DA OGGI IN LIBRERIA IL DIARIO DI UN FISIOTERAPISTA (IN)FORTUNATO DI ROBERTO PICHERO: UNA STORIA “VERA” DI SPORT E RESILIENZA

di Concetta Aprile

A maggio fioriscono… libri! Numerose, infatti, le iniziative organizzate in questo mese in tutta Italia, che contribuiscono ad accendere i riflettori sul mondo editoriale, a cominciare dal “Maggio dei libri”, campagna nazionale di promozione dei libri e della lettura, per proseguire con il prestigioso Salone Internazionale del Libro di Torino, che apre i battenti proprio oggi, 19 maggio 2022, e fino a lunedì 23 offrirà la possibilità di “incontri ravvicinati” con scrittori e addetti ai lavori,con l’invito “a correre selvaggiamente verso un orizzonte fatto di sentieri ancora non battuti e di sconfinata libertà” (non a caso il leitmotivdel Salone è proprio “Cuori selvaggi”).

E il19 maggio è anche la data in cui arriva sugli scaffali delle librerie e sulle piattaforme online ilDiario di un fisioterapista (in)fortunato di Roberto Pichero, giovane fisioterapista di Francavilla Fontana con la passione per i libri e per lo sport, che ha scritto questo diario per riempire la noia e l’immobilità forzata causate da un incidente in bici a fine febbraio 2021. Giorno dopo giorno, attraverso la narrazione della sua daily routine nelle vesti di paziente, il nostro fisioterapista offre ai suoi lettori la possibilità di riflettere sul fatto che anche “da un evento spiacevole può sbocciare qualcosa di positivo”, arrivando ad affermare: “Il mio incidente in bici ha cambiato in meglio la mia vita, regalandomi un periodo difficile ma sicuramente produttivo, di insegnamento, addirittura rigenerante”.

Parlando di ciclismo, sia pure amatoriale, il pensiero non può non andare anche al Giro d’Italia (che sta attraversando in questi giorni la nostra Penisola da sud a nord) e ad altre gare, citate nel libro in questione, dedicate ad uno sport, “che racchiude storie di vita, è mestiere, è una metafora della nostra esistenza”, come giustamente sottolinea Beppe Conti nel suo Le leggende del ciclismo (che celebra trenta grandi storie su due ruote da Gerbi a Pantani). E questo lo sa bene anche Roberto Pichero, che ha provato su di sé l’amara verità che nella vita anche il pezzo di strada più comodo e asfaltato riserva “tratti molto duri, fatti di pietre e sterrato, costringendoci a tirare fuori una parte di noi guerriera, pronta a far fronte alla difficoltà di turno”.

E proprio una situazione di questo genere ha dato il “La” alla genesi del tuo diario, Roberto, ma, mentre lo scrivevi, pensavi che un giorno sarebbe stato realmente pubblicato? Raccontaci com’è nata questa tua opera.

Proprio così, da una situazione spiacevole e problematica come quella del mio incidente in bici è nata questa possibilità incredibile di raccontare (e raccontarmi) in un vero e proprio diario. Ovviamente mentre lo scrivevo non avevo la minima intenzione di pubblicarlo! L’idea del diario è nata solo per riempire il tempo delle lunghe e spesso noiose giornate di convalescenza, quindi inizialmente era concepito soltanto come diario personale, utile inoltre come strumento terapeutico per ritrovare la serenità in un periodo difficile. Ma poi ho iniziato a ricevere delle ottime recensioni da parte di alcune persone a me care alle quali avevo fatto leggere alcune parti del diario e si sa, da cosa nasce cosa, ed eccomi qui a pubblicarlo come un libro vero e proprio, grazie alla casa editrice Bookabook.

Il libro si fa apprezzare soprattutto per gli spunti di riflessione, che offre a lettori di ogni età, a partire proprio dalla capacità di resilienza da te dimostrata durante la convalescenza. Quanto peso hanno avuto nella tua personale esperienza alcuni miti, da te citati, come Davide De Zan e Alex Zanardi, che della resilienza hanno fatto il proprio “programma di vita”?

De Zan e Zanardi hanno avuto un ruolo fondamentale nel forgiare un pizzico di spirito di resilienza nella mia personalità, grazie ai loro libri. In particolare, le due autobiografie dell’ex pilota di Formula Uno e atleta paralimpico mi hanno insegnato come nella vita, di fronte a qualunque tipo di difficoltà, anche la più atroce, si può sempre trovare una via d’uscita che conduce ad una condizione migliore e a delle soddisfazioni. Ovviamente sono necessarie quantità enormi di motivazione, forza di volontà e spirito di sacrificio. Ma anche le cose più irraggiungibili sono, almeno in parte, sempre realizzabili.

Nel corso della narrazione fai numerosi riferimenti alla tua “bellissima professione”, che ti porta a contatto con problematiche di pazienti molto diversi ed, in particolare, all’attenzione che occorre avere nei confronti di questi ultimi. Alla luce della tua esperienza, ritieni che l’empatia sia “un valore aggiunto” nelle professioni sanitarie in generale o che anche la sola preparazione teorica sia sufficiente ad espletare un significativo percorso di cura?

