Martedì 22 maggio presso la Casa del Popolo di Brindisi si è svolto l’incontro “Perché NO al decreto Martina”, durante il quale si è avuto un sentito ed approfondito dibattito sugli effetti che questo decreto, sommato alle misure già prese (come le eradicazioni), avrà sul territorio: sul suo ambiente e la sua agricoltura prima di tutto, ma anche sulla sua economia, sulla società e la sua capacità di attrattiva turistica.

Abbiamo raccolto le adesioni all’appello contro questo decreto sul quale abbiamo chiesto ai candidati sindaco di Brindisi di esprimersi. Al dibattito solo Ferruccio Di Noi (Impegno Sociale) è intervenuto ed ha firmato la petizione, Gianluca Serra(M5s) e Massimo Ciullo(Noi con l’Italia) si sono espressi sulla nostra pagina FB.

Non pervenuti quindi Riccardo Rossi e Roberto Cavalera.

Nel dibattito si è subito evidenziato che non c’è conferma scientifica all’ipotesi che il Complesso di Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) sia dovuto alla Xylella Fastidiosa, ma le misure legislative prese sino ad ora si basano proprio su questo assunto.

Nonostante siano stati finanziati dalla regione Puglia e da altri enti decine di studi sull’argomento, non è stato ancora pubblicato nessun articolo su riviste scientifiche accademiche che dimostri il legame tra batterio e disseccamento (affinché un articolo abbia valore riconosciuto dalla comunità accademica, prima della pubblicazione deve essere sottoposto alla valutazione di altri scienziati esperti dell’argomento. Sin quando uno studio non supera questa revisione e non viene pubblicato da una rivista di alto profilo, non è considerato attendibile).

Anzi secondo i dati forniti dalla Regione Puglia sugli oltre 30000 prelievi su alberi affetti da CoDiRO, solo sul 2% di questi è stata rilevata la presenza di Xylella.

Inoltre nelle campagne di Cisternino ci sono alberi dichiarati infetti, ma che dopo oltre un anno continuano a vegetare.

Nonostante questo, il governo impone l’obbligo di quattro trattamenti chimici all’anno su tutto il territorio agricolo compreso tra l’Adriatico e lo Ionio e da Martina Franca, Locorotondo e Fasano fino al Capo di Leuca. Il primo trattamento deve essere effettuato subito, il secondo entro agosto. L’intento dichiarato nel decreto è quello di far scomparire il batterio della Xylella.

Ma quali saranno i veri effetti di queste misure? Possono davvero risolvere il problema? A quale costo?

È importante sottolineare che il decreto Martina riguarda tutte le piante che possano ospitare il batterio, tra questi ci sono, oltre gli ulivi, anche rosmarino, salvia, lavanda, alloro, oleandro, mandorlo, susino ….

Praticamente ogni terreno agricolo sarà soggetto ad i trattamenti previsti nel decreto.

È difficile prevedere quali conseguenze si potranno avere sull’ecosistema, sull’agricoltura e sulla salute di chi abita nelle zone interessate. Anche l’ordine dei medici di Lecce ha espresso preoccupazione sulle conseguenze a lungo termine sulla salute degli abitanti delle zone interessate. Le sostanze usate si diffonderanno sui terreni e quindi nella falda interessando una zona ancora maggiore e rimanendo nell’ecosistema anche per lungo tempo.

Ma già un primo effetto si è avuto ed è quello di ridurre il valore economico dei terreni ed aumentato i costi di gestione. Questo ha già portato molti contadini a decidere di vendere i terreni e c’è il rischio sempre maggiore di ritornare ad un accentramento dei terreni agricoli nelle mani di pochi oligopolisti che assumeranno quindi il controllo delle produzioni agricole nella Puglia meridionale. Spesso i piccoli terreni hanno permesso la sussistenza di intere famiglie e sulle piccole produzioni si fonda anche un’economia di dono e di scambio, che aiuta a mantenere vivo il connettivo sociale delle comunità dei paesi.

Al posto degli alberi eradicati è permesso piantare specie olivicole, come la Favolosa, considerate immuni alla Xylella, ma adatte ad impianti intensivi e super intensivi. Si tende, cioè, a sostituire i monumentali oliveti secolari con impianti di alberelli piccoli e molto serrati tra loro. Questi impianti intensivi hanno bisogno di molte cure con insetticidi, pesticidi, diserbanti, concimazioni ed irrigazioni, per fornire un olio di qualità molto più bassa rispetto a quello che si può ottenere dagli antichi uliveti. Inoltre hanno un tempo di vita di circa di 15 anni, poi si abbassa la produzione e vanno tolti per realizzare un nuovo impianto.

Ma oltre ad un abbassamento della qualità del prodotto, si deve tenere conto anche della trasformazione del paesaggio, che è una delle attrattive del nostro territorio verso i turisti. Potete immaginare dei turisti passeggiare in mezzo a stretti filari di alberelli bassi?

Inoltre il turismo gastronomico è una delle offerte più attraenti del nostro territorio. Un turista desidera mangiare prodotti freschi e genuini, sarà ancora attratto dal Salento e dalla Valle d’Itria dopo il decreto Martina?

Ma, pur considerando il costo enorme che queste misure avranno, possiamo, almeno, sperare che possano essere efficaci? In realtà, basandoci su quanto affermano gli stessi decisori che hanno stabilito queste azioni, possiamo dire con certezza di no. Secondo i ricercatori che hanno stabilito quali azioni intraprendere la Xylella viene diffuso dal l’insetto della sputacchina che si può spostare facilmente anche grazie all’uomo; possiamo trasportarlo, per esempio sui vestiti o sull’auto dopo essere stati in campagna e permettergli così di percorrere molti km. Come si pensa di poter controllare un vettore così mobile? Si ipotizza che la Xylella sia arrivata dall’America, tanto per indicare quanto, secondo gli stessi esperti che ora vogliono estirparla da Salento e Valle d’Itria, possa muoversi facilmente il batterio. Inoltre la tecnica dell’espianto dove è stata applicata non ha dato risultati.

Cosa si potrebbe fare, allora?

Ci sono sperimentazioni che tentano di recuperare piante infette e date per ormai irrecuperabili e che stanno invece riprendendo a vegetare. Si è anche notato che gli oliveti coltivati secondo metodi biologici sono molto meno colpiti di quelli a coltivazione tradizionale.

Dobbiamo opporci ad operazioni con pesantissimi impatti ambientali e socio-economici, che rischiano di distruggere non solo le coltivazioni, ma la cultura e le tradizioni che le accompagnano e le comunità collegate. Operazioni che portano ad accentrare ancora di più ricchezze e controllo dei sistemi di produzione.

Bisogna lottare perché questa sia l’occasione, invece, perché l’agricoltura torni ad avere l’attenzione che merita come sistema sociale, strumento culturale e volano economico; che i piccoli produttori con le loro competenze e le loro reti sociali non solo possano resistere, ma rafforzarsi; che si ricerchino e si incentivino metodi di coltivazioni sempre più compatibili con l’ambiente e positivi per la salute e la qualità di vita sia di chi lavora in campagna, che di chi ne mangia i prodotti.

Potere al Popolo Brindisi

 

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