Security portuale: ricorso in appello contro l’assoluzione del Presidente dell’Authority Patroni Griffi e degli 7 altri imputati

Il 12 settembre scorso, il Pubblico Ministero Raffaele Casto ha presentato un ricorso in appello contro la sentenza di assoluzione di tutti e otto gli imputati, compreso il presidente dell’Autorità portuale Ugo Patroni Griffi, nell’ambito dell’inchiesta sui presunti abusi edilizi relativi alle opere di security nel porto di Brindisi.

Nel suo ricorso, il magistrato chiede alla Corte di appello di Lecce di condannare tutti gli imputati, dichiarandoli colpevoli dei reati loro ascritti. Inoltre, il pm chiede il ripristino del sequestro delle cose restituite che risultino ancora pericolose o potenzialmente pericolose per l’incolumità pubblica e privata e/o costruite su area di sedime non compresa nella zona portuale di Brindisi o su aree sottoposte a vincolo paesaggistico e/o archeologico.

La sentenza di primo grado, emessa il 13 aprile da un giudice monocratico, aveva assolto tutti gli imputati, ritenendo le accuse “infondate e artificiose”. Tuttavia, il Pm Casto contesta tale decisione, sostenendo che la sentenza sia viziata da errori di procedura e di applicazione delle leggi.

Il nodo centrale del ricorso sembra riguardare la natura del Piano regolatore portuale di Brindisi e se esso costituisca uno strumento di pianificazione urbanistica. Casto fa riferimento ad una sentenza del Consiglio di Stato che stabilisce che i piani regolatori portuali, come quello di Brindisi, non hanno effetto di conformazione del territorio. Tuttavia, il pm ritiene che questa sentenza sia stata trascurata nella decisione di primo grado.

Il magistrato contesta anche un presunto errore nel giudizio riguardante l’accusa di lottizzazione abusiva nei confronti di alcuni degli imputati, “poiché alcuni degli odierni imputati sono imputati, sì, della contravvenzione di lottizzazione abusiva, ma in altro procedimento”. Questo – scrive Casto – “offre un chiaro segno di come siano stati letti gli atti del processo e di come sia stato possibile giungere a giudizi assolutori per insussistenza dei fatti”.

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