Con la sola preparazione teorica non si va da nessuna parte! O comunque, alla lunga, i migliori risultati e le maggiori soddisfazioni si raggiungono sempre quando nel mio lavoro si considera l’empatia un vero e proprio valore aggiunto. Ogni professionista sanitario (quindi anche noi fisioterapisti) deve ricordarsi che i pazienti sono delle persone, con le proprie paure, problematiche e difficoltà; pertanto vanno aiutati anche dal punto di vista “empatico” e non solo dalla sfera puramente muscolo-scheletrica.

Da un po’ di tempo stai frequentando il mondo accademico in qualità di assistente alla docenza e ti stai dedicando anche allo studio e alla ricerca. Preparare le lezioni con i colleghi, insegnare e anche scrivere sono attività che ti gratificano maggiormente rispetto alla terapia manuale?

Sicuramente avere la possibilità di insegnare a degli studenti di un master universitario è un’esperienza molto bella. Di fatto insegnare vuol dire imparare due volte: sia perché si apprendono sempre nuovi concetti e sia perché cercare di trasferirli nel migliore dei modi agli studenti è un’arte; e come tale, la si impara e la si raffina col tempo. Ma per fortuna continua anche a piacermi, ad appassionarmi e a gratificarmi molto il mio lavoro in studio da libero professionista.

Ogni pagina del tuo “diario” trasuda amore per lo sport in tutte le sue forme:  dal calcio al ciclismo (indubbiamente quelli più praticati), passando per il basket e il tennis (seguiti in tv) e del resto lo sport è sempre stato una “presenza fissa” nella tua vita fin da piccolo. Qual è, a tuo avviso, il vantaggio maggiore che deriva dal praticare sport a qualunque età?

Lo sport è movimento e il movimento è vita. L’essere umano è stato progettato per muoversi. Partendo da questo presupposto è evidente che lo sport è intriso di benefici non solo fisici, ma anche psicologici per il nostro organismo. Ovviamente l’attività fisica può e deve essere praticata a qualunque età: in un bambino è fondamentale per sviluppare al meglio le proprietà motorie, di coordinazione, oltre all’aspetto ludico, di rispetto delle regole e di condivisione di un gioco con altri bambini; per un anziano è molto utile per conservare delle capacità psicomotorie molto importanti anche per compiere nel miglior modo possibile semplici funzioni delle attività quotidiane.

Da un punto di vista umano, invece, qual è l’insegnamento più importante che praticare sport ti ha trasmesso?

Nella mia personale esperienza aver praticato sia il minibasket che la scuola calcio fin da piccolissimo, mi ha subito trasmesso l’importanza dei seguenti valori: giocare per divertirsi, condividere con altri bambini regole del gioco, di comportamento e compiti per il raggiungimento di un obiettivo comune, per il bene della squadra. Tutte nozioni che poi sono tornate utilissime negli anni a seguire all’interno anche di altri contesti di vita, non solo sportivi.

Alla tua bici da corsa (per gli amici “Bianchetta”) e al ciclismo dedichi parole che esprimono un forte attaccamento a questo sport da parte tua e che finiscono per far appassionare anche i più restii a praticarlo. In che modo il ciclismo ha cambiato la tua vita in meglio?

In tantissimi modi. La bici è stata una mia compagna di viaggio da sempre, fin da piccolino grazie a mio nonno, all’epoca “ciclo-postino”. Ma il momento più significativo che mi ha fatto appassionare ancora di più al ciclismo è abbastanza recente e risale all’autunno del 2020: era da poco esplosa la “seconda ondata” dei contagi da Covid nel nostro Paese e vivevamo nella morsa di numerose restrizioni, sia lavorative che del tempo libero. Molti miei amici soffrivano doppiamente, sia per essere costretti a lavorare da casa, sia per l’impossibilità di praticare sport di squadra o di frequentare palestre e piscine. Io, invece, in quella fase avevo la possibilità grazie alla bici, in un colpo solo, di praticare sport stando all’aria aperta, spesso e volentieri raggiungendo località ben distanti dal mio comune. In quel momento è esploso letteralmente l’amore verso questo sport.

Una frase del libro che mi ha colpito molto dice: “Se c’è una cosa che mi provoca una gioia infinita è poter dare una mano ai ragazzi con tali problematiche (n.d.r. con disabilità)”. Cosa ha rappresentato per te l’incontro con i ragazzi disabili del Centro Diurno “Martini” di Oria?

L’incontro con loro è avvenuto per la prima volta nell’agosto del 2019. Da allora li vedo in maniera continuativa per tre mattine a settimana ed ogni volta è sempre una piacevole scoperta. Contribuire con la fisioterapia a dare loro una mano è innanzitutto una missione ed una responsabilità, oltre ad una gradevole esperienza. Spesso sono loro a regalare a noi operatori (oltre a me vi lavorano assistenti sociali, educatrici, operatori socio-sanitari) un sorriso e a migliorare le nostre giornate.

