BRINDISI – Coinvolge anche un uomo di 54 anni, il caso Cucchi, in cui imputato per omicidio preterintenzionale è il vicebrigadiere Francesco Tedesco. L’uomo è stato rinviato a giudizio per diffamazione ed istigazione alla violenza nei confronti dello stesso carabiniere brindisino.
E’ bene ricordare che il vicebrigadiere Tedesco è indagato, in concorso con altri quattro militari della Benemerita, per la morte di Stefano Cucchi. Le accuse sono quelle di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia. Gli altri quattro soggetti sono i carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, accusati di omicidio preterintenzionale; il Maresciallo Roberto Mandolini (allora comandante della Stazione Appia) e Vincenzo Nicolardi sono, invece, indagati con le accuse di calunnia e falso.
Il 54enne, aveva condiviso sul proprio profilo Facebook una foto con Tedesco in costume da bagno. A corredo dell’immagine, però, c’era la seguente frase: “Questo pompato da porcherie da palestra indossa la divisa, è stato protagonista del pestaggio di Stefano Cucchi, e da intercettazioni telefoniche sembra che ne sia vantato. Ha denunziato Ilaria Cucchi, la coraggiosa sorella di Stefano, per aver pubblicato questa foto. Io sto con Ilaria e la ri-pubblico. Denunciateci tutti”. Il post risale al 5 gennaio 2016.
Come si evince dagli atti, l’uomo di 54 anni (che dovrà difendersi dinanzi al Tribunale per i reati di diffamazione a mezzo stampa, istigazione a delinquere e trattamento illecito di dati personali, il 5 luglio 2018) aveva, con quel post, scatenato l’ira di migliaia di utenti e dato seguito a commenti offensivi e minacce nei confronti del giovane carabiniere brindisino.
Così, Tedesco è stato vittima di un ‘pestaggio’ mediatico e per questo ha sporto circa 1300 querele per diffamazione, depositate dai suoi legali Eugenio Pini del Foro di Roma e Massimo Ciullo del Foro di Brindisi. Contestualmente, gli avvocati hanno chiesto ed ottenuto una proroga delle indagini per ulteriori quattro mesi, finalizzate all’identificazione degli autori dei post offensivi.
Questo è uno dei casi ‘principe’ di quanto il web sia spietato. La magistratura, quella in Tribunale e con un giudice, farà il giusti corso.
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Tommaso Lamarina Redazione |