“Bella figura” di Yasmina Reza

«Quel che conta sono tutti questi contrattempi» si legge nelle indicazioni che introducono Bella figura, ultima drammaturgia di Yasmina Reza uscita per Adelphi. Come già nelle precedenti opere della scrittrice in lingua francese, l’umanità può ben essere riassunta in poche figure – cinque, questa volta: i coniugi Françoise e Eric con la di lui madre Yvonne, e Andrea e Boris, legati da una relazione extraconiugale che rischia di essere scoperta, essendo Françoise amica di lunga data della moglie di Boris. I cinque si incontrano, ovviamente per caso fortuito, nel parcheggio di un «piacevolissimo» ristorante dove i primi hanno scelto di festeggiare il compleanno dell’anziana Yvonne, i secondi di preludere ad una serata ad alto tasso di erotismo (e disperazione).

A cambiare i programmi fin troppo banali dei due gruppi ci pensa la disattenta manovra automobilistica di Boris, il quale investe – fortunatamente senza conseguenze infauste – Yvonne. Da quel momento in poi, messo in moto il meccanismo di reciproco riconoscimento con conseguente colpevole imbarazzo o divertito gusto della sfida, i dialoghi e i gesti dei personaggi abbandonano le rispettive posture inamidate per lasciarsi andare al disvelamento di tutta la fragilità, la disperazione, la violenza e, perché no, la gioia del nostro essere umani. Al diavolo ogni decoro e ossessione del fare bella figura: qui tra champagne e spray antizanzare, tra Xatralan e plateau di frutti di mare, con i protagonisti in bilico tra l’urgenza di separarsi e quella contraria di non smarrire un irripetibile frammento di verità, Yvonne (la senile e un po’ demente Yvonne, così innocente e priva di infingimenti) consegna al lettore l’idea che in fondo le tragedie ci distraggono e ci piacciono incredibilmente; mentre Andrea condivide con lo spettatore il pensiero per cui le piacerebbe, e non poco, avere il potere di fare a pezzi il suo amante. Sarà un compleanno «fantastico» che strappa addirittura l’auspicio di un arrivederci complicatissimo e falso. E quando le risate e quel briciolo di autenticità si allontanano nella notte, resta solo l’amara consapevolezza che «parti alla conquista del mondo con il tuo bell’armamentario. Ti immagini che l’esercito avanzi, e invece sei lì che sfiorisci».

Diana A. Politano

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