La proposta di questa settimana punta ad un libro particolare: con il nuovo libro La più amata (Mondadori), Teresa Ciabatti, scrittrice e sceneggiatrice, scavalca i limiti dei generi e inserisce all’interno della prescelta forma romanzesca gli elementi dell’autobiografia, ricorrendo a un esercizio di recupero dei ricordi che è sì doloroso, ma anche ormai disincantato e ironico.




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La storia introduce il lettore alla personalissima ricerca della protagonista che, per dare risposta alla domanda «Chi è Teresa Ciabatti?», comprende di dover fare i conti con la figura del padre Lorenzo, il Professore. Una figura che lo sguardo di Teresa coglie, sin da piccola, in una dimensione di onnipotenza e perfezione (è primario dell’ospedale di Orbetello, gode della stima di colleghi e pazienti, consente alla sua famiglia di vivere nell’agiatezza più sfacciata), ma che presto dimostra di essere abitata da lati oscuri e di essere ingranaggio di vicende torbide, determinanti sia nella sfera personale che in quella pubblica della storia di questo paese. Il Prescelto (questo il titolo della prima parte del romanzo) Lorenzo Ciabatti sarà un agente segreto, massone, coinvolto probabilmente nella P2 di Licio Gelli, e finirà per rappresentare un’incognita per la famiglia. Il mondo di privilegi in cui Teresa cresce si dissolverà, il compiaciuto senso di superiorità e ogni capriccio verranno travolti dall’inevitabile raffronto con il mondo e con la vita che sono altrove, di là dalle siepi che delimitano le faraoniche ville in cui la protagonista trascorre le sue giornate. Non è un libro d’inchiesta, un memoriale che intenda far luce su persone e fatti controversi della storia italiana; l’urgenza del romanzo deriva dal bisogno tutto intimo di conoscere il padre, di squarciare il velo di inconoscibilità che nasconde il genitore e che tormenta l’autrice, per comprendere infine l’origine dell’attuale senso di incompiutezza, di inquietudine, di imperfezione che la attanaglia. Ma anche per tornare ad avvertire, e magari a definire, la profonda nostalgia dell’indiscusso amore paterno.

Diana A. Politano




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