ROMA – Dopo tanti anni di procedimento penale, la Cassazione, nell’ambito del processo ribattezzato “La Fiorita”, ha assolto definitivamente “perché il fatto non sussiste” il leader di Direzione Italia Raffaele Fitto dall’accusa di corruzione che gli muoveva la Procura di Bari. Era il 2004 quando la magistratura barese sosteneva che l’allora presidente della Regione Puglia avesse intascato una tangente da 500mila euro dall’imprenditore romano Gianpaolo Angelucci.

Fitto fu condannato in primo grado a 4 anni; successivamente, in appello, fu assolto e ieri la sesta sezione penale della Cassazione ha definitivamente accertato che “non c’è stata nessuna corruzione addebitabile a Raffaele Fitto: il fatto non sussisteva e non sussiste”. Gli avvocati Francesco Paolo Sisto e Luciano Ancora, difensori di Fitto, all’esito del giudizio, all’esito del giudizio, hanno dichiarato, inoltre, che “la Cassazione ha anche accolto il ricorso della difesa sul finanziamento illecito ai partiti ed ha rilevato un difetto di motivazione relativamente alla prescrizione applicata alla vicenda fondo del presidente”. I legali aggiungono: “Sarà l’occasione per ottenere, al di là della soluzione processuale della prescrizione, un’altra pronuncia favorevole di pieno merito”.




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