La scorsa settimana hai avuto la possibilità di incontrare tre classi del Liceo Scientifico “Francesco Ribezzo” di Francavilla Fontana, che hanno sostenuto la scorsa estate il tuo libro nella campagna di crowdfunding editoriale. Qual è stato il feedback della lettura condotta dai ragazzi? Pensi di continuare a proporre il tuo libro nelle scuole? Leggerlo potrebbe costituire un punto di partenza per laboratori di counseling sulle fragilità e sulle paure degli adolescenti?

L’incontro con gli studenti del liceo è stato sensazionale! Mi sono divertito tanto e ho potuto toccare con mano la loro notevole preparazione e il loro spiccato interesse per il libro e i vari argomenti circostanti. Sono molto contento che gli studenti abbiano colto in pieno le principali chiavi di lettura e ho apprezzato tantissimo le loro domande, oltre ai loro bellissimi omaggi. Mi piacerebbe in futuro continuare a proporre il libro nelle scuole e sono sicuro che la lettura del Diario possa costituire un punto di partenza per aiutare gli adolescenti a superare alcuni momenti fisiologicamente un po’ complicati della loro età.

In questo senso c’è una frase molto bella del tuo Diario, che non posso non citare: “Bisogna credere nel proprio talento, nel fatto che il momento giusto arriverà e dovrà essere colto con folle coraggio”. Secondo te, i ragazzi oggi hanno voglia di mettersi davvero in gioco?

Probabilmente avrei risposto in modo diverso prima di incontrare gli studenti del liceo. Pertanto ora ti dico sì, assolutamente. Ho visto ragazzi determinati a mettersi in gioco, soprattutto in merito all’interesse che hanno mostrato riguardo gli argomenti strettamente correlati al loro futuro.

Purtroppo la pandemia ha creato situazioni di disagio psicologico anche gravi e molti ragazzi non hanno autostima e sono sempre più vittime di bullismo e cyberbullismo o si lasciano sopraffare dalla depressione. Cosa ti senti di dire loro per spronarli a credere in se stessi e ad uscire dalla loro “comfort zone”?

Sicuramente il periodo prolungato di pandemia ha lasciato tanti strascichi negativi un po’ per tutti, in modo particolare per i più giovani, privati per troppo tempo della scuola e dei propri hobbies, oltre che di una normale vita sociale. Nel mio piccolo e prendendo spunto dai contenuti del Diario, posso suggerire di “vedere il bicchiere mezzo pieno”, ovvero provare a ripartire dalla situazione attuale, sicuramente più accettabile rispetto alle diverse ondate di contagi che abbiamo vissuto, per ricominciare a fare ciò che più amano. Facendo ciò che si ama sarà molto più semplice recuperare autostima e fiducia.

Quale rimedio “terapeutico” consiglieresti alla generazione 2.0: una full immersion nella musica, nella natura o nei rapporti umani “veri” (e non virtuali)?

E perché non tutte e tre le cose?! La musica accompagna quasi sempre i momenti più intensi delle nostre giornate; la natura non aspetta altro che di essere riscoperta (e rispettata!). I rapporti umani “live” sono sicuramente un aspetto inderogabile delle nostre vite: proprio grazie alla pandemia abbiamo potuto riscoprire tale preziosissimo valore. Non ci resta che sfruttarlo!

Altruismo, gratitudine, ottimismo. Quale di questi valori ti rappresenta meglio nel libro e nella vita?

Sinceramente mi piace pensare che tutti e tre i valori elencati facciano parte della mia vita e, di conseguenza, del mio libro. Ma, in particolar modo, la gratitudine è espressa in tutta la sua forza: dalla gratitudine verso il signor Azelio (il mio “angelo custode” del primo capitolo) a quella verso le persone care che mi hanno aiutato a superare le fasi difficili della mia convalescenza.

Quale messaggio, tra i tanti veicolati dal tuo libro, vorresti che arrivasse in primis ai lettori?

Come dicevo in precedenza, il concetto del bicchiere mezzo pieno. Mi piace molto la seguente citazione: “La vita è 90% ciò che ti capita, 10% come reagisci”. A tutti noi accadono eventi straordinariamente belli ed altrettanti estremamente avversi. E spesso questi avvenimenti non dipendono da noi. Tanto vale concentrare le proprie forze ed energie su ciò che possiamo fare per ribaltare a nostro favore le situazioni più difficili. Lo so, è facile a parole, ma iniziare a pensarlo è il primo passo per provare a realizzarlo.

Al termine di questa “ricca” chiacchierata, nel ringraziarti per la piacevole compagnia, non mi resta che chiederti quali sono i prossimi progetti che vedranno coinvolto il tuo Diario di un fisioterapista (in)fortunato

Da oggi finalmente il Diario è disponibile sia in libreria che nelle varie piattaforme online e mercoledì 25 si terrà una presentazione ufficiale presso la libreria Mondadori in viale Lilla a Francavilla Fontana. In estate è previsto un altro evento di presentazione organizzato dalla casa editrice Bookabook e per ora non posso svelare altro… chi vivrà vedrà. Di certo, mi sento un vero fisioterapista fortunato a vivere tutto questo.

Grazie a te per la bellissima intervista!

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