Covid 19, la seconda ondata: la riflessione di Angelo Camassa

E’ ancora qua, eh gia! Si tratta del famigerato Sars_Cov_2 il virus del COVID19 (ormai anche 20). Sta flagellando la Nostra esistenza anche di chi lo ignora o lo nega. Come previsto da tempo, la seconda ondata è in atto, cosi come la stagione dei DPCM (Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri) è ripresa. L’ultimo in ordine cronologico (13 ottobre 2020) obbliga o raccomanda la composizione numerica di alcuni eventi pubblici e privati, nonché sugli orari in cui determinati eventi possono accadere (esempio somministrazione di alimenti con servizio al tavolo o in piedi). Eventi che vanno dall’assistere ad una partita di calcio alla festa di compleanno in casa propria. Sono stati definiti numeri di partecipazione massima che variano per tipologia di evento. Certo sono scelte di natura politica, poiché quello che si può stabilire sul piano dei rischi che si possono incontrare partecipando ad un evento non è legato né alla tipologia dell’evento, né all’orario di svolgimento. Nella valutazione dei rischi c’è anche da considerare il contesto territoriale.

I ricercatori statunitensi del Georgia Institute of Technology e i ricercatori italiani della Fondazione ISI di Torino hanno creato una collaborazione internazionale (tramite il progetto denominato “Covid-19 Event Risk Assessment Planning Tool”) finalizzata a definire un modello di stima del rischio COVID-19 negli eventi nei diversi paesi del mondo.

Il metodo di stima adottato tende a stabilire la probabilità che c’è di presenza di almeno un positivo al virus (potenziale contagio), in riferimento alla composizione numerica del gruppo partecipante l’evento. Va chiarito, per gli esperti di probabilità, che questa elaborazione di stime, contiene un alto numero di assunzioni. La prima, fra tutte, è che tutte le persone che partecipano abbiano la stessa probabilità di infezione. La seconda è che la probabilità di contrarre il virus SARS-CoV-2 per ogni individuo è indipendente dallo stato degli altri individui (questo non è vero per congiunti e appartenenti allo stesso nucleo familiare). La stima è elaborata su base provinciale considerando questo come livello come aggregato sociale minimo valutabile in ottica sovra territoriale. Analisi più approfondite, infatti, dovrebbero tenere in conto che la prevalenza dell’eterogeneità geografica varia di comune in comune.
Dalla elaborazione di questa mappatura del rischio dell’Italia, si evidenzia appunto la forte eterogeneità geografica nelle probabilità quanto maggiore è il numero di partecipanti. E’, forse, il tentativo di uniformare su tutto il territorio nazionale il provvedimento adottato (il DPCM) che ha determinato ad esempio la raccomandazione di massimo 6 partecipanti (oltre i conviventi) in feste private preso il proprio domicilio. Appare evidente infatti, che con 10 persone partecipanti (considerando la composizione media familiare di 4 persone) ad un evento come può essere la festa/cena fatta in una casa privata, il rischio che in gruppo cosi fatto ci possa essere almeno un positivo è sotto il 25% su tutto il territorio nazionale. Diciamo un rischio “basso”. Certo resta la diversità territoriale del rischio ad esempio in Provincia di Brindisi con gruppi da 10 partecipanti abbiamo un rischio del 1% mentre a Foggia la stessa composizione del gruppo avrebbe una probabilità del 9%. Certamente è sempre bassa ma cmq più alta.

Da quest’ultima considerazione dovrebbe scaturire il senso di auto responsabilità collettiva (che purtroppo spesso manca) di limitare oltre che i numeri dei partecipanti agli eventi anche di valutare la propria mobilità verso determinate aree geografiche oltre che la provenienza da determinate aree. Forse in questa seconda “ondata” ci si doveva affidare più a diversificare i provvedimenti legandoli al contesto Territoriale. Certo va detto che tra un’onda e l’altra come collettivo sociale non abbiamo brillato in auto responsabilizzazione.

Ora va bene tutto persino schernire alcune misure del nuovo provvedimento (esempio il fotomontaggio dei poliziotti che verbalizzano l’ultima cena per sovrannumero), resta il fatto che se non ci entra in testa che dobbiamo tutelarci (con uso di mascherine e distanziamento) da questa brutta storia del “covviddi” non ne usciamo. Si può protestare e negare quanto si vuole, il virus se ne infischia.

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1 COMMENTO

  1. Il coviddi non esiste! I negazionisti non esistono! IN REALTÀ NON ESISTE IL RISPETTO…. ho visto morire alcuni amici ed altri farsi 4 mesi di ospedale ed uno ancora in terapia post dopo 35 giorni di intensiva. A proposito, STO TORNANDO !!!

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