Adoc, storica sentenza del Tribunale di Brindisi: condannata la società Terme di Torre Canne s.r.l. per i danni cagionati ad una consumatrice

Storica sentenza del Tribunale di Brindisi sulla nota e triste vicenda legala alle morti sospette avvenute nell’anno 2009 c/o le Terme di Torre Canne. Ed infatti, dopo 10 lunghi anni dalle prime inalazioni finalmente è stata emessa in data 15/10/2019 la sentenza n° 1443 con cui è stata condannata al risarcimento la società Terme di Torre Canne s.r.l. per i danni cagionati ad una consumatrice assistita dai legali dell’ADOC gli Avv.ti Marco Elia e Marco Masi, dopo aver effettuato trattamenti di “AEROSOL” presso la nota struttura termale. L’aspetto di maggior rilevanza è che in sede penale, nei diversi gradi di giudizio, medici e dirigenti della struttura sono stati tutti assolti con formula piena “perché il fatto non sussiste”, in relazione a tre decessi ed altri reati per numerosi ricoveri dovuti a una presunta contaminazione dal batterio ‘pseudomonas’ presente nelle acque utilizzate per le inalazioni. Ed invero, tutti coloro i quali avevano richiesto un risarcimento danni costituendosi parte civile nel giudicato penale nulla avevano ottenuto in conseguenza dell’assoluzione. Di contro a quanto già accertato da numerose perizie in sede penale gli Avv.ti Elia e Masi dell’Adoc Uil Brindisi hanno incentrato l’azione risarcitoria anzitutto sul chiaro dato statistico: oltre 100 persone accusavano le medesime patologie, in seguito alle medesime cure e tutte nel medesimo periodo e c/o la medesima struttura sanitaria. Ed infatti, il batterio Killer non fu trovato sulle vittime nelle precedenti perizie non perché non c’era, ma perché non fu cercato con le tecniche giuste e mirate. L’interessata, oggi passata a miglior vita, all’epoca dei fatti, risalenti a luglio 2009, dopo aver eseguito dei trattamenti manifestava nell’immediato gravissime lacune mnestetiche, giramenti di testa, affaticamento nella respirazione, debolezza ed inappetenza. Successivamente faceva ricorso alle cure del pronto soccorso e le veniva diagnosticato un “focolaio broncopneumonico in sede basale dx” a seguire una serie di complicazioni cardiologiche e neurologiche sino allo stato comatoso di secondo grado da broncopolmonite. Dall’istruttoria del giudizio è emerso un nesso causale tra la contaminazione batteriologica degli impianti di distribuzione delle acque alle utenze e l’aggravarsi delle condizioni di salute della malcapitata. Si conclude, così, con una ennesima sentenza di accoglimento, un contenzioso avente ad oggetto i diritti dei consumatori e, segnatamene, il diritto a trattamenti sanitari sicuri per i cittadini.

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