“Invito a nozze” di Carson McCullers

È un’estate strana quella che sta vivendo la dodicenne Frankie: la guerra imperversa, il mondo sembra «lanciato a una velocità di millesettecento chilometri all’ora», mentre la sua vita è ferma a un punto morto, incastrata com’è in una città «annerita e accartocciata» dalla vampa canicolare e nei lunghi, immobili pomeriggi intorno al tavolo della cucina con Berenice (la domestica di colore della famiglia) e il cuginetto John Henry, «ripetendo sempre le medesime cose, tanto che in agosto le loro parole cominciarono a suonare in rima». L’agognata svolta arriva quando Jarvis, il fratello di Frankie, annuncia il suo matrimonio con la fidanzata Janice e il loro trasferimento a Winter Hill: un evento, un nome e un luogo che diventano agli occhi di Frankie promessa di una felicità futura, poiché danno illusoria concretezza alla sua aspirazione a una vita nuova, piena. Ed è seguendo il filo di questo desiderio che l’autrice statunitense Carson McCullers, nel romanzo del 1946 Invito a nozze (ripubblicato in Italia per Einaudi), ci porta a scrutare al centro dei folli gorghi di pensiero di un’adolescente della provincia americana. Grazie a una prosa dalla spiccata musicalità e ad un’estrema lucidità d’analisi, l’autrice si conferma fine indagatrice dei regni dell’inquietudine e del desiderio e rende tangibili la tristezza dolente, l’adolescenziale senso d’inadeguatezza e di furia rabbiosa. Aggiungendo a essi, tuttavia, la dolcezza e il conforto che vengono dal dialogo attento e paziente, dal tempo trascorso a criticare l’illogico lavoro di Dio e a parlare d’amore («È proprio qui, nella coda dell’occhio. All’improvviso afferri qualcosa in questo punto, poi un brivido freddo ti passa per tutto il corpo. E hai le vertigini. E per un minuto ti sembra di esserti calata in un pozzo»), infine attaccando a piangere tutti nel medesimo istante «sebbene per motivi diversi». Per esserci passati tutti, sappiamo che al tempo riesce di rendere meno incisiva la memoria, eppure ciò non esclude che i ricordi sorprendano sempre, arrivando improvvisi, «mulinando, ognuno vestito con i colori della sua stagione, e per la prima volta Frankie volgeva lo sguardo su tutti i dodici anni della sua vita, e, da lontano, li ripensava come una cosa sola».

Diana A. Politano

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