Un referendum consultivo non fa male a nessuno…o quasi

BRINDISI – Il 2018 è stato un anno di svolta per la città di Brindisi, che ha visto in pochi mesi spazzata via (momentaneamente) buona parte della classe politica che ha operato poco e male per il bene della città. Certo, qualcuno della vecchia guardia è rimasto in consiglio comunale o comunque nei “pressi”, ma si deve avere la freddezza di discernere tra vecchi politici e vecchi politicanti oltre a una certa dose di tolleranza nel comprendere che in una città come Brindisi la “malerba non ci mori mai”, e qualche filo di malerba, purtroppo, è fisiologico che resti in vita, perché l’humus ne favorisce la resistenza ai venti del cambiamento, i quali evidentemente, a loro volta, non spirano così forte da ripulire completamente la città.

Ciò che è piaciuto dell’esperienza commissariale è stata la capacità di avvicinare stampa e cittadini a Palazzo di Città, scomodando nelle chat e sui social dirigenti e funzionari, a volte troppo protetti. In fondo, come e più dei politici, i tecnici sono pagati anche per dare conto ai cittadini del loro operato.

Cosa ci dobbiamo aspettare da questo 2019? Semplicemente (mica tanto) che venga ripreso e rafforzato quel modello di coinvolgimento della cittadinanza impostato nei primi mesi del commissariamento, rispettando, nel caso dell’amministrazione comunale targata Rossi, quanto era presente nel programma elettorale. Alla voce “Partecipazione”, infatti, la coalizione di centrosinistra aveva inserito la volontà di “mettere i cittadini nelle condizioni di diventare reali protagonisti”, e ciò ad esempio attraverso “le Consulte tematiche per favorire la partecipazione sui principali temi, dal lavoro all’ambiente, dalla salute e sanità al welfare, dall’urbanistica ai lavori pubblici, in cui coinvolgere tutte le espressioni della cittadinanza attiva dalle associazioni ai movimenti, dai sindacati alle rappresentanze datoriali e di categoria, dagli artigiani al mondo del commercio, per discutere dei grandi temi cittadini e costruire insieme un’azione condivisa”.

Questa parte di programma al momento è stata applicata attraverso questionari propedeutici al Pums o mediante passeggiate collettive sui luoghi da recuperare. Ecco, ci piacerebbe che si potesse andare oltre e coinvolgere i cittadini anche nei processi decisionali più importanti. Due esempi su tutti: l’apertura o chiusura dei corsi e lo sviluppo del porto. Perché su questi temi hanno deciso sindaco, uffici e assessori preposti, e non si è pensato di coinvolgere la cittadinanza attraverso referendum consultivi? Ma prima ancora bisognerebbe chiedersi se il Comune si è mai dotato di un regolamento attuativo che consenta di applicare forme di democrazia partecipata previste dal Tuel quali il referendum consultivo, propositivo ed abrogativo.

Che il 2019, allora, sia l’anno della democrazia partecipata, ai brindisini ancora sconosciuta, perché questo rappresenterebbe davvero un cambiamento, in quanto spazzerebbe via qualsiasi dubbio sul fatto che dietro scelte strategiche si possano celare posizioni ideologiche o interessi particolari.

Andrea Pezzuto

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