Stefania Argentieri: il cuore a servizio della musica – di Sebastiano Coletta

Un’ostinata ricerca della libertà attraverso la più intima espressione dell’animo umano. E’ il “geist” (in tedesco “spirito”) romantico, colto, tra gli altri, da Schumann e Chopin, che lo scorso 2 dicembre sono tornati idealmente in vita per il tempo di un concerto. La brindisina Stefania Argentieri ha dato prova, l’ennesima, di una sensibilità inconsueta, corroborata dall’energia gentile delle mani sulla tastiera del pianoforte. Dolcezza e vitalità, malinconica tenerezza e ardore impetuoso, sono gli ingredienti giusti per immergersi nel mondo fantastico del Carnaval op. 9, che Robert Schumann scrive nel 1834-35. Spicca soprattutto il dialogo, presente in tutta la produzione schumanniana, dei due alter ego del compositore, Eusebio e Florestano, dove la timidezza del primo si alterna al fuoco passionale del secondo, in una “Lega dei fratelli di Davide” – cosi Schumann definisce il romanticismo – contro i conservatori e accademici “filistei”, che rifiutavano le innovazioni romantiche in virtù delle ormai stantie forme classiche. Immaginiamo una scena carnascialesca, un ballo che si fa, in realtà, specchio del “volk”, il popolo, la cui cultura era tanto cara ai romantici.

Stefania Argentieri in concerto

Nel Carnaval, a un’introduzione quasi fastosa segue una rassegna di maschere tradizionali come Arlecchino, Pierrot, Pantalone e Colombina. Ma ci sono anche personaggi della contemporaneità di Schumann: Paganini e Chopin. Non è raro nella storia delle arti trovare in un’opera riferimenti e tributi a personaggi omologhi. Come non ricordare Raffaello e la sua “Scuola di Atene” nelle stanze dei Palazzi Apostolici, a Roma, dove un pensoso Eraclito ha il volto di Michelangelo, mentre in Platone riconosciamo un chiaro omaggio a Leonardo da Vinci. La Argentieri ha sottolineato con naturale eleganza la “variatio” tematica, il cui schema Schumann fa risalire al nome della città di Asch, caro per motivi sentimentali ma soprattutto di natura tecnica: su quelle lettere Schumann basa, infatti, le diverse tonalità dei personaggi. Stati d’animo chiaroscurali, brevi e intensi, prendono forma sullo spartito come nuvole che s’inseguono nel cielo del pathos. Un autore caleidoscopico, che si rifugia ora nei meandri della fantasia, ora nei ricordi d’infanzia e cerca di comprendere il significato più vero della natura, che Schelling, in opposizione al pensiero fichtiano, diceva essere il prolungamento dello spirito, fonte dell’ispirazione incorporea, destinata per Schumann a svanire nell’abisso dell’infinito.

Stefania Argentieri in concerto

Stefania Argentieri ha inteso perfettamente l’angoscia esistenziale di Schumann dietro le maschere del carnevale, la sua tensione “ad infinitum”, non scevra dal lirismo sentimentale profondo che, per esempio, dedica alla moglie Clara nel meraviglioso Intermezzo del “Faschingschwank aus Wien” (Carnevale di Vienna) op. 26, eseguito dalla Argentieri come bis. Dall’aspirazione romantica schumanniana alla perfetta incarnazione dello spirito in Friedrich Chopin. Con la Ballata n. 4 in Fa minore, la Argentieri sembrava sublimare con sincera emotività espressiva all’indipendenza stilistica del polacco, in un legame spirituale fortissimo e commovente, che andava ben oltre l’auditorium dell’Istituto professionale brindisino “Morvillo-Falcone”, interrotto solo dal respiro. E’ lo stesso Schumann, amico di Chopin e dedicatario della Ballata n. 2, a raccontarci in una recensione la natura di queste quattro composizioni per pianoforte, tra cui la n. 4 appare, in un certo senso, una summa della poetica chopiniana. Sul fatto che le ballate siano state motivate, anche indirettamente, dalle composizioni omonime del “bardo” Adam Mickiewicz, si è a lungo discusso. In realtà ciò che più unisce i due è il forte patriottismo, causa di sofferenza in Chopin, costretto all’esilio da una terra che amava e che continuerà a rievocare fino alla morte con nostalgico e infinito amore di figlio. La voce di Chopin è un sussurro che, all’improvviso, si fa grido irredentista (“Le opere di Chopin sono cannoni sepolti sotto i fiori”, diceva sempre Schumann), un sogno dolcissimo e malinconico che sfocia nella tragicità del reale. Rapito dall’incantevole e deciso tocco di Stefania Argentieri, il pubblico ha ascoltato l’Andante Spianato et Grande Polonaise brillante op. 22 che ha concluso il concerto, nell’ambito della longeva rassegna “BrindisiClassica” promossa dall’associazione musicale “Nino Rota”, molto attiva sul territorio. Una sfida certo difficile, avvicinare i cittadini alla musica, che non scoraggia l’infaticabile Silvana Libardo, una di quelle persone positivamente testarde che non si possono non stimare. L’accostamento dell’Andante spianato, morbido, sentimentale, con la vivacità della Polacca, esprime al meglio la natura di Chopin, la sua più intima ricerca della libertà, stilistica e morale, mediata dal pianoforte. Il suo strumento. Nella disperazione e negli affanni quotidiani, la musica, pensava Chopin, è voglia di esserci, ricordo, illusione meravigliosa. Sì, in fondo la felicità è solo un’illusione, eppure ci permette di superare il dolore dell’esistenza. Scegliere di danzare, scegliere la vita, sempre: è questa la forza della musica, da cui dobbiamo lasciarci travolgere senza paura. Stefania Argentieri, che, alla tecnica ineccepibile e al talento raffinato e prezioso affianca un gran cuore – ciò che davvero conta -, è un bucaneve che annuncia la “primavera” in una città, Brindisi, che, siamo certi, tornerà presto a essere un porto di cultura e di vita.

Sebastiano Coletta 

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