Al Verdi l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

Un concerto dedicato alle più celebri musiche d’opera quello che l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai porterà in scena al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi lunedì 27 giugno, con inizio alle ore 21Ingresso gratuito con prenotazione del posto alla pagina rebrand.ly/OSNRai e al numero 0831 229 230 (dal lunedì al venerdì ore 10-12). L’Orchestra, considerata la principale compagine italiana e tra le migliori d’Europa, sarà diretta dal texano M° John Axelrod, una delle bacchette più amate dal pubblico degli appassionati, già allievo di Leonard Bernstein e Ilya Musin. Il concerto è realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura – Direzione Generale Spettacolo.

La serata si apre con la “Sinfonia n. 4 in la maggiore”, op. 90 Italiana”, scritta da Felix Mendelssohn Bartholdy durante il soggiorno in Italia tra il 1829 e il 1831. La “Sinfonia italiana” è una fresca pennellata che più che descrivere l’esuberanza dei colori e dei paesaggi italiani, rende percettibili quelle sensazioni, quegli entusiasmi, quel clima quasi esotico che così profondamente avevano avvinto lo spirito del giovane musicista. In una lettera del 22 febbraio 1831 indirizzata alla sorella Fanny, Mendelssohn scrisse: «La sinfonia italiana fa grandi progressi. Sarà il pezzo più gioviale che abbia mai scritto, in particolare l’ultimo movimento». Dopo la prima esecuzione nel 1833, alla Royal Philharmonic Society di Londra, la “Sinfonia” è stata più volte ritoccata nella partitura da un Mendelssohn insoddisfatto dei risultati ottenuti. Solo dopo la morte del compositore è divenuta uno dei suoi lavori più celebri.

Segue la “Sinfonia” da “Norma”, l’opera in due atti composta da Vincenzo Bellini nel 1831 su libretto di Felice Romani. L’”Ouverture”, o “Sinfonia d’apertura”, racchiude in pochi minuti tutti gli stati d’animo presenti nell’opera, che non rappresentano le condizioni psicologiche dei personaggi ma alcune astrazioni liriche e tragiche. Da subito è evidente la vena melodica di Bellini. Ricca di melodie nobili e ben caratterizzate, l’”Ouverture” è un continuo fluttuare tra atmosfere idilliache, veementi interruzioni, melodie trionfali e regali che si spengono fra le ceneri di incantevoli momenti di tenerezza e celata follia.

Sulla scia di Bellini si colloca la figura di Giuseppe Verdi, sia pure con una maggiore attenzione per la rappresentazione – diretta o metaforica – della realtà storica dell’Italia contemporanea. Le “Quattro Stagioni” sono in origine brani di balletto che Verdi scrisse per la versione francese de “I Vespri Siciliani”, seguendo la moda dell’epoca nel Paese transalpino che voleva che le opere fossero intervallate da intermezzi danzati. L’orchestra propone “L’estate” e “L’inverno”, di cui il compositore francese Hector Berlioz sottolineò l’intensità dell’espressione melodica, la varietà sontuosa della strumentazione, l’ampiezza, la poetica sonorità dei pezzi d’insieme, la forza appassionata e il caldo colorito che accompagna la partitura.

Si arriva così all’”Intermezzo” da “Manon Lescaut”, composta da Giacomo Puccini tra il 1889 e il 1892. Il libretto, tratto dal romanzo di Antoine François Prévost “Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut”, ebbe una difficile gestazione passando fra le mani di più autori. L’intermezzo sinfonico che introduce il terzo atto, popolare e toccante, era inizialmente collocato prima dell’attuale secondo atto. Il fraseggio trasuda febbre d’amore e di vita per una lettura attenta a valorizzare il prezioso strumentale della compagine. “Manon Lescaut” è la terza opera di Puccini ma è considerata la prima della maturità musicale del Maestro. Lo stesso soggetto fu musicato da Julies Massenet e andò in scena all’Opéra-Comique di Parigi nel 1884 riscuotendo successo. Puccini non si preoccupò affatto dell’inevitabile confronto con l’opera di Massenet puntualizzando: «Lui la sentirà alla francese, con cipria e minuetti. Io la sentirò all’italiana, con passione disperata».

Prendono scena i colori timbrici della meravigliosa “Ouverture” da “Guglielmo Tell” di Gioachino Rossini, datata dicembre 1828, così diversa da tutte le altre che il “Cigno di Pesaro” compose nella sua lunga carriera. Il tema in andante del violoncello si sviluppa “dolce” per una ventina di battute allorché un borbottio lontano di tuoni accennato dai timpani porta a un episodio più mosso in cui si sentono i goccioloni, realizzati dalle note staccate dei legni, dell’imminente temporale. Un breve crescendo porta all’intervento di tutta l’orchestra per lo scatenamento degli elementi seguito dal tema pastorale che prelude alla cavalcata dell’”Arrivano i nostri!” che suggella con brillantezza questa spettacolare sinfonia.

Il concerto si conclude con l’”Intermezzo sinfonico” dalla “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni, tra le pagine sinfoniche più intense e struggenti di sempre: una melodia dolcissima che colpisce per la potenza evocativa e il grande afflato lirico che permeano le due sezioni. La prima ricrea l’assolato paesaggio siciliano fondandosi sul quartetto d’archi con un piccolo “lamento” d’oboe, nella seconda gli archi eseguono una grande, passionale melodia all’unisono punteggiata dall’arpa. L’”Intermezzo” è ripreso nel finale del film “Il Padrino parte III”, nel quale sulla scalinata del Teatro Massimo di Palermo si consuma una strage di mafia, e fa da colonna sonora anche alla celebre sequenza in cui scorrono i titoli di testa di “Toro scatenato”, il film in cui Martin Scorsese indaga l’orgoglio e la gelosia degli italo-americani.

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO