Vertenza precariato dei 141 OSS, audizione del direttore generale Asl in regione: “Narrazione ‘favolesca’, lontana dalla triste realtà”

La deriva autoritaria cui stiamo assistendo all’Asl di Brindisi ha pochi precedenti nella storia delle istituzioni. Mai, forse, si era assistito a un uso tanto unilaterale del potere da parte di una dirigenza miope quando non cieca di fronte alle enormi criticità che il sistema sanitario pubblico locale accusa, aggravate dalla pandemia che non molla la presa, checché se ne dica.

Un esempio plastico che la Cgil Brindisi ha toccato con mano, non certo l’unico viste le tante importanti problematiche di cui ci occupiamo in Asl, è il mancato rinnovo dei 141 precari Oss che il 31 gennaio scorso sono stati salutati (sic!) senza troppe cerimonie alla scadenza del contratto. Questa faccenda ha prodotto un doppio risultato negativo, leggibile su due diversi piani di valutazione, e restituisce la mancanza di una visione strategica essenziale per impostare l’organizzazione di una macchina tanto complessa come quella del servizio sanitario pubblico: se da un lato, infatti, c’è rammarico per la sorte lavorativa toccata ai 141 precari che hanno lavorato per circa 2 anni garantendo professionalità e abnegazione anche nei momenti peggiori, pur avendo a portata di mano le soluzioni per confermare i lavoratori in scadenza come fatto altrove e come più volte chiesto dalla Cgil, dall’altro si rileva come l’immediata assenza di ben 141 precari OSS aggravi la già atavica carenza strutturale della dotazione organica della ASL BR, i cui effetti stanno determinando inevitabilmente delle lacune nelle unità operative pesantemente sotto stress a causa del Covid ma non solo.

Viene da chiedersi quale sia la logica che guida i pensieri, le azioni e le decisioni della dirigenza Asl di Brindisi. Abbiamo ascoltato le parole del direttore generale a seguito dell’audizione avuta con l’Assessore Regionale alla Salute e ci sembra di non vivere sullo stesso territorio del manager, forse neanche sullo stesso pianeta: secondo il manager, Brindisi sarebbe un’isola felice, appena accarezzata dalla pandemia che non produrrebbe disagi rilevanti a un sistema pienamente efficiente, adeguatamente equipaggiato e organizzativamente performante.

Ci permettiamo di dissentire da questa favolesca visione delle cose offerta dal direttore generale: la pandemia ci morde alle caviglie, come dimostra il colore assegnato alla Puglia dall’ultimo Dpcm che ci vede ancora arancioni mentre quasi tutto il resto d’Italia è giallo. La pesante situazione nella quale siamo immersi da un anno ormai si ripercuote e si amplifica nelle strutture del servizio sanitario dove diversi medici, tra i quali svariati primari, stanno registrando un peggioramento delle cose con il continuo arrivo di nuovi contagiati in corsia e denunciano carenze di personale aggravate dalle ultime decisioni aziendali. La paura degli operatori brindisini impegnati negli ospedali si allunga sul servizio: il timore che alcuni reparti possano chiudere si allarga ora dopo ora e le grida di allarme dei camici bianchi che temono di non poter garantire i Lea nelle diverse unità dovrebbe far tremare i polsi al management aziendale.

La direzione, però, oltre a sembrare cieca, pare essere anche sorda, dipingendo un quadro che non assomiglia neanche lontanamente alla realtà che quotidianamente si vive negli ospedali e nelle strutture dell’Asl.

In questi giorni, a completare il quadro, abbiamo assistito a una deriva autoritaria della direzione aziendale che ha messo la Cgil nel mirino proprio perché schierata al fianco dei 141 precari mandati a casa senza colpo ferire: siamo convinti della bontà dei nostri argomenti e della correttezza del nostro operato e di quello dei lavoratori che abbiamo l’onore di rappresentare e, anche in virtù di queste considerazioni, a margine di tutti i ragionamenti fatti sull’inadeguatezza del servizio e degli standard offerti dall’azienda sanitaria brindisina, stiamo provvedendo a informare tutti gli organi istituzionali interessati per sollecitare l’individuazione di responsabilità riconducibili alla condotta aziendale che, a nostro modo di vedere, porta a un aumento difficilmente quantificabile anche del rischio sanitario e del rischio clinico per utenti e operatori. Non vorremmo essere profeti di sventura e, per questo, chiediamo con estrema urgenza gli interventi utili e indispensabili per scongiurare che questi pericoli da potenziali si facciano terribilmente reali.

Il Segretario Generale

Antonio Macchia

 

 

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