“La signora del martedì” di Massimo Carlotto

Il nuovo romanzo di Massimo Carlotto è, per ammissione dello stesso autore, un libro con cui si realizza il desiderio di prendersi gioco del genere noir: non solo strumento per denunciare il reale e rendere conto dei meccanismi e delle evoluzioni dei sistemi criminali, ma anche luogo attraverso cui esplorare territori di narrazione nuovi e riflessioni che devono trovare dimora nel romanzo. Prima, fra le altre, quella che riguarda il tema della doppiezza – l’essere altro rispetto a ciò che di sè viene mostrato o percepito, il segreto quale unico lasciapassare per la sopravvivenza e il mantenimento dei rapporti familiari e di coppia. Ne La signora del martedì (edizioni e/o) i personaggi principali – un attore porno quarantenne alla fine della sua carriera, un anziano travestito dal passato turbolento e la misteriosa Nanà, pure lei a fare i conti con i trascorsi duri di vicende giudiziarie segnate da cacce al mostro e condanne ingiuste – vivono accatastando versioni differenti di sé stessi pur di sfuggire alla solitudine da cui si sentono braccati e di cui hanno sano terrore. È proprio per il timore di ritrovarsi irrimediabilmente impantanati nella desolazione che assistiamo fin da subito al delinearsi – incredibile e come per un sortilegio ad opera delle imprevedibili forze del caso – del delitto al centro della vicenda. Un crimine che mai sarebbe dovuto accadere, che nemmeno si era compiutamente tracciato nella mente del suo autore ma che inesorabile si compie, inchiodando a quel preciso momento il destino di un uomo e di tutti coloro che, insieme a lui, cercano a fatica di opporre un baluardo all’avanzare dell’isolamento, della vecchiaia, del pregiudizio. La pensione Lisbona, luogo che accoglie teneramente le vite stanche dei tre protagonisti e i loro segreti e le loro speranze, finisce per diventare troppo delicato ed esposto alla ferocia del mondo per proteggere le fragili coscienze di chi cerca un pugno d’amore o aspira a vedersi riconosciuto il diritto all’oblio. Allora bisognerà continuare a muoversi con malinconica ostinazione per trovare il posto in cui sentirsi finalmente sé stessi – al pari di quell’infelice marinaio «che sogna di tornare sulla sua nave per rinunciare all’inganno della terraferma».

 

Diana A. Politano

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