Come già scritto nel nostro precedente comunicato, lo sciopero globale dell’8 marzo è stato indetto dai sindacati di base e dalla FLC/Cgil in occasione della Giornata Internazionale della Donna. Noi della Fisac/CGIL di Brindisi lo abbiamo appoggiato in tutte le sue manifestazioni anche se tecnicamente per il nostro settore non è stato possibile aderire di fatto alla giornata di sciopero.
E’ stata una giornata inedita con una forte carica emotiva e necessita di qualche riflessione:



Finalmente dopo un bel po’ di anni, l’8 marzo, grazie alle manifestazioni e alle assemblee promosse dal movimento mondiale “non una di meno” si è rivelata una giornata piena di contenuti autentici pur essendo stata boicottata dall’informazione generalista. Grazie alla rete, abbiamo avuto la chiara percezione di una giornata non “sobria” , non” noiosamente istituzionale”, una giornata che è riuscita a rompere in qualche misura l’ideologia benpensante e mielosa, borghese e paternalista di cui ormai è intrisa la società occidentale e che ha negli ultimi anni depotenziato il movimento delle donne, riducendo di fatto spazi di libertà e di autodeterminazione femminile, vedi il costante attacco alla legge 194 tramite l’obiezione di coscienza.
Cosa è successo? Lo stereotipo della donna vittima da salvare e tutelare che affida sogni e desideri magari al “santone/politico” di turno piuttosto che a loro stesse e che tanto piace alla cultura patriarcale è stato ribaltato da manifestazioni libere caratterizzate da un femminismo dirompente. Non c’è stata solo la presenza delle associazioni contro la violenza sulle donne, in piazza sono scesi gruppi, singoli, donne, uomini e sorprendentemente giovani, associazioni culturali e centri sociali che denunciavano l’intreccio perverso e pericoloso tra capitalismo patriarcato e violenza, che discutevano di libertà femminile e di libertà per tutt@, che puntavano il dito contro l’onnipresente cultura patriarcale che ha determinato il linguaggio sessista e discriminatorio e che ha rimosso le donne dalla storia e dalla cultura, dalle strade e dalle scuole . Se lo sciopero è stato concreto o non concreto non ha davvero alcuna importanza, in questo caso il valore simbolico è stato potente, non si doveva chiudere nessun contratto, si doveva aprire invece la più importante delle vertenze: Ribaltare la questione di genere nel suo pensiero più ambiguo, quello dell’emancipazione delle donne che ha legittimato la non autorevolezza del genere femminile. E’ tutta la società che deve invece emanciparsi, soprattutto quel genere maschile che si dichiara contro la violenza ma ancora sorride paternalisticamente alle manifestazioni e che non comprende che la questione riguarda tutti i generi, tutte le razze, insomma l’umanità intera.
Quest’anno 8 marzo femminista dunque, proviamo a costruire un primo maggio altrettanto “rivoluzionario”.




LASCIA UN COMMENTO