Oggi siamo nella fase di applicazione del riordino ospedaliero, una fase cruciale, per certi aspetti anche bruciante, che per altri versi suscita paure o perplessità, specialmente nell’utenza. E su questo è necessario riflettere per fornire un contributo decisivo al fine di garantire il migliore risultato possibile. Va detto però che, per una riflessione non demagogica e, quindi, inutile o pericolosa, la questione del riordino ospedaliero va inquadrata realisticamente, cioè connessa al tema della qualità della sanità pubblica ma anche strettamente legata alle decisioni assunte dai governi centrali e in particolar modo dalle indicazioni provenienti dal Ministero delle Finanze e, in seconda battuta, da quelle assunte dal Ministero della Salute (sic!).

Il quadro di tagli economico-finanziari imposti via via negli anni da quei ministeri ha portato, lo dico brutalmente, a chiudere con un’epoca per certi aspetti felice: questa situazione, di fatto, ha consegnato al passato quei piccoli ospedali, anche mediamente ben funzionanti, in cui le comunità territoriali si riconoscevano, trovando per questo rassicurazione e buoni livelli di assistenza, perlomeno per i problemi di salute più facilmente affrontabili.

La scienza medica però è cambiata, evolvendosi in direzioni sempre più specialistiche (e quindi sempre meno generalistiche) e verso l’utilizzo di strumenti tecnologici di avanguardia, piuttosto difficili da rinvenire nei piccoli e medi nosocomi.

D’altro canto, inoltre, i decenni di sussistenza più o meno onorevole delle piccole e medie strutture, accompagnati da politiche, politicanti, manager e dipendenti a volte non all’altezza e non sempre onesti, hanno procurato importanti deficit di bilancio e ignobili sprechi, oggi non più sostenibili e quindi soggetti a necessaria e urgente razionalizzazione.

Le politiche centrali di progressiva riduzione dei finanziamenti alla sanità pubblica hanno, infine, costretto le Regioni a programmare e realizzare i piani di riordino ospedalieri, oggi in dirittura di arrivo in Puglia e quindi nella provincia di Brindisi.

Qual è il solo obiettivo concreto (e quindi intellettualmente onesto) che le istituzioni possono porsi in questo momento? Certamente quello di assicurare ai cittadini-utenti che gli standard della sanità, negli ultimi anni non del tutto adeguati, possano e debbano innalzarsi; che l’assistenza medica possa e debba essere sempre più puntuale ed efficace; che le liste di attesa possano e debbano accorciarsi, fino a diventare tollerabili; che il malato cronico possa e debba essere curato a domicilio; che la soddisfazione del più importante servizio erogato dallo Stato possa e debba essere conseguita.

Io credo di conoscere molto bene il mio territorio, perchè da anni non perdo occasione per confrontarmi con donne e uomini, con giovani e anziani, con famiglie afflitte dalle malattie, con il personale medico e paramedico e con i sindacati. Da tutti loro ho raccolto esperienze positive e negative e molta angoscia per ciò che il futuro della sanità (che è già dietro l’angolo) può riservarci. Sono paure che capisco e di cui ho provato, nel mio piccolo e rispetto al ruolo istituzionale che rivesto, a farmi carico. Ciò senza cavalcare l’onda emotiva, senza fomentare quei timori, senza illudere legittime aspettative o speranze, comportamento che invece ho clamorosamente riscontrato nelle attività istituzionali di altri soggetti, spesso coinvolti in prima linea nelle scelte talvolta necessarie ma più spesso sciagurate dei governi romani e in particolar modo del Governo Renzi.

Per me non c’è mai stata l’occasione di eccitare le folle e, oggi più che mai, è invece l’occasione di affrontare con ragionevolezza questa fase, che è fondamentale perché potrà determinare una svolta nel miglioramento delle condizioni di cura dei pazienti, una modernizzazione dei servizi, più fluide condizioni di lavoro per il personale sanitario.

Ho notato che, in alcuni Comuni, rappresentanti istituzionali anche illustri hanno promosso la nascita di comitati per la salvaguardia degli ospedali del proprio comune di residenza, non del territorio (!), contraddicendo le scelte del governo che sostengono. In particolar modo, mi riferisco all’onorevole Elisa Mariano: queste prese di posizione hanno alimentato un clima di odio, non ispirando mai soluzioni compatibili agli indirizzi del governo, né alternative sostenibili. Noi, invece, abbiamo provato a discutere della riorganizzazione e della conversione degli ospedali del territorio, mi riferisco alle strutture di Fasano, San Pietro Vernotico e Mesagne, elaborando proposte e coinvolgendo operatori, ricercatori e studiosi dei sistemi sanitari, oltre che gli interlocutori istituzionali, affinché i presìdi che rimarranno senza codice ospedaliero potranno tornare utili al territorio attraverso servizi che rimangono essenziali e che contribuiranno a decongestionare gli ospedali di riferimento.

A dimostrazione di quanto detto, il 14 febbraio, dalle 18 alle 20, i sindaci di Mesagne e San Pietro, Pompeo Molfetta e Maurizio Renna, la Asl e la Regione sigleranno un protocollo d’intesa nel quale verranno resi noti i servizi che entreranno in funzione nei due nosocomi secondo le indicazioni provenienti dal piano di riordino. Infine, non possiamo negare che persistano dei problemi; che non sempre tutto scorre nella giusta direzione; che talvolta il nostro territorio rischia di essere penalizzato: faremo di tutto affinché ciò non avvenga e vigileremo affinché il management Asl applichi in maniera fedele, precisa e puntuale le determinazioni contenute nel piano di riordino.

Toni Matarrelli

Deputato della Repubblica

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