Processo Sergio Ragno: il processo in corso a Brindisi rileva incongruenze

Va avanti il processo Ragno  presso il Tribunale di Brindisi. Durante l’udienza del 23.10.2018,è proseguita l’istruttoria testimoniale per accertare la sussistenza del requisito di “servizio istituzionale e comandato”,con riferimento al decesso per incidente stradale del compianto e giovane carabiniere Sergio Ragno, di 24 anni, che aveva partecipato, unitamente ad altri cinque Colleghi, tra i quali un Graduato, tutti appartenenti al Nucleo Radiomobile, ad un intervento di prevenzione e repressione antidroga presso il Parco delle Cascine in Firenze, nel pomeriggio del 17 giugno del 2004. Ciò al fine del riconoscimento dello status di Vittima del Dovere.

Sono stati sentiti, a verbale, due Ufficiali Superiori dell’ Arma, i quali, all’ epoca del decesso di Sergio Ragno, appartenevano alla scala gerarchica degli Ufficiali inferiori e ricoprivanol’ incarico, rispettivamente, di Comandante della 1° Squadra del Nucleo Radiomobile e di Comandante del Nucleo Radiomobile del Comando Provinciale di Firenze.

Dalle deposizioni di entrambi gli ufficiali non è stato possibile chiarire nèa chi competesse, all’ epoca dei fatti, la responsabilità di impartire l’ ordine verbale di effettuare il citato servizio di prevenzione antidroga in abiti borghesi e con mezzi propri, attesa la diversa e separata responsabilità gerarchica dei due comandanti, né chi avesse materialmente impartito, al Vice Brigadiere, Capo Squadra del gruppo di sei carabinieri, il comando di effettuare detto intervento (tra il Sottotenente Comandante della 1° Squadra ovvero dal Tenente Comandante del Nucleo Radiomobile).

All’ esito della deposizione dei due Ufficiali, i difensori dei genitori del compianto Sergio Ragno, ricorrenti in giudizio, hanno pertanto richiesto al Giudice – che a riguardo si è riservato –  di disporre un confronto tra i due testimoni escussi, in quanto le loro dichiarazioni, rese sotto giuramento, sono apparse inconciliabili e tra loro contraddittorie.

Entrambi gli ufficiali hanno ad ogni buon conto affermato che l’ ordine impartito, avrebbe riguardato il solo Vice Brigadiere Capo Squadra il quale, all’ alba dello stesso giorno 17 giugno 2004, aveva confidenzialmente ricevuto l’ informazione di un’ importante operazione di spaccio che si sarebbe svolta nel pomeriggio e aquale l’intevento avrebbe fatto seguito.E non l’intera squadra.

Tale dichiarazione andrebbe tuttavia in conflitto con la testimonianza resa all’ udienza dello scorso 10 luglio, dal primo testimone escusso, un Appuntato Scelto dell’ Arma, il quale aveva affermato e dichiarato, come da verbale di udienza, che l’ operazione aveva visto coinvolti sei carabinieri, usciti in gruppo, con i rispettivi mezzi propri, dal Comando del Nucleo Radiomobile e che, tutti insieme, si erano portati al Parco delle Cascine per completare l’operazione antispaccio in questione.

Peraltro, nel corso della deposizione, l’ allora Sottotenente ed oggi Ufficiale Superiore, alla domanda specifica inerente l’ omissione della indicazione del servizio prestato da Sergio Ragno, sul memoriale di quel giorno riportante la sua firma, rispondeva che doveva trattarsi di un errore del sistema informatico che aveva omesso di registrare il servizio prestato dal Nucleo Radiomobile sulla quale erano stati impiegati, nel turno notturno, due Carabinieri tra i quali Sergio Ragno.

Giova ricordare che se i militari avessero agito in aggregazione spontanea, privi del comando autorizzativo degli Ufficiali, sarebbero stato passibili di grave sanzione disciplinare, non potendosi pensare che un gruppo di militari, armati come prescritto dal Regolamento di servizio, potesse assumersi la responsabilità, diretta e di gruppo, di organizzare un servizio antidroga notturno autonomamente, come non è pensabile che gli Ufficiali dell’ epoca abbiano omesso di vigilare e punire tali militari dipendenti.

Pur  volendo quindi dare fondamento alla tesi difensiva dell’ Avvocatura dello Stato, sussisterebbe l’ omessa vigilanza degli Ufficiali comandanti del Nucleo Radiomobile ed altresì l’ omessa informativa alla scala gerarchica superiore e, quindi, al Comando Provinciale, allora retto dal Comandante Giovanni Nistri, attuale Comandante Generale dell’ Arma, ed al Comando Regione Toscana, allora retto dall’ ex Comandante Generale dell’ Arma Gen. Di Corpo d’ Armata Tullio Del Sette, responsabile amministrativo della Regione, i quali in ragione delle omissioni ed incongruenze, sui fatti oggetto del giudizio, avrebbero dovuto e potuto, avviare le opportune indagini e verifiche interne.

Tali carenze di indagini ed accertamenti, assumono tutto il loro postumo e pregnante rilievo attesa la circostanza che, ai fini del riconoscimento della causa di servizio e della liquidazione dell’ equo indennizzo, il Comando Regione Carabinieri Toscana, nel rispondere al quesito, allora posto dal Ministero della Difesa, già dichiarava che “concorde la scala gerarchica, il militare non rientrava, dopo aver svolto attività di servizio, regolarmente comandata”.

Entrambi i testimoni escussi,  sentiti per la prima voltadopo oltre 14 anni dal fatto e dopo aver redatto rapporti scritti sulla vicenda, non hanno saputo spiegare, nonostante la rivestita attuale qualifica di Ufficiali Superiori dell’ Arma, il significato lessicale delle locuzione “regolarmente comandata”, circostanza che sarà adeguatamente vagliata al fine di verificare eventuali responsabilità.

Nella prossima udienza, fissata per il giorno 29 gennaio 2019, sono già stati citati a comparire, per rendere la loro testimonianza, sia il Comandante Generale dell’ Arma Gen.C.A. Giovanni Nistri , sia l’ ex Comandante Generale Tullio del Sette.

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO