La verità di Iago – la recensione di di Aldo Recchia

Da “Un’infezione latente” a “La verità di Iago”.

Chi ama il genere “noir” – non proprio un giallo nel significato più classico del termine – segua pure le proposte di Ettore Catalano e non avrà certo di che annoiarsi, vista la prolifica produzione letteraria dello stesso, forse anche favorita (sia pure indirettamente) dalle costrizioni imposte dal Covid-19.

Ovviamente, nella sua produzione letteraria, non ci sono ripetitività di alcun genere. La fervida fantasia dello scrittore, infatti, non si ferma ad un solo aspetto, ma ama spaziare sia per quanto riguarda i luoghi e sia per quanto concerne l’argomento in sé, da trattare di volta in volta.

Unico ad essere sempre lo stesso è il commissario di polizia Tanzarella. Un commissario che, nel precedente testo – il terzo “noir”, pubblicato nel 2021 – si trova ad operare nel bellissimo territorio di Ostuni. E’ qui, infatti, che si era registrata “L’infezione latente”. Non a caso un delinquente non aveva alcun dubbio nel dire che “la patria va a puttane” e… l’”infezione”, se malcurata o trascurata, diventa inevitabilmente virale.

Diverso, invece, l’ambiente in cui sempre Tanzarella si trova ad investigare nuovamente nel recentissimo “noir”, per venire a capo di una vicenda piuttosto intrigata, oltre che sconvolgente. Una vicenda che poi diventa l’argomento principale su cui ruota “La verità di Iago”.

Il commissario Donato Tanzarella è stato, nel frattempo,  promosso e, quindi, inevitabilmente trasferito da Ostuni a Brindisi, per dirigere temporaneamente la Squadra Mobile, in qualità di vicequestore aggiunto.

Da poco aveva messo piede nel capoluogo brindisino. Non aveva ancora fatto in tempo a conoscere tutti i nuovi colleghi di lavoro, quando il questore lo chiama per affidargli un caso piuttosto delicato: uno strano delitto ai danni di una giovane e affermata giornalista di moda. Il cadavere della donna era stato stranamente e casualmente trovato tra i ruderi di Villa Skirmunt, meglio conosciuta da tutti a Brindisi come la “Casa dei fantasmi”.

Opinione pubblica sconvolta, caso piuttosto complesso e profonda coscienza investigativa, spingono subito il vicequestore ad immergersi nel lavoro, senza tralasciare alcuna pista. Ed è così che Tanzarella si trova ad affrontare – suo malgrado – un disegno criminale piuttosto sottile e raffinato.

Ma lui è abituato, ormai, a non scoraggiarsi tanto facilmente. Anzi più complesso e intrigato è il caso, più è portato a intestardirsi nell’attività investigativa. In questa circostanza, però, per venire a capo della complessa e ingarbugliata  vicenda, le sole investigazioni non bastano. Tanzarella deve ricorrere all’”aiutino” della sua cultura, unita allo straordinario potere interpretativo di un grande testo letterario, qual è appunto il rinomato Otello di Shakepeare.

A questo punto, però, viene spontaneo un dubbio. Non è che dietro il vicequestore Tanzarella si nasconda il prof. Ettore Catalano, un letterato già impegnato in apprezzatissime lezioni di Letteratura italiana, prima presso l’università di Bari e poi presso l’Unisalento, di cui ora è professore onorario?

Ma come fa un docente di letteratura italiana a conoscere così bene tutti i meccanismi investigativi, come si evince dalla descrizione particolareggiata che si registra facilmente nei suoi “noir”?

Questo rimane un mistero. Difficile dare una risposta in proposito. Anche perché – prima di approdare al genere “noir” – nelle sue precedenti pubblicazioni l’Autore si è occupato soprattutto di letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento, senza peraltro trascurare mai i contemporanei e la letteratura regionale. Come dire, insomma, che non si è di fronte ad un vero e proprio commissario di polizia investigativa.

Ciononostante, nel caso specifico della sua nuova impresa letteraria, l’Autore ha voluto – per la quarta volta consecutiva -ugualmente cimentarsi su questo genere letterario, conseguendo dei risultati nient’affatto deludenti. Il linguaggio e il modo di procedere nell’attività investigativa degli addetti ai lavori sono perfettamente rispondenti alla realtà.

Ma cosa spinge un letterato come Catalano a prediligere il genere “noir”? La domanda è stata posta direttamente all’Autore, che nella risposta è stato chiarissimo. A suo dire, infatti, il genere poliziesco consente, comunque, di spaziare in vari contesti sociali e culturali, senza tralasciare l’aspetto umano, con tutte le emozioni, suggerite non solo dal caso in sé ma anche dalle relazioni umane e professionali, che si registrano fra colleghi, costretti di volta in volta ad operare gomito a gomito fra di loro.

In quanto poi alle sue conoscenze dei particolari investigativi, si ha la sensazione che l’Autore abbia avuto, senz’altro, una passione piuttosto forte per i testi del grande drammaturgo Luigi Pirandello, nonché dello scrittore Leonardo Sciascia. Quest’ultimo particolarmente attento alla realtà in cui viveva e portato ad interpretare la vita siciliana con partecipazione drammatica, ma anche con moderata ironia. Un’atmosfera particolare, insomma, che si respira poi anche nei “noir” dell’Autore. “La verità di Iago”, è un testo piacevole, pubblicato ancora una volta dalla casa editrice Progedit di Bari. Buona lettura a tutti.

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