Il gusto dello sport è un’epidemia di salute (Jean Giraudoux)
Oggi si concludono i XXXII Giochi Olimpici disputati in Giappone. Premetto di non essere esperto di sport, quindi vorrei solo condividere le impressioni e le emozioni vissute in questi giorni olimpici. Giorni che nell’antichità segnavano la sospensione di tutte le attività belliche… In tempi moderni invece, pare che sia qualcosa di irraggiungibile (secondo le ultime statistiche, attualmente sono in corso circa 70 conflitti in varie parti del mondo…). Se almeno la pausa dall’orrore della guerra è utopica, non lo è la lezione di pacifica convivenza che offre la massima competizione mondiale. La stessa bandiera olimpica ne è l’espressione: cinque cerchi di colori diversi – a indicare gli altrettanti continenti – intrecciati tra loro. Distinti eppure uniti. Sì, perché aldilà delle varie competizioni, con l’emozionante bravura degli sportivi, nelle Olimpiadi lo spettacolo più bello è quello di vedere giovani provenienti da ogni dove, che superano le “differenze” politiche, di colore, di religione, di orientamento sessuale, di provenienza culturale; unicamente per affrontare le competizioni e provare a conquistare l’ambita medaglia. Medaglia che è frutto di innumerevoli rinunce, di impegno, di regole da seguire, di fatiche e di tanto duro allenamento. Parole che sembrano così lontane dai comportamenti della stragrande maggioranza dei giovani (e non solo…). Ci siamo amaramente e pretestuosamente abituati al “tutto e subito”, al facile, al disimpegno, all’apatia del tutto e all’interesse del superfluo. Nel sistema educativo attuale, spesso gli stessi genitori sono colpevoli di assecondare certi atteggiamenti…e se altri educatori (magari a scuola) si permettono anche solo di esortare a maggiore impegno, apriti cielo… Pessimo segnale di questo tempo malato! E anche se non vorrei apparire catastrofico, gli effetti di questa diseducazione porterà conseguenze nefaste nella vita sociale…e il peggio pare essere iniziato già da un po’… Anche qui, i giochi olimpici, rammentano il valore educativo che intercorre tra allievo e maestro, basato sull’autentica volontà di imparare per crescere, rapporto che spesso è innestato in tante piccole realtà locali di palestre e club. Relazione educativa che è costituita anche da momenti “duri”, in cui è il maestro ad affermarsi con forza sull’allievo. Se i genitori degli atleti fossero intervenuti in quei necessari momenti per “difendere” (sic!) i propri figli, certamente non gli avremmo mai visti coronati con l’alloro di Olimpia…
Gli atleti, tutti, ci hanno insegnato quanto sia importante vivere i valori del rispetto, del lavoro di squadra, dell’onestà, del fair play, del mutuo soccorso; che supera anche gli interessi economici (magari degli sponsor) per gustare invece la grandezza del mettersi in gioco.
Una grande testimonianza di umanità, nel mondo che ricerca una perfezione apparente, una meschinità ben truccata, unicamente per non rivelare la mostruosità della realtà. Perché certamente il gusto della vittoria è immenso, soprattutto quando assaporato senza compromessi di alcuna natura o diventando personale “riscatto”; ma anche il perdere può essere una possibilità per migliorarsi. La celebre affermazione del Barone de Coubertin (fondatore dei moderni giochi olimpici, 1896) “…l’importante è partecipare”, vale sempre! E questi atleti c’è lo hanno ricordato in questi giorni con la loro tensione fisica, la concertazione mentale e tanta accorata passione. Anche chi di medaglie non ne ha vinto… Commoventi sono state le immagini di chi, arrivato al traguardo o al termine di una delle tante espressioni di gara, abbracciava il proprio “rivale”, perché la rivalità deve fermarsi all’evidenza. Non tutti possono essere primi, non tutti possono essere i migliori, non tutti salgono sul podio. A tal proposito dovremmo ricordarci quanto sia importante educare (ed educarci) non alla competizione a tutti i costi o alla ricerca della perfezione che schiaccia l’altro. Anche chi perde ha vinto in qualche modo e si deve imparare anche a perdere… Forse la sfida più grande, che questi giovani atleti ci hanno ricordato con tanta onorata evidenza, è quella affrontata e vinta con sé stessi. Tanti di loro hanno dovuto superare infortuni, ingiustizie, paure, storie personali non facili, per poter gareggiare e infine salire prima di tutto su quel podio invisibile che è presente dentro ciascuno. Scrive bene Paulo Coelho: “… i sogni richiedono fatica”.
Tutto questo lo rivivremo ancora tra qualche giorno – se non con maggiore, ma certamente con altrettanta eloquenza – con gli atleti che parteciperanno alle Paraolimpiadi. Credo che non ci sia bisogno di aggiungere altre parole in merito. Al loro cospetto dovremmo non solo tifare, ma tacere, guardare e imparare…a vivere! La loro stessa vita diventa testimonianza credibile nell’affermare che, non c’è ostacolo che possa annullare la volontà di gustare l’esistenza, nonostante tutto… Sono questi gli esempi belli da imitare, rispetto ai tanti e troppi “modelli di cartone” che vogliono affermarsi con orrenda volgarità.
Vedendo il ricco medagliere storico conquistato dagli atleti italiani, non possiamo che andarne grandemente fieri. Vorremmo ringraziarli per averci fatto emozionare, esultare, e “sudare” con e per loro, ma soprattutto per averci fatto sentire, almeno in questa occasione, Nazione unita. Noi italiani che, per troppe storture storiche, sociali e politiche, fatichiamo ancora – a differenza di altri Paesi – ad indentificarci unitariamente, possiamo solo crescere in questo “sentimento” e assolutamente non per rinvigorire nazionalismi pericolosi che – con evidente ignoranza e imbarazzante arroganza – urlano “prima l’Italia”, ma per “sentirci” membri di una più autentica e grande comunità e quindi poter dire semplicemente insieme: “prima di tutto il mondo!”; mondo di cui la nostra bella Italia fa parte e che ne arricchisce stupendamente la già luminosa varietà.
Dunque si spegne il sacro fuoco olimpico a Tokio, in attesa che si riaccenda a Parigi nel 2023, per poter ancora tifare, sognare e “imparare”. Con l’augurio ai nostri campioni, a tutti gli atleti e a ciascuno di noi, di non spegnere la rinnovata consapevolezza nell’affrontare con determinazione la grande “sfida” che è la vita, perché è la più grande. Questa sì che, da soli e in “squadra”, dobbiamo vincerla.
Davide Gigliola
Bellissime parole