Cosa cambia nel settore della sanità con il regionalismo differenziato? Le tre Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna avranno poteri esclusivi su personale, farmaci, governance, fondi integrativi, tariffe, servizi, formazione. E lo Stato non avrà più voce in capitolo. Si potranno rimuovere i vincoli di spesa specifici per migliorare ulteriormente il livello dei servizi e valorizzare le risorse umane; e sarà, inoltre, possibile stipulare specifici accordi con le Università per formare i nuovi medici ed accedere alle scuole di specializzazione. Si potrà gestire il sistema tariffario, di rimborso, remunerazione e compartecipazione alla spesa per i servizi forniti, così come si potrà definire il sistema di governance delle Aziende e degli Enti del Servizio sanitario regionale, anche passando per forme di integrazione. Oltre ad un Piano pluriennale di investimenti per l’edilizia sanitaria, con tempi certi e risorse adeguate. Ulteriori autonomie sono previste per l’Emilia Romagna con la distribuzione diretta di farmaci e per il Veneto che punta alla gestione del personale, con la regolamentazione dell’attività libero-professionale e la definizione di incentivi e misure di sostegno per i dipendenti del sistema sanitario regionale in sede di contrattazione collettiva.
L’unica condizione posta è che tutto avvenga per lo Stato a “costo zero” che, tuttavia, potrebbe essere pagato a caro prezzo dal nostro Paese che vedrebbe morire il servizio sanitario nazionale, trasformato in una somma di servizi sanitari regionali. La posta in gioco è altissima: in primis l’ampliarsi delle diseguaglianze ed un’ulteriore spaccatura tra Nord e Sud nell’erogazione del diritto costituzionalmente garantito per eccellenza, quello alla Salute. Con il regionalismo differenziato, infatti, si stabilisce che gli ambiti territoriali nei quali il reddito dei cittadini è più alto e, dunque si pagano più tasse, hanno diritto a ottenere un livello di servizi più alto. Con il rischio concreto che si impoveriscano le altre regioni, soprattutto quelle del Mezzogiorno d’Italia. In un quadro di maggiori autonomie, dunque, la cartina al tornasole è rappresentata proprio dalla sanità, dove già oggi il diritto costituzionale alla tutela della salute, affidato ad una collaborazione tra Stato e Regioni, è condizionato da 21 sistemi sanitari che generano diseguaglianze sia nell’offerta di servizi e prestazioni che, soprattutto, negli esiti della salute. E con il regionalismo differenziato si finirà per legittimare anche normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini.
Pamela Spinelli (da Telenorba – Il Graffio)