Chi rompe paga e i cocci sono suoi (ma anche dei cittadini incolpevoli)

Non sono per niente sorpreso dell’esito dell’ultimo Consiglio comunale, quello della ritrovata maggioranza a sostegno della Sindaca Carluccio. E devo dire che non mi sento neanche deluso, tradito o villaneggiato: era già tutto scritto da tempo.

Chi mi segue più o meno regolarmente, sa che ero stato facile “profeta” a prevedere la corsa che si sarebbe scatenata per diventare il diciassettesimo consigliere che salva la consiliatura (“Siamo uomini o caporali?”, articolo di domenica 22 gennaio su Newspam.it).

Per la verità, avevo pensato ad un’operazione condotta con un po’ più di lungimiranza, sagacia e -perché no – un tocco di eleganza in più. Ma, ahimè, anche queste caratteristiche ultimamente sembrano diventate merce rara alle latitudini brindisine.

E’ proprio la triviale volgarizzazione di un’operazione politica in fondo abbastanza ordinaria (puntellare una maggioranza politica con fuoriusciti da altre compagini) che mi spinge a tornare su un argomento che – di fatto – è ormai archiviato.

Cui prodest? A chi giova tutto quello che è successo?

Certamente non giova all’immagine delle Istituzioni, della buona politica, del rapporto di fiducia tra cittadini ed eletti. Nelle giornate convulse del “colpo di scena” ho letto di novelli politologi che si sono appellati all’intangibilità costituzionale della delega senza vincolo di mandato, di cui sono beneficiari gli eletti. Non metto in discussione la veridicità dell’assunto, ma mi chiedo se non sia proprio questa una delle principali ragioni della frattura ormai insanabile tra società civile e società politica.

La delega senza vincolo di mandato che ancora oggi definisce i rapporti tra elettori ed eletti era stata pensata da una Costituzione che regolamentava la vita pubblica fondata sul ruolo-cardine dei Partiti all’interno della società civile. Ora, tutti sappiamo che i Partiti (almeno per come li immaginavano i Padri Costituenti) non ci sono più da un bel pezzo, sostituiti da una varietà anomala di movimenti, liste civiche, aggregazioni improbabili, quando non vere e proprie consorterie che mirano soltanto a conquistare la metà più uno dei consensi (o a riconquistarla con ogni mezzo quando la perdono).

Quindi la mancanza di vincolo di mandato consente a tutti gli eletti di “interpretare” più o meno liberamente la volontà dei propri elettori, pervenendo spesso a risultati quantomeno discutibili, proprio perché privi di possibilità di verifica e convalida.

Chiarito questo aspetto per nulla secondario, ripropongo la domanda: Cui prodest?

Non certo al Sindaco in carica che – in cambio del via libera alla prosecuzione della sua esperienza – si troverà assediata da una maggioranza numerica ancor più raccogliticcia e variegata di quella con cui aveva vinto le elezioni. E ancora, non gioverà certamente a chi si è incaricato di mediare le tensioni politiche all’interno della maggioranza, atteso che dovrà moltiplicare a dismisura il suo impegno per tenerla insieme in qualche modo.

Per dirla tutta, non sono neanche tanto convinto che gioverà a quei consiglieri che – direttamente o indirettamente – hanno prima consentito il “surplace” sulle dimissioni davanti al notaio e poi hanno materialmente rimpolpato la forza numerica della maggioranza.

Ma tant’è! Per ognuno di essi ci sarà prima o poi una sede di giudizio politico e morale…

Il punto vero di questa vicenda kafkiana è che – in assenza di un programma minimo di cose concrete per mettere in sicurezza la città (già, perché è di questo che si tratta!) – tutto quello che è successo in queste settimane rischia di ritorcersi immediatamente come un micidiale boomerang su chi lo ha determinato.

Penso a questioni come l’equilibrio del bilancio comunale, la gestione del ciclo dei rifiuti, la situazione economica delle partecipate, che rappresentano soltanto tre delle tante bombe con timer innescato sulle quali è seduta questa maggioranza.

E tuttavia, da questa vicenda è necessario trarre almeno una lezione per il futuro. Una lezione che – sia chiaro – deve valere per tutti: maggioranza e opposizioni; partiti, movimenti e liste civiche.

Come tutti hanno potuto constatare in questi mesi, governare Brindisi è cosa ben diversa dal vincere le elezioni comunali. Se non ci credete, chiedete a chi deve quotidianamente affrontare cittadini arrabbiati e delusi, lavoratori preoccupati di perdere il posto di lavoro, giovani che pensano di andare via, famiglie che non arrivano alla metà del mese.

Se partiamo da questa constatazione, credo sia finalmente arrivato il momento dell’abiura di quell’anomala proliferazione di liste e candidati che si riscontra ad ogni consultazione elettorale, così come è arrivato il tempo di conclamare la necessità che le liste siano affrancate da quei portatori di consensi che spesso – troppo spesso – sono diretta emanazione di bacini elettorali piuttosto border-line.

Fino a quando questi rigorosi atteggiamenti non diventeranno un diffuso patrimonio morale e culturale per l’intera classe dirigente (politica, economica, professionale), per questa Città varrà l’antico detto “chi rompe paga e i cocci sono suoi”, con l’aggravante che quei cocci rappresentano ampie fasce di umanità sofferente che non riescono a trovare degna attenzione nelle Istituzioni.

www.pinomarchionna.it

 

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