Colpo Gobbo: “QUEL VERGOGNOSO RUDERE CHE SFREGIA IL CASALE” – di Bastiancontrario

Brindisi con le bombe ha una certa dimestichezza storica. Da quelle cadute copiosamente durante la seconda guerra mondiale a quella, per fortuna inesplosa, disinnescata nel famoso bomba day del 15 dicembre 2019. Poi c’è una lunga teorie di bombe e bombette fatte esplodere dalla mala vita per intimidire e minacciare imprenditori e piccoli esercenti. Bar, negozi, chioschi per la vendita del pane, auto in sosta, sono stati, e continuano ad essere, oggetti di attenzione da parte di malavitosi dal tritolo facile. Purtroppo ci fu anche un ordigno fatto esplodere per uccidere, inaudito esempio di follia criminale e gratuita (tragedia del 19 maggio 2012: morte della povera Melissa Bassi con ferimento di altre dieci persone). Di una delle tante deflagrazioni ne ho personale testimonianza. La notte del 7 dicembre 1983, nel rione Casale, un grande boato fece tremate vetri e mura dei palazzi nei presso del palazzetto dello sport. La delinquenza organizzata aveva fatto saltare parte delle costruzione destinata ad ospitare un funzionale mercato coperto. Chi scrive, all’epoca abitava a circa 50 metri da quell’area, un quadrilatero di circa 3.500 metri quadrati compreso tra le vie Venezia, Pescara, Rimini e Ancona. L’opera, già pronta per l’inaugurazione, era costata circa 330 milioni delle vecchie lire. In poco più di un anno si provvide a riparare i danni, con un ulteriore esborso di 90 milioni, ma la struttura non venne più aperta, con un danno per la comunità sia economico che di mancato servizio e di immagine. Un vulnus gravissimo che si aggiunge alle altre ferite ancora aperte nella città ( la piscina olimpionica Materdomini, la fatiscente ex spiaggia del sole, affianco alla “Conca”, il diroccato ristorante Picnic, il devastante ammasso di cemento e ferro sito in via Intappiate (la stradina che collega via Materdomini alla “Conca”), un agglomerato che doveva essere un depuratore per le acque reflue ma che credo non sia mai entrato in funzione. Veri e propri crimini amministrativi e ambientali di cui non si è mai riusciti a definire chiare responsabilità individuali e collettive. Limitandoci a parlare del rudere di via Venezia, ora lugubre bunker a cielo aperto, ricordo che, da quel tempo in cui fu costruito ( e presto distrutto) ad oggi, sono transitate ben quindici amministrazioni comunali e quindici rispettivi primi cittadini. I residenti in zona hanno fatto esposti, petizioni, denunce, sempre senza alcun risultato. Nessuna amministrazione, in 38 anni, è stata capace di recuperare la struttura o di abbatterla, per far sorgere un arioso giardino,magari con un piccolo parcheggio auto. Una vergogna e una sconfitta per i cittadini, una colpa, grave, per tutti coloro che hanno responsabilità in merito: amministratori, controllori (la Corte dei Conti non ha avuto nulla da eccepire?), Regione Puglia, Co.Re.Co., da tempo soppresso, ma a quei tempi pienamente attivo. Il sindaco che riuscirà nell’impresa di liberarci da questi osceni resti di neo archeologia urbana, si guadagnerà un posto d’onore nei libri di storia locale.
Bastiancontrario

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