L’ANGOLO DEI LIBRI – “Giorni terribili” di A. M. Homes

Giorni terribili, il nuovo libro per Feltrinelli di A.M.Homes – raccolta di rappresentazioni ora grottesche, ora comiche o commoventi della società americana –, lascia ben poco spazio all’insinuarsi di una qualche speranza nelle cose dei nostri giorni. Nei dodici racconti che compongono il libro, a muoversi sono figure fragili, identità e relazioni fluide, prive di consistenza al pari delle «collezioni di schiume, sfere, succhi, riduzioni e mousse» che nutrono gli affamati fantasmi che ne sono protagonisti. Sullo sfondo di lussuose piscine hollywoodiane, nel corso di improbabili convegni sui genocidi di massa o, ancora, tra le corsie di megastore violentemente illuminati, capita di sentirsi spiegare dal signor Otto Hauser cosa voglia dire, a Gaza, bussare sul tetto («Sembra una cosa educata ma assurda – dire alla gente in anticipo che stai venendo ad ammazzarli. A me fa capire che abbiamo preso l’abitudine di trattarci a vicenda in questo modo. E le vecchie abitudine sono dure a morire»), o da Sarah che «di questi tempi, l’unica maniera per conservare l’ottimismo è vedere tutto nero e poi lasciarsi sorprendere piacevolmente». Può succedere pure, come accade a Tom, di ritrovarsi candidato alla presidenza degli Stati Uniti mentre si fa la spesa: basta incantarsi ancora di fronte al sogno americano, credere in Dio e «nello shopping del venerdì con le offerte del volantino». Forse a restituire sollievo all’insoddisfazione diffusa, alla fame che viene dalle diete liquide e dal sentirsi in preda all’insicurezza può venirci in soccorso la nostra personalissima giostra della memoria: come ne L’ultima stagione felice, prendervi posto e lasciare che la disneyana tazza del Tè del Cappellaio Matto cominci a vorticare e i ricordi a dipanarsi, per ritrovare i sentimenti e quello che si è lasciato dietro di sé. Ad Abigail non è riuscito, proprio a lei che dei sentimenti era la custode e che vi si aggrappava disperatamente portandoseli in giro come fossero gioielli, diceva sua madre. Abigail, che sin da piccola aveva paura di volarsene via e per questo andava in giro con in tasca i pesi che si usano per tenere giù i palloncini a elio: l’incorporeità era il suo destino, in un mondo in cui far sapere di avere un cuore può equivalere a commettere un errore fatale.

Diana A. Politano

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