23 maggio 1992, ore 17,47. Avevo 18 anni e mi destreggiavo davanti alla TV tra i libri di Italiano, Storia, Latino e Greco ed una coppa di gelato alla nocciola. Dopo un paio di settimane sarebbero iniziati i fatidici esami di maturità, il traguardo più agognato per uno studente, che non vede l’ora di finire la scuola. Qualche giorno prima il Milan di Capello aveva vinto lo scudetto con Gullit e Van Basten e da un mese Cossiga aveva dato le dimissioni da presidente della Repubblica.
Era sabato e faceva caldo, proprio come oggi.Non avevamo internet ed i Social non erano ancora a calendario. Fui interrotto dalla sigla dell’edizione straordinaria di Studio Aperto che annunciava una strage nei pressi di Capaci, vicino Palermo. Immagini apocalittiche con auto sommerse, sirene edambulanze. Avevano ucciso il giudice Falcone e con lui sua moglie Francesca Laura Morvillo e tre uomini della scorta. Nei mesi successivi a loro avrebbero intitolato la scuola dove insegnava mio padre.
Fu un fatto che scosse l’Italia e noi ragazzi della maturità del ’92 ci ritrovammo il giudice Falcone nelle tracce del tema di Italiano. Sono convinto che più di qualche mio amico e coetaneo decise di iscriversi a Giurisprudenza, colpito emotivamente dalla strage di Capaci, purtroppo bissata 57 giorni dopo da quella di via D’Amelio, in cui morì il giudice Borsellino.
Di quel tremendo fatto di cronaca mi risuona spesso nelle orecchie la voce rotta dal piantodi Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, che durante i funerali disse al microfono“io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio… di cambiare… loro non cambiano”, parole seguite dallungo applauso della cattedrale di Palermo e dell’Italia intera.
Sono passati trent’anni, Falcone resta un’icona di Giustizia, il male esiste ancora, e gli uomini “che non cambiano” purtroppo anche. Ma in questi trent’anni anni ho visto, conosciutoe lavorato con uomini (e donne) che cambiano. Gente che ha cercato e trovato una seconda possibilità: nel lavoro, in amore, nelle amicizie, nel volontariato e nella vita in genere. Cambiare vuol dire trovare una versione migliore di sé stessi, mettersi alle spalle il passato, gli errori, le incomprensioni i “se” ed i “ma”. Cambiare vuol dire darsi ogni giorno la possibilità di cadere e la forza di ricominciare. Fare autocritica, attraversare la paura perimmaginarsi in una prospettiva diversa. Cambiare significa trovare il coraggio di progettare e costruire qualcosa, anche partendo da un’idea semplice. Allenarsi a reiventarsi in continuazione. E’ difficile, forse difficilissimo, ma non impossibile. Anche qui nel profondo Sud.E’ questo il messaggio più bello ed incoraggiante da regalare oggi aimaturandi del 2022.
Tiziano Mele
Giornalista e Mental Coach,
ex maturando del ‘92