È da poco uscito in libreria un nuovo volume di racconti tematici a firma degli autori più amati dell’editore Sellerio: Giménez-Bartlett, Malvaldi, Manzini, Recami, Robecchi e Savatteri scrivono infatti i racconti di Viaggiare in giallo. L’elemento del viaggio, già fortemente consolidato nella sua funzione di espediente narrativo, si presta con originalità a essere declinato alle ragioni, ai ritmi e alle situazioni che danno impulso alle sei storie.

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A condurci lontano dai luoghi e dai percorsi abituali sono i personaggi ormai nel cuore di molti lettori: tra gli altri, i vecchietti del BarLume di Malvaldi, Rocco Schiavone di Manzini, il «disoccupato di successo» di Savatteri o i detective per caso di Robecchi. Tutti alle prese con un viaggio, dunque (e poco importa se sia determinato dal pretesto di sottrarsi alla festa che commemora l’anno di fondazione della Polizia di Stato, o che esso rappresenti il premio per essere stati il milionesimo cliente al centro commerciale di Castelvetrano),  tutti quanto sono costretti a dover fronteggiare, insieme al viaggio, l’imprevisto di un delitto, di un furto, di una scomparsa. Il respiro dei racconti (nei quali non manca mai spazio per l’ironia, e per un sorriso che si disegni sulle labbra) si fa ampio, aprendosi in taluni casi a una dimensione internazionale (Praga diventa scenario di una spy story tutta centrata su un misterioso file con i codici d’accesso alle sequenze di DNA), o si richiude nel claustrofobico tubo metallico di un Frecciarossa – teatro di un furto che costerà la vita alla vittima –, secondo uno degli schemi più classici del giallo: il luogo angusto e senza scappatoie, in cui tutti sperimentiamo la transitoria dualità dell’innocenza e della colpevolezza. Sono viaggi in cui gli sguardi si fanno più acuti e più chiari sul mondo, ma che sin dal principio contengono l’idea del ritorno, il momento in cui ci si ritrova più ricchi e consapevoli del senso della partenza – o anche solo della certezza, come pensa un personaggio, di voler «salire più su un pullman per tutta la mia vita».

Diana A. Politano

 

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