POLITICALLY SCORRECT – di Gabriele D’Amelj Melodia

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Ieri sera, a “Di martedì”, il professor Luciano Canfora ha provato a giustificare la sua ormai celebre  offesa nei confronti di Giorgia Meloni (“È oggettivamente neonazista nell’anima”) ricorrendo a una sofisticata arrampicata sui colti specchi del sapere. Purtroppo, non essendo l’uomo ragno, è scivolato giù verso il fondo di un’imbarazzante figura a metà tra il patetico e il ridicolo. L’emerito ha sostenuto che il suo durissimo giudizio su Giorgia affonda nelle radici dell’Es freudiano, richiama echi lucreziani e si nutre del Verbo divulgato dal Tocqueville. Per queste ragioni, a suo dire, non lede la dignità e l’onorabilità della destinataria di quel netto, pesante giudizio.  Insomma,  l’elitario prof fa intendere che se l’offesa è portata da un intellettuale intriso di profondo background, proprio in ragione di ciò, non si configura come reato. Ergo, se la stessa frase fosse stata pronunciata da una casalinga o da un camionista, hailoro mediamente ignoranti, allora sì che si sarebbe delineato il reato di diffamazione! Caro Luciano, le parole sono importanti! E questo vale per tutti. Il metro egalitario ti sembrerà discriminatorio, eppure è il sale della democrazia. Lo scrive pure Alexis de Tocqueville.

                                                                          Gabriele D’Amelj Melodia

Foto Credit: https://www.facebook.com/p/Il-dubbio-100064756144236/?locale=nb_NO&paipv=0&eav=AfYcv21hxfij1W0GOPyeNGvGLRQefadBt2EKbMGw4z_EIOTie_ryE3ixBOa9BSpV1kc&_rdr

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3 COMMENTI

  1. Il mio emerito collega si è lasciato trascinare dal suo carattere. Non è possibile ricorrere a dotte disquisizioni per giustificare una scivolata del genere. Una cosa è il giudizio politico sulle cose che un politico sostiene , altra questione più delicata passare sul piano caratteriale cosa che a me interessa molto meno delle prese di posizione sui temi della guerra e sul massacro di inermi e innocenti. Certo la Meloni non mi pare animata da grande passione libertaria, ma Canfora è molte volte troppo ruvido nei suoi giudizi e forse ha sbagliato questa volta

  2. Nelle “querelle” politiche sarebbe davvero auspicabile che si ricorresse il meno possibile alle querele per diffamazione. La “vis polemica” nel dibattito pubblico tra avversari politici trae la sua vitalità e si basa sulla garanzia della libertà di espressione. I contendenti devono sentirsi liberi di poter esprimere senza censure giudizi su atti e affermazioni altrui. Senza timore di una possibile sanzione come cappio. Guai se così non fosse. Il dibattito sarebbe snaturato ed edulcorato. Ma questo non vuol dire che tutto sia accettabile. Nello scontro politico va assolutamente evitata la demonizzazione dell’avversario. Etichettare linguisticamente come un “nemico” o “male assoluto”, equivale a snaturare il vero senso della discussione politica. Diviene di fatto una richiesta di sottomissione alla pretesa e dichiarata superiorità culturale e politica dell’accusatore. In sostanza, se si demonizza l’avversario, lo si delegittima anche come proprio interlocutore politico. In simili circostanze appare legittimo il ricorso alla querela per diffamazione contro coloro che utilizzano questo tipo di termini. Insomma c’e’una grande differenza tra una querela contro un’idea o un concetto espresso come critica e una per un insulto ricevuto.

  3. Ringrazio entrambi gli intervenuti per aver espresso opinioni scevre da pregiudizio e ricche di contenuti saggi ed equilibrati. Il dibattito, non solo politico ma culturale in genere, dovrebbe sempre essere basato su principi logici ispirati al più autentico principio di libertà di pensiero. Solo così il confronto diventa arricchimento, dialettica, positiva, esercizio di democrazia.

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