BRINDISI -Sarà per la fame di spettacoli che c’è in città, sarà perché un evento del genere non si vede tanto spesso a queste latitudini, fatto sta che il pubblico che ieri sera ha riempito (ancora una volta) il Nuovo Teatro Verdi è andato letteralmente in solluchero davanti al crescente turbinio di emozioni provocate dallo Spettacolo (la lettera maiuscola non rappresenta un refuso) Queen At The Opera, una produzione imponente che ha visto esibirsi sul palco circa 40 performer tra orchestra, band e cantanti.
Partiamo dai cantanti: ci sono voluti due anni e mezzo di selezioni per scegliere i 4 interpreti in grado di reggere una rappresentazione tanto originale quanto complessa. Vedendo il risultato, si può affermare senza tema di smentita che l’elaborata ricerca ha portato i suoi frutti.
Davvero impressionante la qualità espressa da Roberta Orrù, nel 2013 vista sul piccolo schermo nella trasmissione The Voice, dove, giusto per fornire le coordinate del personaggio, si presentò alle audizioni portando il pezzo di Anastacia “Paid my dues”. Bene, la cantante di origini sarde ha “divorato” il palco, mettendo in mostra tanta grinta ed una spiccata ecletticità: è infatti passata con disinvoltura dalle note rockeggianti di “I Want It All” a quelle da soprano di “Barcelona” e “Bohemian Rapsody”. Proprio l’incredibile performance offerta nell’interpretazione di “Barcelona”, in coppia con l’anima più rock della serata, ovvero il cantante Jordan Trey, ha mandato in visibilio il pubblico, che ha interrotto il concerto attribuendole una lunga e meritata standing ovation.
Molto bene tutte le coppie, i terzetti, i quartetti e gli assoli susseguitisi nella serata, con l’altro cantante di punta, Luca Marconi (per lui una importante partecipazione da protagonista nel musical ‘Notre Dame The Paris’), che ha messo in mostra la sua plasticità vocale, molto adatta ai musical e risultata di conseguenza estremamente efficace sulle note più melodiche dello spettacolo.
Si è rivelata una piacevole sorpresa anche Valentina Ferrari, apparsa a suo agio nel ruolo di solista, dove viene fuori la sua vena malinconica, ma anche nei pezzi più ‘energici’, grazie alla sua potenza vocale e ad un timbro graffiante.
A fare da contorno (e che contorno!): una band di 4 elementi, composta da due bassisti , un batterista ed un pianista/batterista; un’orchestra sinfonica di 26 elementi diretta dal maestro Luca Bagagli.
Il particolare sound prodotto dall’orchestra è emerso in maniera prepotente nei brani più lenti e melodici dello sconfinato repertorio dei Queen, regalando atmosfere trasognanti in concomitanza dello splendido arrangiamento del brano “Who Wants To Live Forever”, così come del brano “Barcelona”; tale sound, invece, è stato coperto (forse) eccessivamente in occasione dei brani più rockeggianti della band inglese.
Lo spettacolo, dicevamo, ha vissuto un crescendo rossiniano: la prima fase è stata dedicata alle canzoni meno popolari dei Queen, mentre nella seconda parte sono stati sciorinati tutti i grandi successi, prestando massima attenzione a non “scimmiottare” le versioni originali, a non scadere in mere cover, ed a privilegiare, anzi, l’originalità nell’interpretazione e negli arrangiamenti.
Così, tra momenti di magia musicale ed altri di pura adrenalina, il pubblico brindisino, per una sera, è stato catapultato in un’altra dimensione, respirando una inusuale aria di internazionalità, attestata dalle 30 tappe tedesche – ed altrettante in giro tra Spagna e Portogallo – che attendono nei prossimi mesi questa straordinaria produzione.
God save the Queen… ed i “Queen At The Opera”.
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Andrea Pezzuto Redazione |