Pian piano, con l’incedere dei giorni cupi, stiamo prendendo contezza del reale stato delle cose. Come nelle pagine del romanzo di horror fantascienza “l’ombra dello scorpione” di S. King, ci siamo arrivati per gradi, lentamente, e non per nostra colpa ma a causa di ondivaghe comunicazioni pervenuta sia da ambienti governativi che da parte di medici “negazionisti” che parlavano a titolo personale. L’8 febbraio parte la campagna del Ministero della salute e il vecchio Mirabella, col suo bel faccione rassicurante, ci tranquillizza dicendoci che “… non è affatto facile il contagio…”. Ora, in un Paese serio, il medico responsabile di aver messo in bocca al testimonial quelle parole viene subito costretto a dimettersi ed allontanato dallo staff scientifico del Ministero. E la virologa Maria Rita Gismondo, non so per quale tipo di understatement, scientifico o sociale, ha continuato a imperversare su tutte le reti lanciando il rassicurante messaggio di un coronavirus che non sarebbe la peste ma una semplice influenza appena più seria. Ebbene, malgrado la sua evidente pessima sottovalutazione, “la signora del Sacco” non solo non ha fatto autocritica e marcia indietro, ma continua a trovare spazio in tv e a ripetere le sue tesi minimaliste. Esattamente come fa un altro personaggio che, con l’aggravante di non essere medico ma soltanto un vanesio parolaio a gettone, un tuttologo che da anni si è attribuito il ruolo di cattivo tonitruante, continua le sue sceneggiate deliranti in televisione e, purtroppo, anche alla Camera. Gli italiani diventeranno un popolo civile quando non sporcheranno più i bagni pubblici e non osanneranno più Vittorio Sgarbi, personaggio davvero sgradevole e impunito che si fa scudo della sua cultura e dello scranno parlamentare per cialtroneggiare in ogni dove.
Prendiamo le distanze da questo tipo di personaggi esibizionisti e irresponsabili. Comunque, il riduzionismo dei gravi problemi epidemici per non allarmare il popolo è cosa vecchia: niente di nuovo sotto il sole. Leggete cosa scrive il Manzoni all’inizio del cap.XXXI dei Promessi Sposi, quello che descrive la peste di Milano del 1630: “I medici opposti all’opinion del contagio, non volendo ora confessare ciò che avevan deriso, e dovendo pur dare un nome generico alla nuova malattia, trovarono quello di febbri maligne: miserabile transizione, anzi trufferia di parole, e che pur faceva gran danno, perché figurando di riconoscere la verità, riusciva ancora a non lasciar credere di vedere che il male s’attaccava per mezzo del contatto”.
In quanto alla nostra peste, quella dell’infezione da Covid19, tutto fa sperare che tra qualche mese supereremo tutto e torneremo a vedere la luce. Ma a che prezzo? Questo non possiamo ancora dirlo. Possiamo invece ragionevolmente supporre, anzi augurarci, che la lezione serva ad insegnare ai nostri governanti e alle nostre autorità sanitarie che la Sanità è un presidio di primaria importanza che non va depotenziato ma tenuto sempre al massimo, in piena efficienza, perché oscuri e nuovi mali possono sempre minacciare il genere umano. D’altro lato, questa amarissima vicenda dovrebbe cambiare alcune nostre abitudini di vita, rendendole un po’ più guardinghe e meno allegramente di massima. Diminuire drasticamente la prossimità farà bene al sistema. Non vogliamo vedere più stadi, discoteche o piazze affollatissime, resse per i saldi o perché ci sono star dello spettacolo o del calcio all’aeroporto. A proposito del “distanziamento sociale”, questo recuperato modello che ci obbliga , quando siamo in fila al supermarket o alle poste, a distendere il braccio a mano tesa fino s sfiorare le spalle della persona che ci sta davanti, “Nihil sub sole novum”.visto che è esattamente quello che facevamo alle scuole elementari o durante il servizio militare. Ma non è sufficiente, e allora manteniamo le distanze, sconvolgendo i parametri codificati dall’antropologo statunitense Edward T. Hall nel 1963. Non più distanze “intime”, quelle inferiori ai 44 cm, né “personali”, dai 45 ai 120 cm.
Per stare tranquilli, ora come in futuro, dovremo imparare a definire un nuovo rapporto spaziale col nostro prossimo, anche se, come da comandamento, lo amiamo come noi stessi, adottando il terzo livello di distanza teorizzato da Hall, quello relativo ai rapporti sociali, ossia da cm. 1,20 a cm 3.00. De resto, il linguaggio silenzioso dei corpi non è univoco ma varia a seconda delle culture e delle abitudini, e a questo punto anche delle necessità. Nel Nord Europa la gente tende a stare più lontana, a Napoli o nei paesi arabi tende a stare più vicina l’un l’altro. Quindi c’è da auspicare che, una volta passata a “nuttata”, nei supermercati, negli uffici pubblici e privati, in fila davanti al cinema o allo stadio, insomma dappertutto, rimanga la buona abitudine di osservare un debito distanziamento tra persone.
Non so invece se riusciremo a limitare i baci e gli abbracci, ma si potrebbe anche fare, magari accostando solo le guance e non le labbra e scambiandosi leggere pacche sul braccio o gentili inchini per saluto. E i baci veri? Quelli riserviamoli ai nostri cari: vedrete che ci sembreranno ancora più gratificanti e preziosi…
Gabriele D’Amelj Melodia