun altro.

Mesagne, 9 agosto 2022

Giancarlo Canuto

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