CARLOTTA: L’ARTE DELLA VITA NELLA GIOA E NEL DOLORE

Ho letto con interesse e partecipazione “Carlotta- c’era tanto sole”, Edizione Milella-Lecce, il romanzo d’esordio di Angelo Rizzo, già noto negli ambienti culturali salentini per aver dato alle stampe pubblicazioni tecniche quali I Diritti sociali (2008) e La tutela della salute nella UE (2012). Questa volta Angelo mette da parte le sue vaste competenze giuridiche per cimentarsi nella stesura di un romanzo di formazione… per conto terzi. Protagonista e io narrante della storia non è quindi lo scrittore ma la giovane Carlotta, la cui identità potrete scoprire già dalle prime pagine leggendo il suggestivo “Preambolo”. Con zelo da storico e sensibilità da acuto lettore dell’animo umano, l’autore è riuscito a portare a termine una fedele ricostruzione della vita del suo personaggio principale, a partire dai tempi scanzonati dei diciott’anni, purtroppo offesi dall’incalzante tragedia delle vicende belliche, e fino alla maggiore età. Le ultime pagine del romanzo la vedranno moglie rasserenata e riconciliata col suo Stefano, in quel dopoguerra intriso di ristrettezze e di speranze che proietterà la coppia verso un futuro meno sognante ma ben saldo. L’autore ha plasmato una protagonista forte, volitiva e nel contempo dolce e sognatrice, che si staglia tra le figure delle sorelle e delle amiche per caratura psicologica e marcata personalità in grado di affrontare con spirito battagliero le tante avversità della vita. In quegli anni bui la vita di Carlotta viene illuminata da due innamoramenti, uno platonico e irrealizzato con il giovane e aitante ufficiale tedesco Hans, del quale si sarebbe potuto dire “Biondo era e bello e di gentile aspetto”, l’altro portato invece a buon fine con Stefano “Il Principe dei Tramonti d’Oro” che diventerà suo marito. All’inizio il matrimonio presenta molte incomprensioni e difficoltà, ma infine Carlotta si toglie quel velo di malinconia che la soffocava e, con molta forza d’animo e pazienza, ricuce pian piano il rapporto con Stefano e la sua famiglia. Ecco l’explicit del romanzo: “Capii che dovevo andare avanti e cercare di ricostruire tutto”. Guardare in faccia la cruda realtà per combatterla e sconfiggerla con la mia forza, con la mia fantasia, con il mio cuore. Stefano era lì, vicino a me, con il suo amore. E fu così! Quel giorno a Napoli c’era tanto sole”.

Questa è l’intensa fabula, organizzata secondo un intreccio lineare che rispetta i tempi e i modi della narrazione. L’ordine narrativo si rileva anche dalla felice impostazione cronologica dei quindici capitoli, quasi dei quadri teatrali, denominati in maniera assai accattivante: Si parte da “Un tranquillo paesino”, “Hans”, “Arrivano i tedeschi” e si giunge a chiusura con “La Pasqua a Benevento”, “Il ritorno a Taranto” e, infine, con “In clinica a Napoli”.

Quello che colpisce, leggendo questo libro, è il perfetto equilibrio tra il filone della narrazione di fatti, rapporti interpersonali, vicende affettive e amorose e grumo di sentimenti che albergano nel cuore di Carlotta, e la ricostruzione storico ambientale corredata da precisi dettagli e punti di riferimento. Un altro fattore di considerazione è relativo alla straordinaria capacità dell’autore di immedesimarsi nell’io narrante esternando sentimenti e afflati romantici squisitamente femminili che poi, tramite una sorta di introiezione mimetica, vengono resi in una prosa delicata, a volte persino un po’ sdolcinata, del tutto consona a una giovane donna degli anni ’40.

I periodi non sono mai particolarmente complessi, le frasi sono brevi e i dialoghi sempre ben costruiti. Il testo è impreziosito da citazioni e riferimenti letterari molto pertinenti e significativi che vanno da Virgilio a Ovidio, da Goethe a Shakespeare.

Il tutto presentato in uno stile piano, godibile, flessibile (ha parti sia riflessive che espressive e descrittive), dotato di un ritmo adeguato e di una particolare tecnica narrativa d’aspettazione che stimola il prosieguo della lettura per vedere cos’è svelato dopo e “come andrà a finire”. Lo scrittore, in fondo, è simile a un musicista, a un danzatore o, perché no, a un tennista (ogni riferimento è del tutto casuale): oltre a esprimersi con una certa eleganza, deve sempre tenere il ritmo.

Direi che Angelo è riuscito a realizzare entrambi gli obiettivi.

Gabriele D’Amelj Melodia

Nota: Questa recensione viene pubblicata oggi 8 marzo, festa della donna, per omaggiare tutte le lettrici e la stessa protagonista del romanzo.

 

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