“Totò Riina deve continuare a stare in carcere e soprattutto rimanere in regime di 41 bis”. Lo ha detto il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti che, in un’intervista al Corriere della Sera, ha spiegato che ci sono le prove per dire che il vecchio boss è ancora il capo di Cosa Nostra.

Riina, come è noto, è stato arrestato nel 1993 e condannato a più ergastoli da scontare sotto il regime di carcere duro detto “41-bis”, previsto per chi commette reati di mafia.

Eppure, stante ciò che hanno detto i giudici della Cassazione, la possibilità che Riina possa tornare a vedere la luce del sole, sia pure nella sua abitazione, è concreta.  Un fatto, questo, che ha diviso opinioni e coscienze. Innumerevoli le reazioni sul web da parte di gente comune, ma quelle più indignate si sono avute da Rita Dalla Chiesa, figlia del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano e Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, sindacalista e parlamentare, autore della legge antimafia che porta il suo nome e che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa. Nomi e figure simbolo del tributo di vite pagato alla mafia in Sicilia.




Anche il mondo politico e dell’impegno civile sono insorti a seguito della clamorosa apertura della Cassazione. Tutti concordi su un assunto: non si può accordare una morte dignitosa a chi non ha avuto alcun rimorso e, in seguito, alcun pentimento nell’uccidere persone perbene ma, soprattutto, innocenti, come lo era quel povero bambino fatto sciogliere nell’acido, senza alcuna pietà. Le cure del caso – dicono – possono essere esercitate tranquillamente nell’infermeria del carcere o in un ospedale attrezzato per il 41 bis.

Dal novembre 2015 Riina, oggi 86enne, è ricoverato presso la clinica universitaria di Parma, la città nel cui carcere sta scontando la pena: soffre di problemi cardiaci, è affetto da neoplasia renale e presenta una condizione neurologica del tutto compromessa. Per questi motivi, il suo avvocato ha chiesto un cambio di regime carcerario.

Ma qualora gli venisse accordato, dove finirebbe i suoi giorni il boss di Cosa Nostra? A Corleone, in casa della moglie Ninetta Bagarella o da qualcuno dei suoi quattro figli? E da chi, eventualmente? Da Giuseppe Salvatore, da Giovanni, da Lucia o da Maria Concetta? Difficile che possa essere assistito dai figli maschi; è più probabile che – se la scelta dovesse ricadere sui figli – opterebbe per una delle due donne. Ma Lucia, la più piccola, sembra che viva in Svizzera, dove fa la pittrice. Rimarrebbe, dunque, Maria Concetta, 41 anni, che dal 2012 vive a San Pancrazio Salentino, nel Brindisino, assieme al marito Tony Ciavarello ed ai suoi tre bambini. La loro abitazione si trova in un condominio di quattro piani al centro del paese, a pochi passi dal Municipio.

All’epoca, il trasferimento della famiglia Riina – Ciavarello causò non poche preoccupazioni tra la gente del posto. Il sindaco Salvatore Ripa (che è ancora primo cittadino al suo secondo mandato, ndr) chiese ed ottenne un incontro con l’allora prefetto di Brindisi Nicola Prete per chiedere informazioni ed esprimere i timori della comunità: un fatto, questo, che contribuì ad alzare ulteriormente l’asticella dell’attenzione. Ad oggi, però, ad onor del vero, va detto che la famiglia Riina non ha mai creato problemi in paese.

Tutto cambierebbe se il boss di Cosa Nostra dovesse vedere accolta la richiesta del suo legale e trovare ospitalità proprio dalla primogenita. Possibilità remota? Mica tanto, se si considera che anche la moglie di Riina è anziana e che, se davvero l’intenzione è quella di assicurargli una morte dignitosa, è giusto anche che gliela si assicuri in un ambiente confortevole, in cui ci sia qualcuno che possa assisterlo e che abbia le forze per farlo.

Di certo c’è che, se si dovesse optare per la soluzione San Pancrazio, in paese ci sarebbe una rivolta popolare, per usare un eufemismo: la presenza ingombrante del “Capo dei capi” potrebbe riattivare relazioni criminali con il territorio, troppo ‘permeabile’ ad eventuali riflussi di criminalità.

Pamela Spinelli
Direttore responsabile

4 COMMENTI

  1. MANCAVA SOLO DI INDICARE LA VIA DEL CONDOMINIO NELL’ARTICOLO! Era necessario segnalare la presenza della figlia del boss a S.Pancrazio Salentino? Perché si è fatto? Ma ci si rende conto che i bambini di questa coppia hanno diritto di essere salvaguardati come qualsiasi altro bambino? Perché aizzare e alimentare le paure , la cittadinanza su impossibili e ipotetici trasferimenti del boss da noi? L’articolo trasuda pettegolezzo e provincialismo nonché cattiveria gratuita.

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