Brindisi, «8 novembre 1941»: la memoria della città sul palcoscenico

La città porta la storia a teatro. E così, la rassegna «Brindisi in Scena», programma dedicato alle produzioni delle compagnie brindisine, ritaglia un pezzo di memoria della città dalle pagine della Seconda Guerra Mondiale e lo condivide con il pubblico. Il titolo dello spettacolo è «8 novembre 1941», un lavoro del Teatro Kopò per la regia di Jenny Ribezzo, in scena nel Nuovo Teatro Verdi di Brindisi sabato 19 giugno, con sipario alle ore 18.30.

L’appuntamento è organizzato con il sostegno dei fondi regionali destinati al piano straordinario per la cultura e lo spettacolo «Custodiamo la Cultura in Puglia» e la partecipazione del main sponsor Enel, dei sostenitori Intesa San PaoloConfindustria Brindisi ed Ance BrindisiPrezzi: 10 euro; 5 euro ridotto bambini fino a 12 anniDurata: 75 minuti.

Per l’occasione saranno osservate le regole del protocollo per il contrasto della diffusione del Covid-19. I biglietti sono disponibili sul circuito online Vivaticket (https://tinyurl.com/r86xdjbp) e presso il botteghino del Teatro, aperto al pubblico dal lunedì al venerdìdalle ore 11 alle 13 e dalle 16.30 alle 18.30Sabato 19 giugno, giorno dello spettacolo, dalle ore 11 alle 13 e a partire dalle 17.30Info 0831 562 554 e www.nuovoteatroverdi.com.

Sabato 8 novembre 1941: un giorno uguale a tanti altri, attraversati dall’incubo della guerra, una tensione che ti scava dentro, che sovverte il colore delle giornate, le parole, i sentimenti, le abitudini. Volti incupiti dalla paura e dal sibilo lacerante delle bombe. Durante quegli anni Brindisi era uno degli obiettivi sensibili della Royal Air Force, la forza armata aerea britannica che, dopo un lungo periodo di sfiancamento, nella notte tra il 7 e l’8 novembre 1941 sferrò l’attacco più cruento mettendo la città sotto il fuoco dei bombardamenti per oltre cinque ore. Malgrado l’obiettivo fosse di smantellare le fortificazioni del porto e la base navale del Castello Svevo, furono colpite e distrutte le abitazioni civili e le chiese, bersagli scelti con l’intento strategico di fiaccare il morale della popolazione civile: al contrario, furono risparmiati diversi obiettivi militari del territorio, come i due castelli e le batterie di artiglieria dislocate lungo la costa.

Partendo dal fatto storico, tra i più dolorosi e tragici della città, «8 novembre 1941» attraversa la storia di una comunità scampata al furore del bombardamento, con la sua capacità di farsi scudo dai rovesci della guerra nel porto sicuro e incrollabile della famiglia. Una giornalista racconta quei giorni, il clima, la sirena del coprifuoco, il grande allarme alle viste dei bombardieri: incontra e intervista una donna, Cuncetta, costretta a crescere i figli da sola e a difendersi dalle attenzioni morbose di un proprietario terriero vicino alle camicie nere, soverchiatori e artefici di una guerra odiosa. La storia di una ragazza poco più che ventenne, nella quale, in un clima di stenti e di sofferenza, si consolida e si rafforza il senso della famiglia. La storia di un popolo ridotto in miseria e allo sbando, raccontata con l’ironia tipica di chi ha poco e non si aspetta niente da una vita negata e segnata dalla guerra. “Fa’ che non tornino gli aeroplani” è il grido della gente sopravvissuta a quella notte da incubo che ha preso consapevolezza di aver perso ogni cosa, l’urlo di dolore di chi pensava che Brindisi non sarebbe mai divenuta un “obiettivo strategico”. Canti popolari melodici e pieni di pathos tratteggiano il tema di un viaggio in un passato pulsante di vita, nel quale la condivisione di un destino fragile restituisce senso di comunità, forza dei sentimenti, centralità dei legami e dei valori semplici, reciproco conforto.

Lo spettacolo musicale, con la partecipazione di Stefania Ancora, danzatrice e cantante del gruppo di musica popolare «Taricata» di San Vito dei Normanni, vedrà in scena un cast di tredici interpreti. «Lo spettacolo – ha spiegato Jenny Ribezzo, regista e protagonista sul palcoscenico – è nato nel 2014 dall’ascolto di alcune canzoni popolari che mi hanno suscitato immagini e suggestioni evocative della città, pezzi di vita familiare sospesi sul crinale della guerra. Era da un po’ che non mi occupavo di teatro in vernacolo. Mi è piaciuto raccontare la semplicità delle azioni, dei pensieri, delle parole di persone senza istruzione ma con una straordinaria ricchezza d’animo, capaci di divertirsi con poco, di aiutarsi e darsi conforto a vicenda. Sullo sfondo la guerra, con il suo strascico di lutti e di distruzioni. Una semplicità che abbiamo perduto a beneficio di una vita più complessa, fatta di distanze e di rapporti a tempo. I canti hanno un legame diretto con il racconto e rappresentano la creatività di grandi salentini come Guarino, Cucci, Marangio e Gialluisi, che hanno lasciato una eredità preziosa e insostituibile. Uno spettacolo per tutti, compresi i bambini che possono scoprire con la verità diretta del teatro una pagina di storia della loro città».

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