Punta delle Terrare, il Riesame dà ragione all’Autorità Portuale. Disposto il dissequestro della strada e delle opere

BRINDISI – Il Tribunale del Riesame di Brindisi ha annullato il decreto di sequestro preventivo, adottato dal Gip del Tribunale di Brindisi in data 22.08.2018, ed ha conseguentemente disposto la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto, ovvero l’Autorità di Sistema Portuale, che si era vista porre sotto sequestro opere rientranti nell’area “Le Terrare” in quanto, secondo l’assunto accusatorio, sarebbero state realizzate illecitamente.

Si tratta nello specifico dell’ampliamento di una strada (denominata ex-Sisri, che collega il terminal di Costa Morena a quello di Sant’Apollinare), della realizzazione di un muro adiacente, di un ponte e di una pensilina in area demaniale concessa in comodato d’uso all’Autorità Portuale. In particolare, riguardo la strada gli inquirenti avevano accertato che la stessa andava ad interessare un’area gravata da vincolo archeologico per la quale non era stata rilasciata apposita autorizzazione paesaggistica, mentre rispetto alle altre opere, le stesse sarebbero risultate difformi rispetto a quelle previste nel progetto e prive dei necessari titioli edilizi.

All’udienza camerale, la Difesa ha presentato memoria, con relativi allegati, nella quale sono state articolate le seguenti censure:

-Irrilevanza dell’assenza del titolo edilizio abilitativo, poiché le opere in parola sarebbero assentite ex l. n. 84/94;

-Tutte le opere realizzate sono state opportunamente dedotte nel progetto esecutivo, munito dei vari pareri favorevoli o atti equipollenti adottati dal Consiglio LL PP, dal Ministero dei Trasporti, dalla Regione, poiché facenti parte del piano di ammodernamento ed ampliamento del Porto di Brindisi, avviato sin dal lontano 2008;

-Insistenza o quantomeno mancata conoscibilità del vincolo archeologico insistente sulla particella 20, atteso che il decreto ministeriale, con cui tale vincolo è stato previsto, non è mai stato trascritto nella Conservatoria dei Registri Immobiliari;

-Liceità del materiale, derivante dal riciclo di inerti, impiegato per il tratto stradale in questione;

-La tettoia è oggetto di previsione di un distinto progetto, diverso da quello preso in considerazione dal PM, ed è stata oggetto di accertamento di compatibilità paesaggistica;

-Illegittimità del sequestro, poiché avente ad oggetto un bene demaniale sottratto alla fruizione della collettività ed agli usi a cui è istituzionalmente destinato, per altro in virtù di un contegno (asseritamente illecito) neppure assunto da un privato;

-Inesistenza del maggior carico urbanistico, perché anzi, proprio il sequestro in parola ha determinato una congestione del traffico nelle aree circostanti.

Il Tribunale del Riesame ha ritenuto fondate le suddette censure dell’AdSP, di fatto smontando il periculum in mora ravvisato dall’accusa e sostenendo l’insussistenza del fumus commissi delicti.

In particolare, il Tribunale del Riesame ha asserito che le opere in questione, essendo state realizzate da un soggetto pubblico, integrano la fattispecie dell’art. 7, comma 1, lett B), d.p.r 380/2001, il quale esige solo l’accertamento di conformità alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, da effettuarsi nelle forme di cui al d.p.r. 383/94. Nessun titolo abilitativo, dunque, sarebbe richiesto in tale fattispecie, ma solo l’accertamento di cui sopra. L’aspetto da verificare, secondo il Tribunale del Riesame, è dunque solo la legittimità dei procedimenti amministrativi previsti dal d.p.r. 383/94 (da applicare in combinato con il d.p.r. 380/2001).

Orbene, in merito ai lavori di ampliamento della suddetta strada, tutto l’iter sarebbe stato rispettato, in quanto il progetto definitivo, che prevedeva la variante con interessamento dell’area a vincolo archeologico, è stato approvato in conferenza dei servizi ed anche dalla Soprintendenza nel 2012. Inoltre, in merito al vincolo archeologico, essendo stato sì previsto dal D.M. del 1985 ma poi mai riportato nella Conservatoria dei Registri Immobiliari, non poteva essere conoscibile dall’Autorità Portuale ma neppure dalla Soprintendenza, che infatti mai aveva fatto menzione del suddetto vincolo.

Riguardo il materiale utilizzato per l’ampliamento della strada, secondo l’accusa differente da quello previsto nel progetto, esso è riveniente dal riciclo di inerti mentre quello previsto in progetto era misto granulare, materiale quest’ultimo – secondo il Riesame – comunque considerato equiparabile a quello aggregato riciclato.

Per quanto concerne la pensilina, invece, il Riesame ha sostenuto che essa fosse oggetto di un progetto diverso rispetto a quello della strada, dal che ne deriva l’impossibilità di contestare la difformità rispetto al progetto esecutivo e definitivo.

Infine, la mancata presenza del muro di contenimento, pur oggetto di sequestro, si spiega – secondo i giudici – per via del fatto che proprio la riduzione della strada in sequestro ne aveva reso inutile la costruzione.

Per tutto quanto riportato, il Tribunale del Riesame ha considerato insussistente il fumus commissi delicti alla base del sequestro preventivo e venute meno le doglianze relative al periculum in mora, e di conseguenza ha annullando il decreto di sequestro preventivo.

 

Andrea Pezzuto
Redazione

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