BRINDISI – Una storia senza fine quella del cantiere alle spalle della Fontana Tancredi, in via Provinciale per San Vito.
Questo pomeriggio l’associazione ‘Italia Nostra’, con il suo legale Stefano Latini, una delegazione di Legambiente con Doretto Marinazzo ed alla presenza del consigliere comunale di Brindisi Bene Comune Riccardo Rossi, hanno tenuto una conferenza stampa. Oggetto: la ripresa dei lavori nel cantiere della società EdilMic, dove è in costruzione un palazzo multipiano, proprio a ridosso della Fontana, su via Provinciale per San Vito. E’ da oltre un anno che le associazioni denunciano sia l’illegittimità che l’irregolarità del titolo abilitativo rilasciato dal Comune. E per questo chiedono a gran voce la revoca del provvedimento, forti della presenza di indagini da parte della Procura, oltre che del pronunciamento del Tar di Lecce che definiva l’intervento in oggetto “non conforme alle vigenti norme urbanistico-edilizie”.
Ed infatti, l’avvocato Latini confida proprio nella Procura della Repubblica che, con atti alla mano ed esposti vari di blocco dei lavori, dovrà decidere se assumere un provvedimento di sequestro o meno del cantiere. Il tutto dovrebbe avvenire entro 60 giorni, dopodiché il fabbricato sarà terminato. La Provincia, al momento, sta alla finestra ed attende l’esito delle procedura. Ed il Comune? Secondo ‘Italia Nostra’, l’Ente non avrebbe assunto alcuna posizione in merito e, pare, che non abbia neppure dato seguito alle richieste delle varie associazione che si sono mosse a tutela del Fontana Tancredi.
A spiegare meglio la situazione, ci ha pensato la presidente di ‘Italia Nostra’, Maria Ventricelli: “’Italia Nostra’ – ha dichiarato la Ventricelli – segue con attenzione questa vicenda da 3-4 anni, da quando fu concesso il permesso di costruzione. Ad ottobre scorso iniziarono i lavori e tutte le associazioni si mobilitarono per bloccare il cantiere. Questo è avvenuto nel mese di gennaio, quando la Provincia emise il primo atto. E noi tutte (le associazioni, ndr) chiedemmo al Comune di fare in autotutela una sospensione dei lavori. Cosa che non è avvenuta da parte del Comune – ha spiegato – solo la Provincia sospese i lavori, chiedendo alle parti di produrre documentazione. L’impresa fece ricorso al TAR di Lecce, in cui anche noi ci costituimmo adiuvandum e, in quell’occasione, in TAR rigettò la richiesta della ditta appaltatrice (già il TAR rilevava illegittimità nel permesso di costruzione, ndr). Ad oggi, il Comune non ha prodotto alcuna documentazione ed il cantiere è stato riaperto”. Ma nel contesto emerge anche la Diocesi: “La Diocesi – ha concluso la presidente di ‘Italia Nostra’ – risulterebbe ancora proprietaria del suolo, in quanto aveva su di sé un enfiteusi. E l’enfiteusi può essere tolta solo se affrancata dagli enfiteuti e se questo non avviene, non c’è la piena proprietà. Per cui, quelli che si sono venduti il terreno (gli enfiteuti, ndr) non erano i proprietari; la proprietà è sempre della curia”.
Inoltre, intorno all’area c’è quasi un totale degrado (v. foto). Sono gli stessi abitanti che si lamentano della situazione. Per di più, il monumento è anche meta di turisti e vederlo versare in quelle condizioni barbare non è affatto decoroso per la città tutta.
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Tommaso Lamarina Redazione |