Nel 1985 veniva pubblicato negli Stati Uniti (in Italia, per Adelphi, l’anno successivo) il saggio L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks: l’autore vi raccoglieva parte delle esperienze maturate – nel campo della ricerca e dell’esperienza clinica – in qualità di neurologo ospedaliero e presso diverse case di riposo newyorchesi, ma soprattutto condivideva con i lettori ventiquattro storie di incontri speciali, di conversazioni preziose, di illuminanti epifanie ricevute in dono dai pazienti – abitanti di mondi remoti e inospitali, tutti in cerca di parole che potessero descriverli, ciascuno prigioniero dell’estrema concretezza delle pulsioni o, al contrario, ridotto a pure forme di astrazione.
Le storie di Rebecca, Jimmie, Martin o del dottor P. (la cui vicenda presta il titolo al libro) rappresentano un viaggio nelle quattro simboliche condizioni in cui la mente può ritrovarsi impigliata: Deficit, Eccessi, Trasporti e Il mondo dei semplici altro non sono che espressione delle molteplici forme dell’universo – turbe o rigogli delle funzioni mentali, declinazioni o assenze della propriocezione, drammatiche perdite di sé per lo smarrimento del ricordo, sogni e visioni. La calda voce di Sacks non esita a sollevare di continuo delle domande, non fa mistero di doversi a volte arrestare di fronte all’incertezza, partecipa alle situazioni delle creature ferite di cui racconta ed assiste con stupore commosso al modo in cui le loro frantumate identità riescano talvolta a ricomporsi meravigliosamente. È un libro che travalica il genere del saggio scientifico nella misura in cui ristabilisce, agli occhi di chi legge, l’urgenza di una pratica medica e scientifica che non disgiunga il corpo-organismo dal corpo-persona e che piuttosto si realizzi, nelle singole fattispecie, come momento di narrazione dell’umanità di ognuno.
Diana A. Politano