Magno (PRI): “La ‘Grande foresta orientale’ dell’Ass. Borri: affascinante ma populista ed incoerente”

Per curiosità scientifica ho partecipato ieri al convegno/tavola rotonda indetto dall’Assessore all’Urbanistica Prof. Borri in merito alla proposta avanzata di realizzare nell’area SIN agricola e quindi ad oriente della città, una Grande foresta orientale”; il fine, a detta dei rappresentanti della giunta Rossi, è quello di migliorare l’assetto paesaggistico attuale, incrementare la superficie boschiva e, in particolare, intervenire sulla bonifica dei “suoli” contaminati attraverso la metodica della “fitodepurazione”.

Ammetto il “fascino” che una tale proposta può indurre nei cittadini e riconosco di essere stato incuriosito e per un attimo attratto dall’idea, a prescindere dalla paternità che altri si attribuiscono; da ciò la partecipazione al convegno nel ruolo di uditore degli interventi programmati che, nel complesso, costituivano un buon livello.

Ammetto anche di aver partecipato con buona dose di scetticismo, non politico, ma solo frutto delle esperienze scientifiche acquisite nel campo della “fito e/o bioremediation”; il “sospetto” della irrealizzabilità dei tre obiettivi richiamati si è andato concretizzando nel corso degli interventi ed in particolare di quelli dei professionisti, di certo i più vicini al mondo reale delle applicazioni della “fitodepurazione” in agricoltura.

Ed allora, partendo dal presupposto che nell’area agricola inserita nel SIN (Sito di Interesse Nazionale) ARPA ha sciorinato le incredibili, già note e diffuse contaminazioni che la matrice suolo presenta quali Stagno, Berillio, Arsenico, oltre a Vanadio e Cobalto in via minoritaria e Rame, Cadmio, Mercurio e Nichel in via sporadica, nonché pesticidi clorurati (predominanti nel top-soil e nell’intervallo compreso tra 0 e  1 metro), la domanda che viene spontanea è: può una “grande foresta” essere in grado di effettuare una bonifica dei suoli contaminati?

La risposta non può essere che negativa! E’ come nascondere lo sporco sotto il tappeto!!

La “foresta”, come intesa dall’Assessore Borri, impiegherebbe 40-50 anni per essere definita tale e, se pur affascinante nell’ipotesi di reimpianto di “quercie da sughero”, non risponderebbe all’obbiettivo della “fitodepurazione” non essendoci studi in merito; oggi solo il “pioppo” ha capacita di “sequestro” (chelazione) di metalli pesanti, ma non è un albero sempre verde e le foglie riconducono sul suolo i metalli arrivati nell’apparato fogliare. In più non si tratta di  una essenza arborea autoctona.

Si facciano pure le “foreste” con essenze autoctone, ma limitandole a particolari aree quali: i versanti del bacino dl Cillarese (proposta di ASI); l’area intorno a Fiume Grande; i 7 ettari di proprietà del Comune; le aree espropriate dal comune per la realizzazione di una tratta ferroviaria ed oggi abbandonate (questo sarebbe interessante anche per la funzione di “corridoio ecologico” da collegare a quelli esistenti).

Comunque si chiedano, Borri e Rossi, per quale motivo non è stata realizzata la “barriera arborea” prevista ai margini del nastro trasportatore, pur avendola Enel finanziata con ben 6 milioni di euro?

Resta però positiva l’iniziativa e l’intento di porre rimedio ad una contaminazione del suolo che tanti danni ha prodotto al comparto agricolo dell’area SIN ed alla salute dei cittadini che hanno partecipato al “ciclo di vita” delle colture prodotte nell’area; mi chiedo, guardandomi un attimo indietro, quanti altri danni si sarebbero prodotti in quest’area agricola se non fosse stata inserita, dal Ministero, nella tanto vituperata “perimetrazione” del SIN ?

La grande disponibilità di recenti risorse finanziarie (Contratto Di Sviluppo) permette di traguardare, razionalmente e con la dovuta competenza, alla concreta possibilità di porre in essere progetti in gradi di “bonificare” la matrice “suolo”, rilanciare il comparto agricolo della zona, creare posti di lavoro e migliorare l’attuale aspetto “paesaggistico” dell’area del Parco delle Saline e di Punta della Contessa.

A tal proposito, può essere utile rammentare l’idea progettuale presentata nel 2011 sul programma comunitario “LIFE PLUS” (identificato come SEC/2011/00611) dal titolo “compost vs/desertification”, sottoscritto dallo scrivente nella funzione di ideatore e responsabile del progetto ed a seguito di un “protocollo d’intesa” fra Legambiente, Confagricoltura, CIA, Coldiretti, Confcoperative ed una new-co. orientata alla realizzazione di un impianto di “compostaggio”.

In sintesi il progetto prevedeva che tutto il “compost di qualità” prodotto dall’azienda venisse utilizzato per “ammendare” circa 450 ettari di terreni del Parco, abbandonati all’uso agricolo; questo progetto si articolava in:

  • spandimento dell’ammendante prodotto da “compost di qualità”, proveniente da rifiuti organici FORSU;
  • semina di colture arboree a ciclo breve (Short Rotation Plants) capaci di possedere anche un buon grado di bio-accumulo di metalli pesanti ed organici (con fitoestrazione e fitode-gradazione) e di ricostituire un livello “umico” in grado di proteggere il suolo dalle azioni desertificanti (oggi vi è specificità fra essenze e tipologia di metallo estratto);
  • Riutilizzo di tali colture arboree come “cippato” (strutturante) nella produzione del “compost di qualità”.

Il progetto, quindi, avrebbe chiuso il “ciclo del rifiuto organico” e della produzione del “compost di qualità”,  avrebbe permesso di organizzare un lavoro sistematico attraverso la costituzione di un’apposita cooperativa di giovani ed avrebbe bonificato il “suolo” dalla presenza dei contaminanti.

Ed allora, proprio in virtù dell’assenso dato dal Sindaco Rossi alla realizzazione di un im-pianto di compostaggio da 50.000 tonnellate annue (da FORSU) in zona industriale e della necessità di avere almeno 10-15.000 tonnellate annue di “cippato/strutturane, l’invito che razionalmente può essere fatto è quello di cogliere l’opportunità dei finanziamenti in essere per proporre progetti che mirino concretamente alla bonifica dei suoli, alla riqualificazione dell’imprenditoria agraria del Parco ed alla possibilità di occupare (anche con i programmi di Agricoltura 4.0) tanti giovani, anche qualificati.

L’Assessore Borri faccia pure, nelle aree richiamate, le “foreste” di “querce da sughero”; modifichi e migliori il “paesaggio” che, in quanto tale, deve essere “dinamico”; ma lasci che la “bonifica” dei suoli sia programmata e realizzata con progetti concreti, realizzabili e finalizzati a ridare valore ai 1.695 ettari del Parco, oggi in totale stato di abbandono.

                                   prof. dott. Francesco Magno

                                                                            (responsabile provinciale ambiente)

 

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